Dipartimento di Fisica ed attrezzature dell'Università di Bologna  

Progettista: Ing. Marcello Rebecchini con arch. Giuseppe Rebecchini
Collaboratori: ing. Francesco Guido
Progettista strutture: arch. Salvatore Bono, ing. Antonio Di Mattia
Progettista impianti: ing. Andrea Porru (1° stralcio), ing. Pietro Nozzi (2° stralcio) Servizi geotecnici: geol. Cantelli Claudio (relazione), Edilpali (sondaggi), Geimco (prove di laboratorio)
Data del progetto: 1° stralcio 1986, 2° stralcio 1989, variante 1992
Concessionaria: Italposte - Edilizia di interesse pubblico S. p. A., Roma
Superficie del lotto: mq. 11.500
Superficie costruita: mq. 9.000 (4.000 per il Dipartimento di Fisica, 5000 per le attrezzature di Ateneo)
Volume complessivo: mc. 85.000
Destinazione d'uso: Nuovo dipartimento universitario di Fisica: uffici, laboratori, aule
Attrezzature di Ateneo: un gruppo di grandi aule a servizio dell'intera Università di Bologna, un nucleo di segreteria di facoltà e di uffici amministrativi.
Strutture: strutture in c.a.
Tamponature: Fronti su strada: muratura tradizionale con rivestimento di pannelli in c.a. (Ditta FULGET)
Fronti su cortile: pannelli coibentati in alluminio
Coperture: terrazze
Pavimentazioni: Esterne: cubetti in porfido, pannelli in c.a. ed altri materiali
Interne: piastrelle di gres del tipo gres-granito
Infissi: in alluminio
Data di realizzazione: 1994
Direzione lavori: Italposte Edilizia di interesse pubblico, S.p.A., Roma
Impresa costruttrice: Associazione Temporanea di Imprese fra Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna e Adanti e Solazzi S.p.A.

