mostre – Il contributo della Hilti Foundation per la mostra "Egitto. Tesori sommersi"

“Egitto. Tesori sommersi” ospitata dalla Reggia di Venaria Reale fino al 31 maggio 2009, è l'unica tappa italiana della mostra internazionale itinerante che espone oltre
500 reperti archeologici provenienti da Alessandria, Heracleion e Canopo, antichissime città della zona del Delta del Nilo, che nei primi secoli dell'era cristiana
sprofondarono sei metri sotto il livello del Mediterraneo.
L'esposizione, accolta trionfalmente da quasi due milioni di visitatori nelle precedenti sedi di Berlino, Parigi, Bonn e Madrid - dove era curata da Franck Goddio -
nell'unica tappa italiana è stata arricchita da un allestimento di particolare coinvolgimento, affidato alle scenografie di Robert Wilson e alle musiche e ambientazioni
sonore composte da Laurie Anderson.

Con il supporto di una sofisticata tecnologia geofisica, l'equipe guidata da Franck Goddio ha riscoperto i loro resti, miti, opere ed oggetti: dalla sensualità della statua in
diorite di una regina, alla semplice quotidianità di alcuni ami da pesca in bronzo; dalle tre colossali statue in granito di oltre cinque metri, alle monete d'oro; dalla stele di
Tolomeo con le sue 16 tonnellate di peso, all'anello nuziale in oro che porta incisa una frase del Vangelo. Questi reperti percorrono 1.500 anni di storia dell'antico Egitto,
dall'ottavo secolo a.C. all'ottavo secolo d.C., coprendo i periodi delle ultime dinastie faraoniche, le epoche dei Tolomei, dei Romani, dei Bizantini e l'inizio dell'era
islamica. In molti casi le opere, oltre all'indiscussa bellezza e fascino, rappresentano testimonianze uniche della cultura egizia, come ad esempio un naos con
l'iscrizione del calendario. Alcune scoperte hanno portato alla soluzione di misteri fino ad ora irrisolti: è il caso di Heracleion e Thonis, che si è attestato essere la
denominazione in greco e in egizio della stessa città.
Mai esposta prima al pubblico nella sua totalità, questa straordinaria raccolta di oggetti oggi è proprietà dello stato egiziano. Un accordo firmato tra le autorità egiziane e
l'IEASM ne consente un periodo limitato di viaggio per l'allestimento di una serie di mostre.

L'impegno della Hilti Foundation e di Franck Goddio
Il trust familiare Martin Hilti è il solo azionista del Gruppo Hilti, il quale opera a livello globale. Hilti fornisce all'industria edile servizi, sistemi e prodotti tecnologici
all'avanguardia. Quasi 20.000 impiegati (1900 dei quali nel Liechtenstein) in più di 120 Paesi si dedicano con passione a soddisfare le attese dei clienti e a costruire un
futuro migliore. Hilti è stata fondata nel Liechtenstein nel 1941 e la sede centrale sia del Gruppo Hilti sia della Fondazione Hilti si trova a Schaan nel piccolo principato.
Costituita nel 1996 dal trust familiare Martin Hilti, la Fondazione Hilti finanzia e coordina tutte le attività globali di "responsabilità sociale d'impres" a nome del Gruppo Hilti
e del trust. La Fondazione Hilti è impegnata in una serie scelta di progetti innovativi e sostenibili, soprattutto in campo culturale, sociale ed educativo. Proprio come il
logo Hilti è riconosciuto da tempo come simbolo di prodotti e servizi di mercato innovativi, il nome della Fondazione Hilti è sinonimo di promozione di idee e progetti
innovatori che contribuiscono a costruire un futuro migliore, come risulta dalla dichiarazione di intenti di Hilti.
Dal 1996 il fulcro dell'impegno culturale della Fondazione Hilti è il sostegno dell'attività archeologica subacquea di Franck Goddio e della sua squadra al largo della costa
egiziana. Franck Goddio è in stretto rapporto di collaborazione con esperti e scienziati famosi e gode del supporto scientifico del Centre for Marittime Archaeology
(Centro di Archeologia Marittima) dell'Università di Oxford. L'attuale serie di mostre presenta a un vasto pubblico gli spettacolari ritrovamenti e risultati delle intense
ricerche di Franck Goddio.

Il percorso di visita. L'allestimento con le scenografie di Robert Wilson e le musiche di Laurie Anderson
In accordo con la sua linea poetica, anche per l'allestimento della mostra “Egitto. Tesori sommersi” alla Reggia di Venaria Reale, Robert Wilson ha deciso di porre la sua
attenzione sulla struttura dello spazio e sull'impatto emotivo che ne deriva; un artificio che paradossalmente è quello che permette a un oggetto d'arte di essere
opportunamente mostrato, illuminato e messo in risalto. Manipolando lo spazio esistente, l'allestimento racconta una propria storia, mette in scena una propria autonoma
rappresentazione, che in realtà offre al visitatore nuovi e sorprendenti punti di vista per osservare gli oggetti in esposizione.
La visita alla mostra negli spazi delle Scuderie è strutturata quindi come un viaggio attraverso 10 ambienti che si succedono e si articolano tra di loro con geometrica
simmetria e che hanno nomi in lingua inglese volutamente non tradotti perché, con il loro forte impatto emotivo e l'immediata percezione semantica che offrono, anche
essi sono parte integrante dell'opera dell'artista.

