Dalla regola alla sua smaterializzazione

Testo di Alessandra Coppa

L'architettura del Quattrocento era riuscita a manifestarsi come corpus disciplinare, poiché si era affermata la "regola" la norma fino ad allora assente nella pratica compositiva. E la facciata non è sfuggita a tale pratica normativa, al contrario ha incarnato essa stessa l'espressione formale del canone artistico cui la norma alludeva: teoria e pratica erano inevitabilmente legate.
Da allora, fino agli anni Venti del secolo scorso, l'architettura si è generata dagli stili e dal gusto più che dai concetti; il valore di questo periodo si può misurare soprattutto per la varietà compositiva, laddove una prospettiva tipologica poteva apparire, in nuce, contraria a qualunque gabbia normativa. Qualcosa di simile si può rileggere nell'architettura moderna, la radicale convinzione normativa, dato peculiare stesso del moderno in architettura, aveva al contrario generato una grande varietà di espressioni formali tanto nella tipologia edilizia quanto nelle sue facciate.
Con il Movimento Moderno si evidenzia il punto di crisi nell'equilibrio di un sistema di rapporti che regolava la città, la tensione fra interno ed esterno degli edifici. Molte delle istanze dei codici linguistici dell'architettura moderna come la tendenza a ridurre il "continuo" al "discreto"; la netta separazione tra le parti portanti e quelle portate, la corrispondenza tra interno ed esterno... così come contribuiranno al formarsi di un'idea urbanistica destrutturate lo spazio continuo e compatto della città storica, produrranno effetti rivoluzionanti sul concetto stesso di edificio e di riflesso quindi sul suo involucro esterno.
Non a caso tra i cinque punti di Le Corbusier uno è dedicato alle superfici esterne "La façade libre". Nell'architettura moderna, compositivamente tutto l'impalcato teorico dal quale si erano generate le piante di un edificio, compresa la sua spazialità interna vincolata delle costrizioni costruttive, si riverbera sulle facciate producendo immagini leggere e incorporee, affidate alla pura stereometria dei volumi e alla netta bidimensionalità dei piani. Rietveld nella Casa Schroeder (1924), per esempio, ricompone l'elemento facciata come giustapposizione di piani liberi, un gioco di forme astratte interno a un attento equilibrio cromatico e dimensionale.
Per le avanguardie non esiste contraddizione tra sviluppo tecnologico e ricerca estetica. I loro progetti enfatizzano la tecnologia del cemento armato, del vetro e del ferro, contribuendo in modo rilevante alla connotazione di un'epoca, sia nell'architettura che nella ricerca di una nuova estetica della città, si vedano a titolo d'esempio le facciate di Melnikov. Sono processi che si ripercuotono sul tema dell'involucro esterno dell'architettura e sulla valorizzazione delle potenzialità espressive ed eversive dei nuovi materiali.
Emblematica in questo senso la Maison de Verre di Pierre Chareau: un edificio del 1932, una semplice casa, curioso assemblaggio di componenti industriali prodotte in serie, con uno sviluppo flessibile in pianta su tre piani liberi contenuti da pareti interamente di vetro e da montanti interni di ferro. Chareau, sposa il tema della pelle, e su di essa sperimenta un programma di uso dei materiali, divenendo anticipatore della espressività del vetro come materiale moderno applicabile alla generalità delle costruzioni, non più solo ai grandi edifici rappresentativi.
