ES Hotel  

Località Via Turati 171, Roma, Italia
Cliente C.R. Invest s.r.l.
Progettazione King Roselli Architetti / Jeremy King e Riccardo Roselli con Andrea Ricci, Claudia Dattilo (managers project), Marina Kavalirek, Riccardo Crespi, Annalisa Bellettati
Coordinamento progetto Marzia Midulla Roscioli
Direzione lavori Nino Bazzi
Consulenza per le strutture Ing. Dario D'innocenzo
Progetto acustico Biobyte srl, Dott. Enrico Moretti
Impresa di costruzione ORION s.c.a.r.l.e DICOS s.p.a.
Realizzazione Settembre 2000 / Ottobre 2002
Superficie coperta 13.961 m2
Superfici servizi 705 m2 (lobby); 1.127 m2 (restaurants/barroom); 557 m2 (conference room); 216 m2 (hall A); 177 m2 (hall B); 164 m2 (hall C); 7.046 m2 (bedrooms); 421 m2 (fitness); 1.050 m2 (terrace swimming-pool); 110 m2 (offices); 500 m2 (parking)
Camere 235

A poco più di dieci anni dalla sua fondazione (1992) lo studio King Roselli vanta una considerevole collezione di progetti sia nel campo dell'edilizia che dell'industrial design. L'orientamento è quello di una ricerca attenta ai nuovi linguaggi, sensibile alle evoluzioni formali e tecnologiche del moderno design, e tuttavia capace di sorprendenti adattamenti alle specifiche realtà territoriali e urbane. Città come Roma da sempre costituiscono per i progettisti un importante terreno di prova per misurare le proprie spinte innovative con le resistenze della memoria e di un'immagine urbana fortemente consolidata. Il dibattito intorno a questi argomenti, soprattutto in Italia, ha attraversato l'intero arco del Novecento, fornendo di volta in volta soluzioni che hanno segnato un percorso alternativo alla spesso più disinvolta cultura architettonica d'Oltralpe. Il confronto con la memoria storica è un ingrediente della progettazione e lo è necessariamente non tanto o non sempre per pura velleità estetica, ma perché giocoforza la gestione del territorio, nell'indirizzo della tutela del patrimonio pubblico, lo impone. È questo il caso dell'hotel Es. Un edificio sorto sul colle Esquilino, in un'area adiacente alla ferrovia, vicina alla stazione Termini e ricca di preesistenze archeologiche. La vicenda è quella tipica dei progetti arenati in fase esecutiva a seguito del veto delle soprintendenze, ma qui l'incidente, sorto durante l'allestimento di cantiere con il ritrovamento di un'area di interesse archeologico, è diventato il pretesto per una completa revisione del progetto e la definizione di una variante pressoché integrale dell'opera. L'edificio si presenta fortemente caratterizzato da alcune chiare linee direttrici: lo stacco da terra per la conservazione degli scavi archeologici; un impianto a corte composto da tre blocchi con le due ali laterali sospese su pilotis ed infine il gesto architettonico della piega, vero deus ex machina del progetto, che ricorre in più occasioni nella tessitura dell'edificio, dalle volte di chiusura, al prospetto di facciata fino ad interessare in dettaglio la linea degli elementi di arredo. Rispetto all'intorno, poi, l'albergo dialoga con un linguaggio sicuro, inserendosi bene nella rigida maglia umbertina e ammiccando al vicino monoblocco della stazione attraverso i salti di quota ed il profilo della copertura, da un lato, e, dall'altro, con la ferma composizione in blocchi, rinforzata dall'impiego di un intonaco speciale a base di polvere di travertino. Il risultato è la realizzazione di un'architettura che riflette senz'altro lo spirito ludico dello studio, evidente nella libertà compositiva degli arredi o in certe soluzioni cromatiche come nelle variegate luci delle camere, senza rinunciare tuttavia ad una severa disciplina compositiva che ne costituisce forse l'aspetto più interessante. La vista da via Giolitti, infatti, con l'attestarsi delle due ali della corte sopra il basamento in basalto scuro assume una pregnanza ed una forza di immagine ben