Sala I A Prologue
Questo spazio, che rappresenta l'ingresso alla mostra per il pubblico, ospita un'installazione di immagini (video, foto, disegni) e a fornire tutte le informazioni storiche e
geografiche prima di iniziare il percorso espositivo vero e proprio.

Sala II A Ocean Corridor
Un corridoio lungo e stretto, pensato per dare al visitatore un'esperienza di immersione, quasi di decompressione, dove cancellare dagli occhi i giardini e gli spazi
sontuosi della Reggia di Venaria Reale. Le luci si spengono e i colori si fondono in un nero inquietante. Nel buio delle pareti laterali si apre ad altezza degli occhi del
visitatore una lunga fenditura, dall'ingresso fino alla fine del corridoio, con le immagini delle ricerche sottomarine. Il suono di onde oceaniche scroscianti accompagna il
visitatore nel percorso che termina di fronte a un enorme monolito: è la monumentale stele di Tolomeo VIII Emergete II, uno dei monumenti più straordinari trovati nella
città di Heracleion, tipico esempio di propaganda reale dei Tolomei.

Sala III A Contemplation Space
Questa sala capovolge improvvisamente le caratteristiche dello spazio precedente: il visitatore si ritrova in un grande spazio bianco e pieno di luce che ospita un unico
piccolo e prezioso oggetto su un piedistallo. Si tratta di un vaso canopo con il coperchio in forma di testa di Osiride e il corpo decorato con scene sacre: il vaso, simbolo
del mistero dell'imbalsamazione, è nel contempo anche icona della speranza nella vita eterna dopo la morte. Il suono diventa calmo e meditativo.

Sala IV A Sunken Forest
La sala è aperta, senza soffitto, la musica è trionfante: statue ed enormi sculture di pietra costellano lo spazio come alberi di una foresta sommersa. Il pubblico può
muoversi intorno alle singole opere e misurarsi con le straordinarie dimensioni di alcune di esse. A partire da questa sala gli oggetti delle tre città vengono presentati
secondo un accostamento tematico, mantenendo comunque ben riconoscibile, attraverso grafica, colori e luci, la provenienza da Heracleion, Canopo e Alessandria.

Sala V A Treasures Honeycomb
Questa Sala stravolge nuovamente lo spazio e la percezione del visitatore, posto ora a confronto con le piccole dimensioni degli oggetti: in una sorta di alveare
sottomarino trovano posto recipienti e vasi nelle pareti lunghe, monete e gioielli nelle pareti corte. Suoni di piccoli martelli o di abili scalpelli fanno forse pensare agli
animati laboratori di misteriosi scultori.

Sala V B Sphinx Box
Nel passaggio alla Sala V B, la compattezza dell'alveare si trasforma nell'evanescenza di un volume trasparente che racchiude in una gabbia di tulle tutte le sfingi altere
e misteriose poste a guardia del Naos delle decadi, uno dei reperti storicamente più importanti della collezione.

Sala IV B Liquid Space
Il pubblico torna quindi ad una coreografia in tondo intorno ad una serie di acquari, immersi nelle trasparenze della sala Liquid space, dove gli oggetti sono visibili da
entrambi i lati delle alte e geometriche strutture verticali.

Sala III B Waves Power
Le forme ritornano a farsi morbide e sinuose come onde marine. Sei contenitori con facciate trasparenti in garza presentano in successione l'ultima selezione di oggetti.

Sala II B Coral Tunnel
Lo spazio torna a comprimersi nel lungo tunnel che porta verso l'uscita; le pareti questa volta sono conformate come una scura barriera di corallo dove il pubblico può
scoprire gli oggetti attraverso gli oblò nelle pareti che si aprono come occhi misteriosi di una barriera corallina.

Sala I B Queen's Dream
L'ultima immagine che accompagna il visitatore verso l'uscita è misteriosa e solenne. L'ultima sala ospita la scultura più sensuale ed emozionante, la statua (purtroppo
acefala) di una donna che emerge dalle acque di un bagno rituale e misterioso. La sua postura è quella delle regine egizie ma il suo abito, con l'affascinante effetto del
“panneggio bagnato” risponde a un'estetica tipicamente greca, E' mistero attorno a questa dea o regina: personificazione di Iside-Afrodite e nel contempo ritratto della
controversa e stravagante Arsinoe II? Questo enigma e la rarefazione dello spazio intorno esaltano il fascino e la bellezza di quest'opera straordinaria.