O d'altro canto la pelle si mostra nei più recenti anni Settanta con i provocatori trompe-l'oeil di Richard Haas, o quando Venturi riveste il magazzino Best con i fiori di Andy Warhol, come tappezzeria d'esterno; o ancora quando i SITE hanno con ironia raccontato sulle facciate dei loro edifici la storia della loro appartenenza e del dialogo con il mondo della natura così come le colorate "architetture di "paesaggio" di Bernard Lassus negli anni Ottanta. Esperienze all'interno di una ricerca sui rapporti tra architettura e linguaggio, tra narrazione e significato.
Ma è la liberazione delle facciate delle struttura portante, accanto alle innovative possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico del vetro introduce un nuovo rapporto interno-esterno: è quanto si verifica nelle facciate di Jean Nouvel. L'involucro diventa diaframma , un filtro capace di dosare luce immagini e di generare complessità.
La situazione attuale, per converso, caratterizza una rivoluzione silenziosa, che si svolge discreta piuttosto che con manifesti d'intenti o dichiarazioni di principi. È una rivoluzione originata dal cambiamento di sensibilità che prende sostanza e si alimenta con lo sviluppo tecnologico.
Dalle superfici a cristalli liquidi di Toyo Ito che opacizzano intere vetrate altrimenti trasparenti, o in display per messaggi a ciclo continuo, agli audaci assamblaggi in cotto nei "pacchetti tecnologici" di Renzo Piano, a quelle serigrafate ancora di Jean Nouvel che si trasformano in schermi di proiezione per immagini. Invece Jacques Herzog e Pierre De Meuron intendono l'architettura come racconto di superfici che perdono il loro spessore divenendo fragile linea di incontro fra interno ed esterno. Strati multipli di componenti informatiche come manifestazioni visibili di un invisibile fisicità. La loro architettura propone all'esterno immagini che svaniscono e appaiono con la stessa casualità dello zapping televisivo.
Si assiste nel contemporaneo a un progressivo alleggerimento del peso dell'edificio; un edificio dell'Ottocento era un manufatto che con le sue murature perimetrali portanti, le murature di spina e di controvento, aveva un peso e una sua consistenza che, già a partire dalle esperienze del Movimento Moderno dove si diffonde l'uso della struttura puntiforme, si è andato ad alleggerire di peso, lasciando sempre più prevalere al pieno il vuoto.
D'altra parte, se la profondità della materia sembra scomparire, vi è forse un'altra profondità che può essere ricercata, una profondità che potrebbe essere paragonata alla profondità di un testo letterario. Il problema è quello di trovare la grammatica e la sintassi di un linguaggio delle superfici che interagisca con il complesso della nostra sensorialità, mettendo in campo la capacità di toccare strati profondi della nostra reattività intellettuale, emotiva e sensoriale.
Può sembrare che ciò che l'architetto contemporaneo vorrebbe promuovere come "nuovo" sortisca inevitabilmente l'effetto di qualcosa di già visto: tutte queste "facciate cartello pubblicitario", "facciate tipografiche", "facciate-schermo televisivo", non sono altro che una visione spesso edulcorata e quindi banalmente commercializzata di ciò che di più radicalmente innovativo avevano proposto, al loro tempo, i progetti futuribili del Costruttivismo russo, di Buckminster Fuller o del gruppo Archigram. Cambia tuttavia la consapevolezza semantica dei codici linguistici espressi dalla tecnologia e dall'uso dei nuovi materiali, ma anche dalla reinterpretazione di quelli tradizionali, il mattone, la pietra, il legno, le fibre naturali, i metalli, riassemblati in forme nuove o in concorrenza con le nuove trame, le nuove consistenze materiche della plastica, delle leghe metalliche, dei materiali composti.