Descrizione
L'area d'intervento è situata in prossimità del centro storico della città di Bologna, lungo l'alberato viale Berti Pichat e di fronte ad un tratto delle antiche mura che cela un moderno nucleo universitario. Questo settore urbano, delimitato ad est dalla ferrovia e per lo più connotato da edifici residenziali primo-novecenteschi, accoglie anche alcuni impianti industriali relativi a piccoli stabilimenti privati e a grandi servizi urbani in disuso, come le antiche officine comunali del gas con la massiccia torre gasometrica in ferro.
Il lotto, di circa 11.500 mq., dalla forma pentagonale e delimitato su due lati da lotti edificati e sugli altri da strade ' il viale Berti Pichat e la via Ranzani ', era in origine occupato dai capannoni industriali della Società Morassutti e da altri edifici di modesta grandezza.
L'operazione, commissionata dall'Università di Bologna al fine di ampliare il Dipartimento della Facoltà di Fisica ed incrementare le attrezzature universitarie, prevedeva un articolato programma funzionale: oltre alla nuova sede dipartimentale, comprensiva di una biblioteca, spazi espositivi, laboratori, aule, e studi per i docenti, avrebbero dovuto essere realizzati anche nuovi spazi per attrezzature d'Ateneo, come un nucleo di segreteria per gli studenti, gli uffici amministrativi, e quattro aule di cui due da 250 posti e due, più ampie, da 500. Il progetto avrebbe dovuto, inoltre, connotarsi come un vero e proprio ampliamento dell'Università degli Studi di Bologna, situata dalla parte opposta del viale Berti Pichat, prevedendo, a tal fine, anche un collegamento sotterraneo tra la preesistente struttura universitaria e la nuova.
La realizzazione era programmata in due fasi: la prima, giunta a termine al principio degli anni '90, comprendente le strutture del Dipartimento di Fisica e quelle delle attrezzature d'Ateneo (complessivamente circa 9000 mq.); la seconda, terminata nel 1994, con il completamento delle dotazioni universitarie e la realizzazione degli ampi parcheggi sotterranei.
Le problematiche progettuali affrontate hanno riguardato principalmente un'elevata complessità funzionale, peculiare dell'edilizia universitaria, incrementata in questo caso dalle assai restrittive norme del regolamento edilizio comunale e dall'esiguità dell'area a disposizione. La necessità di rendere autonome le varie parti differenziando funzioni ed utenze, ha condotto ad una puntuale localizzazione e ad un'adeguata segnalazione degli ingressi, nonché ad una chiara e strategica specializzazione dei percorsi.
Inoltre, la volontà di rapportarsi ad un contesto così denso di eterogenei stimoli e singolari suggestioni, ha contribuito ad orientare i progettisti verso articolate scelte organizzative. S'inscrivono, dunque, in un'ottica d'«impostazione tipologico-ambientale» e di «continuità contestuale» (Rotondi S., Dipartimento di Fisica ed attrezzature dell'Università degli Studi di Bologna in 'L'industria delle costruzioni', n 253 novembre 1992) sia la scelta del tipo a corte per il nuovo insediamento universitario, volta a riproporre una tradizione specificamente bolognese nell'edilizia storica universitaria, sia la conservazione di una palazzina preesistente a due piani, architettura non particolarmente significativa e tuttavia dignitosa, già occupata da alcuni ambienti del Dipartimento di Fisica. Le «riflessioni sulla 'natura dei luoghi' » e «un'ottica di 'sana conservazione' » (Rotondi S., op. cit.) hanno condotto ad un sistema di edifici continui, disposti perimetralmente lungo il lotto, che riprendono nella larghezza e nell'altezza dei loro corpi di fabbrica le dimensioni della palazzina preesistente, evitando, nel contempo, di predominare sulle antiche mura cittadine e sulle costruzioni limitrofe. L'intento di preservare il carattere dei luoghi ha spinto a limitare le altezze del nuovo intervento a soli tre piani fuori terra, optando per una sistemazione integralmente ipogea degli spazi didattici più ampi, come le grandi aule, e dei servizi di supporto, come il parcheggio e i locali tecnici.
Nei corpi lineari lungo il viale Berti Pichat e la via Ranzani sono ubicati, al piano rialzato, gli spazi per le segreterie e un bar; al piano seminterrato gli archivi e i depositi; all'ultimo livello gli uffici amministrativi e alcune salette per riunioni. Nei blocchi, disposti tra loro ad angolo retto, nei lati ad est e a sud è collocato il Dipartimento di Fisica i cui locali accolgono al livello seminterrato i laboratori speciali, le officine e i depositi; al livello rialzato una biblioteca, un museo degli strumenti scientifici e ulteriori laboratori; negli ultimi livelli, infine, gli studi dei docenti e i laboratori di ricerca.
L'organizzazione degli interni appare ovunque piuttosto classica per la presenza, per lo più in tutti i blocchi, di un corridoio centrale di distribuzione ai vari ambienti; la necessaria flessibilità degli spazi serviti è raggiunta attraverso l'adozione di pareti mobili congegnate su una griglia modulare dal passo di mt. 1,20; restano fissi soltanto i blocchi degli elementi di comunicazione verticale e quelli, ad essi solitamente affiancati, dei servizi igienici.
Il sistema degli edifici perimetrali dà luogo ad un ampia corte interna il cui piano di calpestio, in parte gradonato, pavimentato e attrezzato con percorsi trasversali e longitudinali, coincide con la copertura degli ambienti che si sviluppano a livello ipogeo: il blocco delle aule nella parte a sud e quello dei parcheggi e dei locali tecnici verso nord.
Un accesso pedonale, affiancato dalla rampa di discesa ai garage, si apre in corrispondenza dell'angolo nord-est del lotto, lungo la via Ranzani. L'ingresso pubblico generale al sistema è lungo il viale Berti Pichat, nel punto di cesura creato dallo stacco tra la palazzina preesistente e il nuovo corpo di fabbrica.
Qui la testata del nuovo blocco lineare, fronteggiante il lato corto della palazzina, è costituita da un portico a tripla altezza con pilastri circolari di ordine gigante in calcestruzzo a vista, all'interno del quale corre una parete in pannelli vetrati e opachi, di colore grigio chiaro, conclusa in alto da una loggia continua dotata di parapetto metallico. Si crea in tal modo, al fine di segnare il varco di entrata, un sistema dall'«andamento sinuoso» (Rotondi S., op. cit.), che ospita un bar al piano rialzato e spazi di riunione al piano superiore, attraverso «una controllata forma libera di stirlinghiana memoria» (Rotondi S., op. cit.) che penetra nella corte. .
In prossimità dell'accesso principale s'incuneano nella corte, due rampe di scale parallele che raggiungono il livello seminterrato del sistema delle aule; un piano inclinato, tra le scale, porta sulla copertura attrezzata delle aule dove si sviluppa un percorso esterno che, attraversando trasversalmente la corte, conduce all'ingresso del Dipartimento. Ai piedi delle scale e al di sotto del piano inclinato, è stato individuato il vano in cui potrebbe attestarsi l'eventuale futuro collegamento ipogeo con le strutture universitarie preesistenti che si sviluppano, all'interno delle mura, di là dal viale Berti Pichat.
Al percorso trasversale esterno corrisponde, alla quota ribassata di circa - 2,50 mt. rispetto al piano stradale, una galleria sotterranea, in asse al sistema di scale, che dà accesso su entrambi i lati alle aule ipogee da 250 e da 500 posti, configurate tutte ad anfiteatro. La galleria prende luce attraverso tre coppie di volumi scatolari, dotati di una parete vetrata, che si susseguono al livello della corte esterna lungo i lati del percorso principale.
Altri due percorsi attraversano longitudinalmente la corte e, digradando lievemente da sud a nord, rendono raggiungibili i vari settori della gradonata. Lungo questi tracciati longitudinali, nelle testate nord e sud del settore a gradoni, e centralmente, nei punti d'incrocio con il percorso trasversale principale, sono collocate delle torrette a portale, a sostegno di massicce travature reticolari in acciaio.
Le travi Vierendeel che, caratterizzando fortemente il vuoto della corte rimandano «immediatamente alla dimensione tecnologica della torre gasometrica, vicina ed emergente» (Rotondi S., op. cit.), portano, appesi attraverso tiranti binati, anch'essi in acciaio, i solai, sagomati a gradoni, di copertura delle aule e possono anche supportare leggeri sistemi di coperture mobili a protezione dall'irraggiamento solare, per rendere fruibile anche durante i mesi più caldi lo spazio aperto della corte.
Ugualmente ispirati all'originario carattere industriale dell'area sono le strutture dei telai metallici verniciati con cui sono stati realizzati i ballatoi antincendio, le scale metalliche di sicurezza, i lucernari e gli ascensori esterni.
Il 'recinto' dei corpi di fabbrica lineari, che preserva la corte dai rumori esterni del traffico e della vita cittadina, presenta, come ha sottolineato Sergio Rotondi, una misurata dicotomia. Il carattere 'murario' e chiuso dei fronti lungo le strade esterne, conferito dal prevalere delle parti piene, contrasta nettamente con quello moderno e tecnologico dei prospetti interni alla corte, ispirato nell'uso abbondante del ferro e del curtain-wall, ai reperti di archeologia industriale presenti nella zona e, nel contempo, in sintonia con la natura di polo di ricerca tecnologica del nuovo organismo universitario.

