Faber

A poco distanza fisica e temporale della realizzazione della sede Pratic di Fagagna, a ovest di Udine, gli architetti riaffrontano il tema della sede aziendale con la nuova architettura dedicata alle industrie Faber di Cividale del Friuli. La cittadina reca nel proprio nome addirittura quello della gens Iulia e con essa richiama le leggendarie conquiste imperiali sulle popolazioni longobarde autoctone; al contrario, i motivi di quest'architettura sono tutti contingenti, pratici e recentissimi. Se nell'opera precedente si era perseguita la scomposizione degli elementi, sino a metterne a nudo lo scheletro, ora si ricompongono scrigni perfetti, sensibili alla presenza continuativa dell'uomo all'interno e suscettibili alla trasformazione secondo le giaciture e il soleggiamento. L'area di progetto è costretta fra le strade e i volumi di logica strettamente funzionale all'industria. I due corpi di fabbrica maggiori si distendono lungo le principali direttrici del trafffico, a indicare Udine a ovest e le Alpi a est.

©Massimo Crivellari
©Massimo Crivellari

In questi volumi gli sguardi si aprono alternativamente verso il paesaggio esterno, oppure verso le corti interne, modulando l'irraggiamento diretto ora con tende a rullo a scomparsa, ora con l'opacità dei cristalli; ciò accade senza mai incrociare le visuali, rendendo in questo modo privata e unica ogni postazione di lavoro, come evidente dall'andamento a Z delle partizioni cieche nelle sezioni trasversali. I due corpi principali sono collegati da un volume più basso, a costituire planimetricamente una disposizione a H, pur assimmetrica. Come nella scuola di Noceto di Paolo Zermani il volume al centro si riduce, aumentando viceversa la permeabilità e concedendo finalmente la possibilità di traguardare oltre il costruito, secondo la gestualità suggerita anche negli alberi ad alto fusto, in attraversamento nelle corti interno lungo l'asse Udine-monti. Verso Udine, la nuova sede affianca con i suoi lati corti sospesi: la gravità dei volumi esatti si attenua, con arretramenti del piano terra e disvelamento dei collegamenti verticali. Il percorso naturale conduce alla hall d'ingresso, le cui trasparenze mettono a nudo lo spazio, reso fortemente dinamico grazie alla doppia altezza, alla nervosità della scala lasciata a vista, all'attraversamento della passerella in quota, secondo uno schema funzionale efficace già fatto proprio, ad esempio, dalla scuola di cinematografia di Guido Canali nell'ex Manifattura Tabacchi a Milano.

©Massimo Crivellari
©Massimo Crivellari

La trasparenza verso le due simboliche direttrici è anche alla sede Hypo-Alpe Adria Bank di Tavagnacco firmata Morphosis, progetto a cui i Geza hanno preso parte per la caratterizzazione progettuale degli interni. Oltre a condurre all'ingresso privato, arretrato come già alla sede Pratic, la natura entra nel costruito, impossessandosi di alcune corti rialzate e reclamando spazi aperti fra gli ambiti diversamente dedicati al solo lavoro. Questi patii si denunciano, in esterno, per differente trattamento superficiale, senza per questo compromettere l'esatta stereometria dei volumi. I parallelepipedi compongono il proprio involucro esterno accostando con precisione quattro tipi di vetro e cinque diversi calcestruzzi, ora dura scorza, ora pelle vellutata. Nelle nove sfumature materiche dei due materiali originari si replica la variabilità propria della natura, nelle sue minime differenze fra specie. Ogni 70 centimetri, il segno orizzontale dei giunti fra corsi variamente materici nega la verticalità all'architettura, superata simbolicamente dalle chiome degli alberi e dalle visuali al cielo.

©Massimo Crivellari
©Massimo Crivellari

Trasborda dalle geometrie rigorose all'insieme il foyer dell'auditorium, ma, per il resto, l'energia vitale dell'opera è trattenuta, ovvero scorre sotto pelle, rigenerandosi perpetuamente nel contatto diretto fra vetro e calcestruzzo, paradossalmente accomunati dall'essere generati da impasto, ma antitetici per carattere e portato poetico. La notte l'architettura è viva: l'illuminazione artificiale svela le membrature, emergendo così lo scheletro già protagonista alla sede Pratic. L'obiettivo dell'umanizzazione degli spazi produttivi e industriali è perseguito anche per via tattile, ricorrendo alle miscele cementizie e alle granulometrie degli inerti, portati a nudo sui pannelli di prefabbricazione non pesante dall'esterno, comunicanti agli occhi e alle mani diverse idee di ruvidezza.

©Massimo Crivellari
©Massimo Crivellari

La precisione stessa della composizione e dei singoli dettagli costituisce la chiave di lettura dell'edificio. Non solo: essa incarna nell'architettura la peculiarità della produzione industriale del committente, impegnato nella realizzazione di cilindri ad alta pressione per i quali il margine dimensionale d'errore e pressoché nullo. In questo senso il progetto lega l'architettura al suo utilizzo. Nel Museo Cristiano al centro della vicina cittadina, l'altare in pietra detto di Ratchis offre esempio tra i più pregiati della scultura longobarda: parallelepipedo regolare dalle superfici perimetrali parlanti, penetrato solamente dalla grande fenditura quadrangolare sul lato. Estranei all'indifferenza dell'area industriale, immersi nel luogo, i volumi netti dei Geza guardano Cividale attraverso grandi aperture rettangolari. Affermano Gri e Zucchi: "È uno dei temi centrali per noi l'architettura industriale, ha la scala e la forza per essere un intervento sociale e trasformare il paesaggio". I Geza vincono con questo progetto il premio speciale della giuria Architetto italiano 2015.

Scheda progetto
Progetto architettonico: GEZA Gri e Zucchi Architetti Associati, Stefano Gri, Piero Zucchi
Committente: Faber Industries
Periodo di costruzione: 2011-2013
Area lotto: 106.000 mq
Volume: 10.500 mc

Questo articolo è tratto da Arketipo n.100 - Marzo 2016 - ITALIA.
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