superiore ad altri espedienti in cui si ostenta, un po' forzatamente, la leggerezza di un segno libero e volutamente privo di regole. Ciò è senz'altro da ricondurre all'esperienza di design dello studio che ha stimolato una maggiore attenzione per le qualità percettive dell'oggetto e la duttilità della forma. Però c'è anche un'altra ragione legata alla diffusione di modelli "vincenti", frequentemente pubblicati sulle riviste specialistiche, che determinano lo sfondo culturale da cui le nuove generazioni di architetti attingono con gradi di consapevolezza e capacità di rielaborazione differenti. È facile intuire, nel caso dell'albergo, l'accostamento alle ultime sperimentazioni di Herzog & De Meuron soprattutto nel trattamento delle luci e nell'impiego delle trasparenze o, ancora, un certo gusto minimalista giapponese nei tagli a fessura delle aperture. Tutto questo non deve suscitare il disappunto della critica ma piuttosto far riflettere, osservatori e progettisti insieme, sulla ubiquità di modi e poetiche progettuali che possono entrare a buon diritto nello specifico di un'architettura senza però travisare il senso e la singolarità del luogo di intervento.
La prova di Jeremy King e Riccardo Roselli si distingue per le soluzioni su scala urbana e per la capacità di sintesi con cui sono stati affrontati i diversi temi del progetto. Oltre alla soluzione di testa di via Giolitti, di cui abbiamo già detto, vanno annoverate alcune scelte progettuali di particolare incisività fra cui le due ali vetrate poste in netto contrasto con il blocco massiccio del parcheggio multipiano e il felice movimento curvilineo della copertura d'ingresso, sospeso su uno spazio continuo e contrappuntato da pilotis, che diventa elemento di cerniera fra lo spazio pubblico degli scavi archeologici e quello privato o semipubblico dell'albergo. Un altro e non ultimo sforzo decisivo dei progettisti è rappresentato dall'analisi tipologica del complesso alberghiero, che ha portato all'individuazione di 10 tipologie, per un totale di 235 stanze, elaborate sulla base del rapporto fra camera e bagno fino al raggiungimento della totale dissoluzione degli elementi di separazione. Inoltre la distribuzione di tutti i servizi annessi è stata risolta con molta chiarezza evitando sovrapposizioni con il nucleo centrale delle camere e individuando almeno tre aree distinte in cui sono stati collocati la hall d'ingresso e un centro conferenze al piano terra, il fitness center e la sala ristorante al piano della copertura e, nel terzo blocco della corte, il silos dei parcheggi.
Nella scelta dei materiali i progettisti sono stati attenti a vestire l'edificio in funzione del suo rapporto con il contesto, impiegando materiali legati alla tradizione, come il finto travertino e il basalto, quando la diretta relazione con lo spazio pubblico lo esigeva, mentre per gli interni, o nel contesto comunque privato della corte e degli spazi comuni, ha prevalso un gusto astratto e minimalista esaltato dalle dissonanze compositive e dall'ampio utilizzo di superfici continue come: la pavimentazione in mogano, i divisori a tutt'altezza in vetro, gli stampi in vetroresina e i rivestimenti in acciaio e alluminio.

Testo di Filippo Nicotra
Estratto da Materia n. 44

Informazioni
Impianti SVA s.r.l. / Giuseppe Vergantini
Forniture illuminotecniche Baldieri s.r.l.
Contract arredo Devoto Arredamenti s.r.l.; Storie s.r.l.
Coordinamento contract Compass s.r.l.
Facciata continua Edilfai
Arredi Albatros, Bauporte Entrances, Calligan, Cappellini, Class Design, CMV, Cosentino, Dèrèrò, Devoto Arredamenti, Duravit, Edilfai, Flaminia, Ingitec, Kasthall, Jab, Louverdrape, Makro, Marmi Menini, Moroni, MPT Legnami, Poignee, Polvanesi, Rapsel, Sawaya, Sedico 84, Storie, Tecnogym, Unifor, Vetraria Federici, Vitra

Sezione longitudinale Prospetto
Sezione trasversale Pianta piano terra