A completamento del racconto della visita, pubblichiamo qui un intervento di Robert Wilson che spiega il suo concept per l'allestimento pensato per la mostra

Robert Wilson e la sua idea di mostra: “non una noiosa lezioncina”
Quando mi appresto a progettare l'allestimento di una mostra, i miei punti di partenza sono la luce, l'architettura, la proporzione degli spazi, il suono e come l'insieme di
tutti questi elementi possa aiutare a vedere l'opera d'arte.
Quasi sempre, infatti, contemplare le opere d'arte in un museo è molto difficile perché siamo distratti da ciò che vediamo intorno e da ciò che sentiamo; spesso è difficile
apprezzare un'opera anche perché non è ben illuminata.

Quello che io cerco di fare è organizzare tutti questi elementi per consentire al pubblico di osservare le opere con più attenzione. Questo è il mio obiettivo principale:
come presentare opere d'arte in uno spazio ed in condizioni dove possano essere chiaramente osservate come capolavori.
Dal mio punto di vista, infatti, molte mostre sono troppo intellettuali. Assomigliano a quelle cattive insegnanti di liceo che sanno fare solo noiose lezioncine. Io
personalmente preferisco non leggere le didascalie, ma apprezzare un'opera d'arte per ciò che l'artista ha fatto, per la forma, la linea... Per raggiungere questo risultato,
progetto la struttura dello spazio espositivo come una sorta di itinerario di viaggio, con una sala che sostiene per somiglianza o fa da contrappunto alla successiva.

Nel caso di questa mostra, la prima sala è quella delle informazioni: siamo circondati da immagini e testi. Da qui si entra in un corridoio lungo e buio che ci aiuta a
sgombrare la mente per prepararci alla visita; si giunge quindi in uno spazio molto grande e luminoso per osservare un'opera minuscola. Poi si entra in una sorta di
foresta di pietre, in cui la coreografia del percorso di visita ha un andamento circolare.

All'ingresso in ognuna di queste sale è posta una parete che ne scherma la visione per creare un effetto di sorpresa nel passaggio dall'una all'altra. La sala successiva
ha invece un solido elemento architettonico di forma rettangolare che, posto nel centro, invita il visitatore ad un movimento lungo linee rette. Alle grandi sculture si
contrappongono sulla parete di fronte monete di piccole dimensioni. La sala seguente - speculare a quella appena lasciata - propone un analogo elemento architettonico
questa volta trasparente e misterioso. Ancora una volta i visitatori devono girare intorno alla struttura, prima di passare alla sala successiva dove le strutture
perpendicolari le une alle altre rispecchiano la struttura della foresta di colonne. La sala successiva ha invece strutture ricurve ed è luminosa, prima di imboccare
nuovamente un corridoio buio in cui vediamo le opere attraverso una successione di oblò che si aprono nelle pareti, prima di raggiungere infine l'ultima sala in cui si può
ammirare uno dei capolavori della collezione.

Invece di coreografare un attore in scena, in questo caso io coreografo il movimento del visitatore attraverso spazi differenti che si compongono e si completano gli uni
con gli altri in termini di esperienza visiva: uno spazio è geometrico, l'altro è irregolare, uno è molto luminoso, l'altro molto buio, e così via. In un certo senso il visitatore è
come un performer, poiché la coreografia dei suoi movimenti muta a seconda del progetto e della forma della sala che egli visita.

L'allestimento nel suo complesso riflette comunque una mia personale reazione alle opere in mostra, anche se per me la sfida è sempre la stessa: mettere il pubblico in
condizione di concentrarsi e di vedere le opere. Con lo stesso obiettivo ho chiesto alla mia amica Laurie Anderson di comporre la musica per ogni ambiente, in modo da
porre il visitatore in un stato d'animo sereno che gli consenta di apprezzare veramente l'opera d'arte.

Ho sempre seguito gli stessi principi ogni volta che ho disegnato una mostra - per esempio quella di Isamu Noguchi per il Vitra Museum, ma anche la collezione del
Museo Barbier Muller a Barcellona o la retrospettiva di Giorgio Armani al Guggenheim Museum - ed ognuna è stata diversa dall'altra ed allo stesso tempo in qualche
modo simile. Ad Einstein fu chiesto di ripetere ciò che aveva appena detto ed egli rispose: “Non posso ripetere, ma questo non è molto importante, poiché si tratta
sempre della stessa cosa”. Cezanne diceva di dipingere sempre il medesimo dipinto, Proust di scrivere sempre il medesimo romanzo. Il lavoro di un artista è sempre un
unico progetto e riflette un unico pensiero.

Ho sempre avvertito il fascino dell'Antico Egitto e forse non è un caso quindi che già nel 1973 nel mio lavoro The Life and Times of Joseph Stalin, che durava 12 ore nel
silenzio più totale, ho disegnato per una delle scene principali una piramide/tempio della luce a cui si arrivava tramite un ingresso buio e un lungo e stretto corridoio buio,
simile al mio progetto per Torino.