Antologia critica
« Con questo recente progetto, già in parte realizzato, di una serie di uffici, laboratori, aule e altri spazi per l'Università di Bologna, i fratelli Giuseppe e Marcello Rebecchini hanno svolto un'operazione complessa di progettazione urbana. La loro proposta, infatti, muovendo anche da una riflessione sui non semplici problemi funzionali e distributivi del programma, raggiunge un equilibrio tra un'interpretazione del nuovo insediamento in chiave di continuità morfologico-tipologica con alcuni elementi urbani preesistenti e un'autonomia formale ricca di implicazioni ed associazioni inaspettate. (')
Il tema dell'Università si presentava per entrambi i progettisti particolarmente coinvolgente: insegnando materie di progettazione nelle facoltà di Ingegneria e di Architettura, essi hanno ben presenti i possibili orizzonti di miglioramento degli impianti edilizi per la didattica e la ricerca, in particolare riguardo alle condizioni ottimali di una vita universitaria che sia protetta ma non scissa dal 'rumore' della città esterna; orientata certamente verso la concentrazione, la ricerca e lo studio, ma nello stesso tempo aperta agli stimoli esterni. (') Come si è accennato, il progetto è stato impostato seguendo i criteri propri della moderna analisi e progettazione urbana; di una metodologia, cioè, che ha costituito l'apporto più significativo della cultura architettonica del dopoguerra, maturata nell'ambito di quella tendenza di 'razionalismo critico' in cui Marcello e Giuseppe Rebecchini si riconoscono pienamente. Ma, d'altra parte, più che fissarsi in regole o norme, tale metodologia ha mostrato, a seguito di vari apporti teorici e progettuali, la sostanziale non univocità delle soluzioni, la varietà delle interpretazioni plausibili riguardo agli stessi dati iniziali e contestuali, le sfumature illimitate che può captare ed esprimere il connubio sensibilità-cultura di fronte ad un tema urbano. (') Il carattere positivo e propositivo dell'operazione svolta dai Rebecchini è (') riscontrabile sia nell'intelligenza delle soluzioni date ai vari problemi sia nella capacità di ricondurre le istanze legate alle 'preesistenze' ad una dialettica espressiva originale, propria del nuovo intervento. (')

