Interventi – La filosofia progettuale di Beniamino Servino, per l'ampliamento di una casa a Pozzovetere (Caserta), si richiama ai vecchi casolari e ridefinisce il rapporto tra diversi materiali

Pozzovetere è un piccolo borgo, contiguo a Casertavecchia, a qualche chilometro dal centro storico di Caserta. La casa unifamiliare preesistente, oggetto dell'intervento d'ampliamento, è collocata in un territorio interessato da una lottizzazione degli anni '80, che ha prodotto una serie di case isolate su lotti di piccole dimensioni.

Un luogo ambiguo, tra città e campagna, tra costruito e naturale, ben conosciuto dal progettista: Beniamino Servino è nato a San Giuseppe Vesuviano e ha realizzato un gran numero di interventi nel casertano. Più volte ha indagato le caratteristiche di un tessuto urbano da troppo tempo cresciuto senza regole e strategie collettive. L'intento progettuale di Servino si traduce in un volume compatto e coerente con le forme sobrie dell'edilizia locale; rigoroso e attento nel solco di un percorso architettonico che sottolinea l'importanza della storia, interpretata come sviluppo di una specifica cultura regionale.

Materia e identità del luogo
Attenzione alle caratteristiche e all'identità del luogo, utilizzo delle tecniche che danno forma alla materia: due linee guida che definiscono tutto il percorso progettuale di Servino, dall'impostazione planimetrica alla definizione dei dettagli e delle finiture. I riferimenti culturali e iconografici di Servino sono i casolari abbandonati nelle campagne del casertano e i muri sbrecciati, stratificati e carichi di memorie: segni elementari e minimi, che marcano cambiamenti invisibili. È un percorso incentrato sulla riduzione delle soluzione spaziali e tipologiche, per concentrare l'attenzione sulla consistenza materica delle superfici.

La residenza trasmette un'immagine di solidità e sicurezza, ottenuta attraverso il rigore e la sobrietà di un volume compatto ma non imponente, ben definito ma allo stesso tempo vivo e vibrante.
Nell'impostazione dell'impianto è stato conservato un vecchio albero di noce, simbolo di una forza antica che legittima le scelte progettuali, ma anche un certo atteggiamento di riservatezza e introspezione che si avverte osservando l'edificio. Il muro di confine dalla finitura grezza del “non finito”, sembra un baluardo costruito in tutta fretta, ma diventa allo stesso tempo trama casuale che si valorizza nel confronto con la texture delle pareti. Il tema della superficie grezza è infatti riproposto anche in alcuni dei vani delle aperture, quasi a rimarcare il confronto tra un materiale nuovo, il cemento, e uno antico, il tufo. Sono muri carichi di storia, descritta e resa esplicita dalla filigrana sottile propria della porosità del tufo.

Solidità e leggerezza
Planimetricamente l'edificio è un rettangolo perfetto. La copertura del volume a due falde è realizzata con pannelli Riverclack in alluminio naturale; segue il profilo del fabbricato senza sporgere dalle pareti per disegnare, nei prospetti corti, una linea perfetta tra terra e cielo, tra gravità e leggerezza.
Il ritmo irregolare delle aperture crea un movimento della facciata controllato attraverso sfalsamenti di piano. Aperture profonde solcano la superficie muraria, serramenti nascosti in alluminio delineano la sagoma delle finestre, collocate sul filo interno della muratura, quasi a nascondersi, a creare una zona d'ombra che ripara e allo stesso tempo esprime consistenza materica e profondità dell'involucro.

Riquadri e variazioni dimensionali, disegno delle aperture, segni metallici leggeri ma decisi come le partizioni dei serramenti o i pluviali, definiscono i prospetti e segnano i rapporti tra i vari elementi dell'edificio. I materiali naturali sono tracce indelebili di un luogo ricco di storia: oltre al rivestimento dei fronti, ecco la pavimentazione in pietra lavica, ma anche in marmo rosso francese o verde alpi. Il progetto ha ottenuto il Premio internazionale architetture di pietra 2007, promosso da Veronafiere nell'ambito delle manifestazioni di Marmomac.