Antolini

Cosa accade se, guardando un’opera d’arte, scopri che è l’opera a guardare te? Tutto cambia; la prospettiva si ribalta e, d’un tratto, ti trovi immerso in un dialogo muto e fecondo che va al di là della contemplazione, portandoti a interagire profondamente con l’opera. In questo risiede il fascino della Venere di Jacopo Cardillo - in arte Jago - esposta nel contesto della mostra Jago “HABEMUS HOMINEM” al Museo Carlo Bilotti - Aranciera di Villa Borghese di Roma.
Artista italiano dalla straordinaria potenza comunicativa, Jago propone una scultura che, pur riallacciandosi idealmente all’arte dei maestri della tradizione, presenta uno stile del tutto innovativo e contemporaneo, frutto di un’indagine artistica e di un metodo di lavoro assolutamente personali e unici.

Incarnando un concetto di bellezza legato all’interiorità dell’animo umano e non a banali stereotipi esteriori, la sorprendente Venere di Jago è una donna anziana che, senza timore, espone la grazia di un corpo il cui incanto non sta nella perfezione delle forme bensì nella verità del racconto che propone: quest’opera ci parla di vita vissuta, di membra che decadono eppure conservano un loro splendore in virtù di ciò che sono state, di ciò che hanno attraversato. Il particolare degli occhi che inseguono chi sta osservando l’opera - forse già cifra stilistica del giovane Jago - esalta ancor più magistralmente questo aspetto: la Venere ha un passato, un’esperienza da condividere e, attratto dai suoi occhi magnetici, lo spettatore si ritrova ad ascoltare la storia di questa donna, riflettendo al contempo sulla propria. Scolpita all’interno della sede di Antolini - azienda leader nella produzione della pietra naturale, che da qualche mese ospita l’artista - l’opera di Jago è anche la prima Venere 3.0: molte delle fasi di lavorazione sono state infatti presentate in diretta sui socials dall’artista che, giorno dopo giorno, davanti a un copioso seguito di fan che commentavano in tempo reale, ha condiviso non solo la complessità tecnica del lavoro ma anche il suo originalissimo e profondo pensiero. Scultura di grande intensità, la Venere di Jago è realizzata in marmo Bianco Lasa/CovelanoVena Oro” Antolini, materiale che si è rivelato essere particolarmente adatto per esaltare la potenza espressiva dell’opera.
Proveniente dalle Alpi della Val Venosta, il marmo Bianco Lasa/Covelano è senza dubbio uno dei più pregiati al mondo. È la vera essenza del marmo: omogeneo, compatto, dalla grana cristallina e fine. Gli esperti ne apprezzano l’aspetto uniforme e il caratteristico colore di fondo bianco traslucido con lievi ombreggiature. Caratterizzato da una notevole durezza, si presta egregiamente a innumerevoli impieghi nell'architettura, nell'edilizia e nell'arte. Sono numerosi gli architetti e gli scultori di tutto il mondo che, dal passato fino ai nostri tempi, hanno scelto di utilizzare questa tipologia di marmo. Nella tipologia “Vena Oro”, assume una sfumatura calda e ancor più preziosa.

HABEMUS HOMINEM
dal 16 febbraio al 2 aprile
Museo Carlo Bilotti - Aranciera
Villa Borghese, Roma