Facciate continue
Questo tipo di metodologia costruttiva rappresenta ripercorrendolo dalle sue recenti origini un viaggio affascinante in cui meglio di ogni altro si intrecciano le possibilità offerte dalle nuove tecnologie produttive con il mutare delle esigenze abitative delle moderne città. Dalla prima metà del XIX secolo la tecnologia dell'acciaio aveva permesso l'abbandono, per particolari esigenze, delle collaudate e tradizionali opere in muratura a favore di un nuovo modo di concepire gli spazi e contestualmente non si può prescindere dalle mutate condizioni sociali ed economiche che vedono alcuni stati europei, nel pieno della loro ricchezza di potenze egemoniche e coloniali, impegnati a rielaborare le loro economie in senso propriamente industriale. Proprio per la necessità di esporre e sostenere la commercializzazione di tanti beni, ora alla portata di un sempre maggior numero di persone, nasce uno degli esempi più affascinanti di quel tempo, la costruzione del Crystal Palace nel 1851. Un capitolato assolutamente innovativo prevedeva che il progetto tenesse conto di elementi quali: l'economicità, una illuminazione naturale, la sicurezza nella prevenzione degli incendi, la possibilità di essere montato e in seguito smontato oltre a fornire ovviamente nella sua grandiosità un fulgido esempio del progresso scientifico e tecnologico dell'impero inglese.Il progetto di J. Paxton che vince il concorso è realizzato impiegando meno di dieci mesi complessivi considerando che più della metà del tempo è servito per montare, sulla struttura in elementi prefabbricati di ghisa, i 90.000 mq di pannelli vetrati modulari. Questa costruzione se pur grandiosa è imitata in altre grandi realizzazioni contiene ovviamente in se il concetto ottocentesco della serra , ma l'idea di courtain wall è ormai acquisito insieme a quello di elementi prefabbricati nella officina e poi montati sul luogo del cantiere. Tra il 1890 e il 1910 si sviluppa l'Art-Nouveau con esempi in Bruxelles dove nella Maison du Peuple e nel grande magazzino L'Innovation Victor Horta inserisce grandi aperture in vetro incorniciate da muratura. In Italia si costruiscono le gallerie nelle città di Milano, Napoli e Roma. Ma è negli USA che le nuove tendenze architettoniche hanno avuto il maggior sviluppo anche grazie agli enormi lavori di ricostruzione dei centri delle città (Chicago distrutta da un incendio è ricostruita in meno di un ventennio) per adeguarli alla crescita di una economia in pieno sviluppo. Il costo elevato dei terreni è il motore per la costruzione di palazzi sempre più grandi ed elevati, del resto insieme alle nuove metodologie costruttive, la possibilità di fornire di ascensori e provvedere alla ventilazione dei grandi edifici ne rendono possibile l'abitabilità. Il First Leiter Building di W. Le Baron Jenney costruito a Chicago nel 1879 con le sue grandi finestrature costituite da un fisso centrale con due saliscendi laterali unicamente interrotte dai pilastri e le fasce marcapiano, creano la nuova estetica dell'edilizia commerciale, dove la ripetizione dell'infisso scandisce la tela della struttura portante. Meriterebbe un più ampio discorso quanto avveniva in Europa intorno agli Anni Venti, ci basti dire che i grandi maestri Mies van de Rohe, Le Corbusier e Gropius hanno dato un importante contributo all'affermazione del concetto di continuità spaziale fra lo spazio interno ed esterno dove l'applicazione del vetro assume importanza fondamentale e insostituibile. Stupisce quanto compiutamente si realizzino oggi le visioni della Glasarchitektur di Paul Schebart, idee che sono riprese negli USA nella celebre visione della città come Frozen Fontain (fontana ghiacciata) dove appunto i grattacieli con le superfici vetrate simboleggiano i getti bloccati in una rarefatta atmosfera glaciale, emblema di questa visione basti ricordare L'Empire State Building di Shrere, Lamb & Hammon costruito in appena dodici mesi nel 1930. Occorre arrivare al 1953 perché si realizzi l'Alcoa Building Pittsburgh (Harrison & Abramovitz); la facciata è fatta completamente di alluminio (prima veniva adottato o l'acciaio o il bronzo) ed è uno dei primi edifici