Settori – L'inquinamento prodotto dal lapideo è minimo rispetto ad altri comparti, ma servono normative e regolamenti certi soprattutto per le discariche

Le strozzature congiunturali hanno fatto accantonare, almeno in apparenza, il problema della compatibilità ambientale di cave e laboratori, ma il problema ecologico sussiste sempre. Anzi, lo sviluppo costante della produzione, e conseguentemente degli scarti, lo ha reso più stringente, specialmente nell'ottica di medio e di lungo periodo. Va detto che le disposizioni legislative cambiano parecchio da un paese all'altro, al pari della sensibilità pubblica e privata; ma il diverso grado di attenzione finisce per creare ulteriori discriminazioni, in aggiunta a quelle che derivano dai costi di base, e in particolare da quelli del lavoro e dell'energia.

I pregiudizi diffusi
La questione, a parte talune pregiudiziali estetiche dure a morire, sebbene abbiano fatto il loro tempo, riguarda in modo prioritario le discariche. Dato che una quota maggioritaria del prodotto è destinata ancora oggi a scarto, e che una quota dei cascami di trasformazione comporta problemi di trattamento, è chiaro che tutto il mondo lapideo finisce per essere coinvolto dalla carenza, generalmente diffusa, di luoghi destinati allo scarico attrezzato: talvolta, soprattutto nelle cave, con problemi di continuità estrattiva, movimentazione e lay-out. Nei Paesi sviluppati queste strozzature sono diventate causa non marginale di svantaggio nei confronti degli altri, perché lo smaltimento è reso difficile e oneroso da diversi vincoli che in qualche caso, più frequente in Europa, sono diventati quasi paralizzanti. 

Un sistema penalizzante
In Italia, ad esempio, il problema è ricorrente, e lungi dall'essere risolto in chiave strategica, con l'affidamento a misure tampone che lo ripropongono regolarmente a brevi scadenze, come accade in Toscana o in Sicilia, ma in Grecia la situazione non è meno compromessa, con alcune cave che hanno finito per essere chiuse. In altri casi, è stata affrontata in modo meno episodico, come in Portogallo, dove il livello elevato degli scarti e la configurazione orografica delle maggiori zone estrattive hanno creato esigenze di stoccaggio a cui si è provveduto, almeno in parte, per iniziativa istituzionale.

Un inquinamento ridotto
Marmi e pietre possono coesistere con l'ambiente, a patto che esistano normative agili e funzionali corredate da regolamenti esecutivi chiari e realistici, da cui emerga con precisione dove si può operare, se non altro per garantire la certezza del diritto, sempre necessaria e indispensabile nelle cave, dove in caso contrario ogni investimento diventa problematico. È inutile dire che bisogna rinunciare a pregiudiziali assolute, come quelle di chi vorrebbe cancellare l'estrazione, e magari certi tipi di trasformazione, dalla faccia del territorio, senza pensare che l'inquinamento indotto dal lapideo è minimo rispetto a quello procurato da altri settori, e senza dire che la modificazione dell'ambiente, dall'epoca delle palafitte in poi, è stata logica conseguenza di ogni insediamento umano a carattere stanziale.

Come l'industria lapidea può contribuire allo sviluppo
L'ostracismo nei confronti della pietra è privo di motivazioni, all'infuori di quelle rivenienti dalla demagogia, o peggio, da concorrenze più o meno interessate. Non si vuole dire che la produzione del materiale di natura possa diventare motivo di richiamo turistico, anche se non mancano casi di valorizzazione in tal senso di taluni bacini estrattivi delle Alpi Apuane, del Vermont o dell'antico Egitto, per non parlare del recupero culturale e ludico di talune cave abbandonate.

È opportuno affermare, tuttavia, che l'industria lapidea è stata ritenuta idonea ad avviare e potenziare processi di sviluppo, come è stato ufficialmente statuito da oltre un trentennio, e che in questa ottica la sua continuità e la sua espansione non sono un optional, ma un vero e proprio obbligo, ferma restando la necessità di valutare caso per caso quali siano gli interessi socialmente prevalenti, e di promuovere una regolamentazione equa, che faccia salvi quelli di tutti. L'ecologia non deve essere un “imbroglio”, come fu detto anni or sono, non senza qualche apprezzabile fondamento. Al contrario, deve essere un valore che si ponga come tale attraverso la definizione dei suoi limiti, nella stessa misura in cui l'impresa ha il diritto, e nello stesso tempo il dovere, di perseguire un fondamentale obiettivo socio-economico. A cominciare dall'impresa lapidea, i cui contenuti umani e professionali non sono certamente inferiori a quelli altrui.