Casa Dieste
ELADIO DIESTE, CASA DIESTE, MONTEVIDEO

Testo di Agostino Bossi, Paolo Giardiello
 
La casa costruita per se stesso e per la propria famiglia, al di là di ogni altra considerazione critica, può considerarsi a tutti gli effetti una sorta di autoritratto architettonico. Eladio Dieste, ottantaduenne ingegnere uruguayano, costruisce alla fine degli anni '60, nelle immediate vicinanze del centro urbano di Montevideo, su una duna prospiciente il fiume-mare di Rio de la Plata, l'abitazione in cui ancora oggi vive con sua moglie. Il progetto nasce dall'esigenza fondamentale di ospitare una famiglia numerosa - qui sono cresciuti undici figli - ma diviene contestualmente il luogo della verifica di ipotesi costruttive e di un austero programma esistenziale che si rifletterà nel disegno strutturale, nel modo di adoperare i materiali e nella condotta della vita domestica.
La città di Montevideo, intorno alla seconda metà del Settecento, si sviluppa per isolati a scacchiera caratterizzati da grandi costruzioni allineate lungo i percorsi stradali, con patii ed orti interni, che si evolveranno nel corso dell'Ottocento in un tipo edilizio minimo - denominato in loco casa standard - che emerge dalla memoria collettiva ed entra a far parte del suo patrimonio costruttivo. La casa standard si articola intorno ad uno o più patii interni, di solito coperti da lucernai mobili, chiusa normalmente da tre muri ciechi su lotti stretti e allungati, con un esiguo fronte su strada.
Dieste non si riferisce solo a questi suggerimenti a lui prossimi, ma innesta su tale impianto compositivo motivi che vengono da più lontano, portati dalle popolazioni immigrate dalla penisola Iberica, da cui egli stesso proviene, e in definitiva dalla tradizione abitativa mediterranea che non poco ha influenzato, secondo il dettato urbanistico de Las Normas de Indias, l'immagine prima delle città latino-americane. Ai rimandi, culturali ed evocativi, dell'ingegnere, oltre ai caratteri peculiari della tradizione, si sovrappone anche la conoscenza delle, allora contemporanee, esperienze compositive di Le Corbusier raccontate a Dieste da architetti, suoi vicini di studio, che avevano frequentato lo studio di rue de Sèvres. Si può pertanto intuire che il legame con la tradizione presente nell'opera di Dieste, più che nell'uso del materiale reinterpretato dalle sue intuizioni in chiave del tutto inedita, si concretizza nel profondo radicamento dello spazio interiore dell'architettura, mediante suggestioni che rievocano e rivitalizzano impianti distributivi del passato attraverso l'adeguamento funzionale dell'architettura, alle aspettative e ai bisogni contemporanei di chi vi abita.
Ma è soprattutto l'uso della luce che si fa portatore di sensi lontani e contemporanei insieme, che media tra modi compositivi della storia e la rivoluzione funzionale del moderno: non a caso la luce naturale è qui sapientemente usata al pari sia delle più mature realizzazioni visibili nelle città sepolte dal Vesuvio, sia degli spazi coperti con volte catalane in mattoni delle Maisons Jaoul di Le Corbusier a Neuilly-sur-Seine, di poco anteriori a quella del maestro uruguayano (1952).
La fabbrica è, come detto, una casa a patio e, pur situata in un lotto che non obbligava a chiudersi verso l'interno, è prevalentemente introversa, intima e raccolta, e dialoga con il paesaggio del grande estuario attraverso il filtro di una terrazza-patio che apparta il fronte del soggiorno dal margine della strada carrabile.
Il rapporto tra interno ed esterno è pertanto affidato a luoghi sensibili, indagati attentamente al fine di costruire, ogni volta, un carattere opportuno alla percezione ed alla fruizione, consono a molteplici modalità dello stare. A grandi aperture sul muro perimetrale che inquadrano la vista del Rio de la Plata fanno da contrappunto, all'interno del soggiorno, piccole aperture, a volte chiuse con vetri colorati, realizzate con il proposito di ''enfatizzare il fluire delle stagioni e del tempo, attraverso le quali passa il sole invernale proiettando colori sul pavimento e sulle pareti che, non solo si muovono nell'arco della giornata, ma ogni giorno mutano''. Le viste sono tagliate secondo prospettive strette e controllate, tra loro connesse, in modo da percepire anche lo scorcio più lontano, il mare, attraverso un sistema di piani architettonici in successione. Con diversi gradi di intimità sono trattati anche gli spazi dei patii che si realizzano in paesaggi interiori, ricchi di valori simbolici, mediati da luoghi intermedi di passaggio tra l'interno e l'esterno con aggetti delle volte, ora pieni, ora traforati a sostenere rampicanti fioriti.
A quello anteriore aperto verso la strada, vagamente metafisico, lastricato in guisa di spazio semipubblico, fa da contrappunto quello centrale, vero cuore della casa, più verde ed intimo prolungamento degli ambienti del soggiorno e del pranzo, oltre che dell'ambito di riposo e lettura posto di fronte le camere da letto, ed infine quello più interno destinato ad un uso più familiare e di servizio. La casa è sostanzialmente monomaterica, ma il mattone non è usato come elemento di banale ripetizione, esso è trattato in modi opportunamente diversi e disposto secondo differenti giaciture.
I muri verticali sono semplicemente dipinti con calce bianca che lascia trasparire la trama sottostante, mentre le volte ed i paramenti esterni sono a vista. Il grande fascino delle strutture a volta predisposte da Dieste, come da lui stesso affermato nella breve conversazione riportata nel presente articolo, non nasce esclusivamente da una volontà formale, ma si basa piuttosto su una stringente logica costruttiva che si fonda sulle capacità della manodopera e sul costo contenuto dei materiali. Al pari delle più ardite costruzioni realizzate da Dieste, questo tipo di organismo, adottato a scala domestica, offre un risparmio sia sulla quantità di materiale impiegato, sia sulla velocità di esecuzione. La casa sembra oggi sfuggire ad ogni datazione, i principi su cui è realizzata sono così atemporali e permanenti da esulare da mode e da linguaggi estemporanei. In definitiva ci piace convenire con lo stesso Dieste quando afferma che ''l'architettura ci aiuta a contemplare. La vita va consumando la nostra capacità di sorprenderci e la sorpresa è il principio di una visione autentica del mondo".