al mondo costruito con l'uso della tecnica chiamata Rain Screen Cladding, con ventilazione e compensazione della pressione. La tecnica alla della facciata continua nei moderni edifici durante gli anni Cinquanta era generalmente basato sul sistema cosiddetto "montanti e traversi". Tra i primi anni Cinquanta fino al 1980 con l'impiego di nuove tecniche si affermarono i concetti basilari di una nuova generazione di Curtain Wall: la costruzione pannelli completamente finiti in fabbrica con qualità esaltata da un controllo accurato dei processi di fabbricazione e quindi trasportato completo di ogni finitura e posto in opera; l'adozione del sistema di compensazione alla pressione; una barriera separa ogni piano convogliando verso l'esterno le eventuali infiltrazioni; l'uso di vetri riflettenti e a bassa emissività permisero inoltre un più altro grado di isolamento termale. Tutte queste tecniche vennero nel corso degli anni messe a punto e stabilirono i nuovi concetti base adottati nella costruzione delle facciate continue. Durante questo periodo, in cui si assiste anche all'avvento delle vetrate strutturali e la ventilazione dei pannelli, si afferma quindi come elemento essenziale quello della prefabbricazione degli elementi che con l'applicazione di camere per la compensazione della pressione risolveva in modo definitivo i problemi di tenuta all'aria e all'acqua e facilitava con innalzamento diretto al piano di posa, il montaggio delle strutture. Grande attenzione è stata posta nel corso degli anni allo studio degli adesivi sigillanti con particolare attenzione nella fase progettuale dei giunti; il successo di tali studi ha permesso di produrre Curtain Wall con nuove caratteristiche: la sigillatura strutturale è ora estesamente usata e il vetro è collegato alla cornice con siliconi speciali, nuove tecniche sono in grado di fornire vetri o pannelli composti che con l'uso degli adesivi strutturali hanno permesso superfici piane con aumento delle performance nell'isolamento termico diversi sistemi si adeguano alle esigenze architettoniche con spostamento degli elementi portanti verso l'interno della facciata e favorendo quindi l'eliminazione di elementi esposti. Le facciate ventilate consentono un migliore controllo delle condizioni interne, sia nei mesi estivi che invernali. La varietà delle soluzioni è enorme e si differenzia in base alle esigenze costruttive ed estetiche; ovviamente saranno differenti in base all'altezza degli edifici, alla necessità di montaggio se dall'esterno o dall'interno, ai criteri di costo e di isolamento termico-acustico richiesto. Si fabbricano anche "facciate sospese" a trasparenza totale in cui le lastre vetrate sono sostenute da particolari bulloni a testa piatta collegati a sostegni in grado di scaricare a una complessa struttura le sollecitazioni. Le facciate ventilate trasparenti o a "doppio involucro" si possono considerare un'evoluzione delle facciate vetrate tradizionali, essendo costituite da una barriera interna e una esterna separate da un'intercapedine d'aria. L'intero progetto complessivo dell'edificio deve essere indirizzato nel suo insieme al risparmio energetico e allo sfruttamento dell'energia solare e inoltre la ventilazione e le strategie connesse di condizionamento giocano un ruolo predominante nel comportamento termico dei doppi involucri. Fino a giungere alle facciate integrate, dove gli elementi strutturali, di solito in acciaio, sono parte integrante del circuito di condizionamento con acqua che scorre all'interno dei profilati stessi, e a quelle "fotovoltaiche" dove le pannellature opache possono essere equipaggiate con moduli fotovoltaici composti da celle di silicio in grado di produrre energia elettrica consumabile sul posto.

Tratto da "La pelle degli edifici", supplemento di AREA n. 64, Federico Motta Editore

Gerrit Rietveld, casa Schroeder, 1924

Gerrit Rietveld, casa Schroeder, 1924

Konstantin Melnikov, circolo dei lavoratori, 1927-28

Konstantin Melnikov, circolo dei lavoratori, 1927-28

Pierre Chareau, Maison de Verre, 1932

Pierre Chareau, Maison de Verre, 1932

Jean Nouvel, Mediapark a Colonia, 1991

Jean Nouvel, Mediapark a Colonia, 1991