Fondation Beyeler  

Progettista: Renzo Piano Building Workshop
Committente: Fondation Beyeler, Ernst Beyeler
Destinazione d'uso: museo

Raccolta nell'arco di quarant'anni, la collezione di Hildy e Ernst Beyeler comprende circa 160 quadri e sculture di artisti moderni, che vanno da Monet, Picasso e Giacometti fino a Mark Rothko e Anselm Kiefer, come pure un piccolo gruppo di opere di arte etnica provenienti dall'Africa, dall'Oceania e dall'isola di Pasqua. Il museo realizzato da Renzo Piano per dare definitiva sistemazione a questa collezione sorge a Riehen, sobborgo a sei chilometri a nord-ovest di Basilea, all'interno di un parco ricco di alberi secolari,
un tempo privato e oggi di proprietà municipale, di cui fa parte anche la settecentesca villa Berower che è stata ristrutturata per accogliere il ristorante e l'amministrazione del museo. Il nuovo edificio si sviluppa in una parte del lungo e stretto lotto del giardino e si organizza secondo quattro pareti parallele, lunghe 120 metri, orientate da nord a sud e distanti fra loro sette metri, che sostengono una copertura vetrata ampia 4000 metri quadri.
L'immagine che l'insieme del museo offre alla vista è basata sulla orizzontalità della costruzione, che si relaziona al paesaggio agricolo dei campi e al profilo delle basse colline che circondano il Berowerpark, così come sul contrappunto fra il biancore luminoso del tetto in lastre di vetro opalino (quasi una superficie d'acqua increspata dal vento), la cui leggerezza è accentuata dai forti sbalzi sui quattro lati, e i muri maestri che lo sostengono, resi ancor più "gravi" e "archeologici" nelle parti visibili dall'esterno dal rivestimento in arenaria rossa di Patagonia (materiale scelto da Piano perché è simile a quello tradizionalmente utilizzato a Basilea e nelle zone circostanti, ma che offre una maggior resistenza nel tempo).
Lungo il lato che si affaccia verso la strada che costeggia il museo, in aderenza all'esistente muro di cinta, si trova la fascia dei servizi che separa il resto dell'edificio dal rumore della strada e si pone come filtro fra l'interno delle sale espositive e l'ingresso al museo, a cui si giunge a piedi, attraverso il parco. Dalla parte opposta, verso i campi, un sottile e lungo spazio vetrato, sorta di orangerie, si accosta al muro esterno del museo creando un luogo di sosta e contemplazione per i visitatori (Piano parla di "spazio di compensazione" dove "si passa dall'emozione dell'arte al tranquillo godimento della natura").
Questo spazio fornisce anche accesso e illuminazione ai sotterranei, dove si trovano una sala per esposizione temporanee, una per le opere che necessitano di illuminazione artificiale, i depositi e i servizi, oltre al parcheggio del personale del museo. Tra queste due fasce, al piano terra, si trovano le sedici sale espositive, organizzate su una trama modulare di sette metri per undici, che permettono con la loro disposizione un percorso di visita libero. Tutte le sale, eccetto quelle che si trovano in corrispondenza delle testate e che si affacciano verso l'esterno con grandi vetrate, sono chiuse e illuminate dall'alto attraverso soffitti realizzati in griglia metallica filtrante, un misto di luce naturale e artificiale.
La semplicità e serenità - Beyeler parla di "luxe, calme et volupté" - degli spazi espositivi, connotati dalle lisce superfici ad intonaco delle pareti e dai pavimenti in quercia con i corsi distanziati e paralleli delle griglie di aereazione, è ottenuta occultando tutti gli elementi strutturali e gli impianti tecnici nello spessore dei muri, sotto il pavimento o al di sopra dei velari dei soffitti. Solo nel caso della copertura, in maniera non diversa da quanto era accaduto nel museo della collezione Menil, la "messa in mostra" della risposta tecnologica data da Renzo Piano al problema dell'illuminazione naturale diventa uno dei temi connotativi dell'architettura. A differenza del museo Menil di Houston (con cui questo progetto condivide evidenti analogie), dove le "foglie" dei frangisole del tetto erano il prodotto di un sofisticato ma artigianale uso del ferrocemento, a Riehen il dettaglio tecnologico delle lastre in vetro poste a dente di sega è espressione di una effettiva produzione industrializzata dell'elemento costruttivo, che dimostra quanto questa, se correttamente progettata e usata senza enfasi espressionistica, sia in grado (per usare le parole dello stesso Piano) di "creare emozione artistica".
Nel museo della collezione Beyeler vediamo recuperata la nobile tradizione della domus del collezionista che ha riferimenti lontani ma che ricorre anche in esempi più recenti, quali il museo Kröller-Müller di Henri van de Velde, il bellissimo museo Louisiana a Humlebaeck o il museo Kimbell di Louis I. Kahn, tradizione che lo stesso Renzo Piano aveva negli anni scorsi ripreso nei suoi due musei di Houston, cioè la citata Menil Collection e la galleria Cy Twombly.
Ma, soprattutto, troviamo nel museo di Riehen rimandi espliciti alle forme dell'architettura di Mies van der Rohe nell'uso del setto murario a segnare la continuità fra interno ed esterno (gli alti muri del museo abbassandosi si protendono all'interno del verde del parco), nell'uso della vasca d'acqua e nel rapporto fra spazio espositivo e sito naturale inquadrato dalle grandi vetrate nelle testate nord e sud, dove si ripropone la poetica dell'opera esposta contro lo "sfondo mutevole" del paesaggio enunciata nel 1943 da Mies van der Rohe nel progetto del Museo per una piccola città.

Estratto da: MUSEI - architetture 1990-2000

									pianta del piano terra dettaglio della sezione trasversale
schizzo di progetto