Bonnefantenmuseum  
Località: Maastricht 6221 KX, Avenue Céramique 250
Committente: Provincia di Limburg
Progettista: Aldo Rossi
Collaboratori: U. Barbieri, G. da Pozzo, M. Kocher.
Datazione progetto: 1992-93.
Datazione realizzazione: 1993-94.
Superficie costruita totale: 20.000 mq.
Costo complessivo:  Euro 22 milioni
 
È stato giustamente detto (da Alberto Ferlenga nell'introduzione all'ultimo volume della monografia dedicata all'architetto milanese) che il museo Bonnefanten, al pari della casa al Gallaratese, del cimitero di Modena, del teatro del Mondo, del teatro di Genova, ha 'segnato più di altri dei momenti di passaggio o di precisazione di temi ed elementi' nel lavoro di Aldo Rossi. Certamente, quale ultimo importante edificio pubblico realizzato da Rossi prima della scomparsa, il museo di Maastricht ci appare come un'opera esemplare, un paradigma, espressione di una sintesi alta dove sono puntualizzate e superate le precedenti esperienze progettuali da lui svolte sul tipo museale, in particolare nel progetto per il Deutsches Historisches Museum di Berlino e nel Centro d'arte contemporanea di Vassivière (entrambi del 1988-89).
Se, come a Vassivière, la forza poetica delle forme del Bonnefantenmuseum si pone immediatamente allo sguardo, ancor di più, come nel caso di Berlino, il progetto trova nelle condizioni di contesto ' la necessità di ricostruire una parte di città ' le ragioni profonde del suo insediarsi e, nel rapporto con la storia della tipologia museale, quelle delle sue stesse forme. Fondamentale è il fatto che l'edificio, quale parte del pianodi recupero dell'area industriale lungo le rive della Mosa, svolga un importante ruolo di definizione del lungofiume, con il suo impianto aperto e la 'messa in mostra' della grande rotonda, e di formazione del fronte stradale, con l'allineamento deciso della facciata lungo la Avenue Céramique, nuovo asse ordinatore degli interventi previsti dal piano stesso.
In quanto elemento costitutivo di una nuova urbanizzazione, il museo di Maastricht è espressione dei valori espressi nella lunga ricerca aldorossiana sui temi e questioni propri alla composizione e al senso dell'architettura di un monumento per la città, capace di incarnare le migliori espressioni del rapporto fra società e istituzione, tra architettura e città, tra idea di museo e idea di città, cioè di un concetto di museo come 'luogo urbano'. Qui valgono le parole scritte nel 1985 in Elogio dell'architettura civile: 'Se percorriamo, o abbiamo percorso negli anni, più volte un museo, esso ci appare come la città; magari la nostra città o un altro luogo incontrato di eventi lontani. Anche del museo più ricco e denso di opere conosciamo gli angoli, le strade, le piazze dove ci soffermiamo o acceleriamo il passo; siamo insofferenti se troviamo opere nuove, rivalutazioni, qualcosa di criticamente alla moda. I buoni musei, come il Prado, dovrebbero contenere solo capolavori, cioè quelle opere che come i 'grandi' edifici sono al di fuori della discussione'.
Nel Bonnefantenmuseum si manifesta l'amore di Rossi per i grandi musei dell'Ottocento, ordinati e severi nell'architettura e negli spazi espositivi, 'noiosi' forse per il visitatore distratto o poco interessato, ma pur sempre capaci di incarnare l'ideale civile delle istituzioni della società. Così la pianta del museo, con le gallerie simmetricamente composte in un sistema compatto attorno al blocco principale centrale, in cui si organizzano l'atrio, lo scalone e la rotonda, ritrova i modi propri al classico e bloccato grand plan dei grandi edifici museali di Karl Friedrich Schinkel, Leo von Klenze o Gottfried Semper. E come in un museo ottocentesco di bello stampo e di chiara esposizione, l'architettura degli spazi interni si identifica nella progressione del processo cognitivo, per cui l'accesso al sapere del visitatore è in qualche modo fatica, conquista, al pari di ogni attività di scoperta e approfondimento dei saperi.
Così il foyer è dominato dalla presenza della scala, che è indubbiamente l'elemento fondativo e il cuore dell'edificio, una scala lunghissima, chiusa fra due muri, che collega quasi tutti i piani, un vero monumento che costringe il visitatore a confrontarsi con questa 'fatica' ma che simbolicamente ne eleva lo spirito. Nel rapporto con la tradizione si invera poi il tema tipologico-architettonico della galleria o della sequenza di sale: spazi dell'organizzazione espositiva degli oggetti o reperti che hanno nella storia dimostrato essere topoi della forma-museo. Allo stesso modo la rotonda rivestita in metallo che chiude la composizione verso il fiume, creando l'immagine che ha reso immediatamente riconoscibile questo edificio, è riaffermata nella sua qualità di luogo di memoria, 'casa dei grandi maestri', così come ci appare nella Gemäldegalerie di Dresda di Gottfried Semper o nel mausoleo della Dulwich Gallery di John Soane.
L'architettura nel museo di Maastricht è di per sé il principale luogo della memoria, memento dei valori, dei miti, dell'aura e del mistero della conoscenza che appartiene all'idea stessa di mousêion, al pari del tumulo loosiano che Rossi spesso ricordava come esempio di simbolo architettonico assoluto, attraverso cui si afferma il senso della vita nella percezione del mistero della morte. E qui trova significato compiuto il parallelo fatto dal direttore del museo, Alexander van Grevenstein, tra l'opera di Aldo Rossi e la triade Denkmal-Friedhof-Museum (Rossi ha sempre sostenuto che l'archetipo del museo è il cimitero), oppure l'affermazione, sempre di Grevenstein, che, nel museo di Maastricht, mentre la rotonda guarda con le sue forme al passato le opere degli artisti che vi saranno ospitate guardano verso il futuro. E, come sappiamo, passato/futuro, morte/vita, antico/contemporaneo, è il sistema di dicotomie che da sempre connota l'essenza stessa di museo.
 
Bibliografia
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Veduta dello scalone dal secondo piano Veduta della Rotonda dalla Mosa Veduta dell'ingresso principale Sezione trasversale Prospetto ovest
Pianta piano terra