(') Riguardo infine agli aspetti costruttivi, emerge chiaramente come l'ottima qualità esecutiva abbia esaltato gli obiettivi del progetto. Il tema era costruttivamente complesso anche per l'uso di tecnologie che richiedono grande attenzione progettuale e costruttiva, come il rivestimento lapideo di tipo modulare, il curtain wall dei fronti interni coniugato con la struttura metallica dei ballatoi, le grandi coperture delle aule appese alle travi reticolari. Progettisti ed impresa si sono impegnati nei lavori con grande senso di responsabilità, consapevoli in particolare della delicatezza e difficoltà di rendere la dimensione di chiarezza e precisione che regola l'insieme.
A Bologna, com'è noto si sono sviluppate negli ultimi trent'anni tematiche progettuali e architettoniche di grande rilievo. In particolare è stato attuato con sicurezza e competenza il programma di recupero di interi isolati del centro storico, mentre, lontano dal centro, è cresciuta una nuova, moderna città direzionale e fieristica, riecheggiante anche, nelle torri d'uffici, gli antichi fasti medioevali della città.
In un interstizio della fascia urbana intermedia, lungo l'andamento spezzato dei viali di circonvallazione, è sorta ora una vera e propria 'pietra angolare', che esprime un'altra modalità d'intervento: una aforistica riscrittura di un luogo urbano, che coniuga il passato con la cultura del presente lontano dalle luccicanti scorciatoie che spesso vengono imboccate in casi simili; rifiutando cioè facili giochi intellettualistici nonché facili riferimenti alle mode correnti. La cittadella universitaria con cui Giuseppe e Marcello Rebecchini hanno prolungato la 'Città degli Studi' di Bologna, esprime un senso del luogo aprendo a nuove valenze di vita sociale e a nuove emozioni formali la cortine edilizia del viale in cui sorge; valenze ed emozioni che rimandano alla stretta connessione fra le qualità espressive e la razionalità, l'intelligibilità e la concretezza delle scelte progettuali » (Rotondi S., Dipartimento di Fisica ed attrezzature dell'Università degli Studi di Bologna in 'L'industria delle costruzioni', n 253 novembre 1992).

« Quest'intervento dimostra come i complessi problemi funzionali dell'edilizia universitaria non devono scoraggiare la ricerca di una continuità tipologica e morfologica con le tradizioni antiche della città. Non sembra essere di ostacolo al raggiungimento di tale continuità neanche l'adozione di un linguaggio che riesce a comporre insieme soluzioni costruttive di tipo più tradizionale con invenzioni tecnologiche avanzate. Di particolare interesse, l'idea della copertura appesa e praticabile delle grandi aule che invoglia ad una verifica dal vero dei modi d'uso nel tempo dello spazio pubblico. Verifica, non secondaria in un inserimento urbano meditato come questo, che i progettisti hanno compiuto con lo studio dei tipi ricorrenti nelle sedi universitarie bolognesi, fatto a monte del progetto, e attraverso la quale sono giunti a configurare un impianto in continuità con la migliore tradizione tipologica locale. La ricca e complessa dinamica spaziale, stabilita nelle relazioni tra il tessuto urbano circostante e la corte universitaria, trasforma quest'ultima in un luogo privilegiato di incontro e di scambio, intensamente vissuto come una piazza o una strada della città» (Panunzi S., Dipartimento di Fisica e attrezzature per l'Università di Bologna, Italia in 'L'industria delle costruzioni', novembre-dicembre 1995).

Bibliografia
Rotondi S., Dipartimento di Fisica ed attrezzature dell'Università degli Studi di Bologna in 'L'industria delle costruzioni', n 253 novembre 1992
Panunzi S., Dipartimento di Fisica e attrezzature per l'Università di Bologna, Italia in 'L'industria delle costruzioni', novembre-dicembre 1995
'Area' n 20, dicembre 1994
AA. VV., (a cura di S. Rotondi), Marcello Rebecchini. Architetture e progetti 1960-1994. Edilizia per la ricerca, università, attrezzature urbane, Edizioni Kappa, Roma 1996

A cura di Francesca Rosa

planimetria pianta del piano rialzato pianta del piano secondo sezioni veduta esterna da Via Ranzani
veduta esterna: la testata del corpo su via Ranzani veduta della corte interna le travi Vierendeel i tiranti binati in acciaio veduta della corte interna