A cura di Carlotta Eco e Dario Semeraro

Il cantiere di bonifica
A cura di Carlotta Eco e Dario Semeraro

SCHEDA PROGETTO

Luogo: Rho-Pero
Oggetto: Bonifica del Terreno Rho-Pero per il Nuovo Polo di Fiera Milano
Committente bonifica: AgipPetroli
Committente progetto: Fondazione Fiera Milano
Progetto architettonico: M Fuksas Arch
Area fondiaria complessiva: 2 milioni di mq
Superficie lorda di pavimento: 530.000 mq
Tempi del cantiere di bonifica: 2000 - 2003
Tempi di realizzazione: ottobre 2002 - 2005
Superficie bonificata: 1.500.000 metri quadrati di terreno
Terreno bonificato: 9,5 milioni di mc con metodi tradizionali
Trattamenti a desorbimento (sempre all'interno dell'area): 300.000 tonnellate di terreno
Fotografie: Archivio storico Fondazione Fiera Milano, Pietro Savorelli (archivio Fuksas)

Introduzione

Nella provincia di Milano sono più di 200 i cantieri per i quali è prevista una bonifica del terreno. Ben 3.000 ettari di territorio, infatti, sono contaminati da solventi, metalli pesanti e idrocarburi grazie all'eredità lasciata da mezzo secolo di industrializzazione. Su molte di queste aree sono sorti o stanno sorgendo alcuni fra i più grandi progetti di trasformazione urbana della città: l'area Garibaldi-Repubblica, il quartiere Santa Giulia, la Bicocca, le ex Acciaierie Falck di Sesto San Giovanni, l'ex Sieroterapico, le ex Officine del Gas Aem alla Bovisa e infine un caso positivamente risolto, quello della Fiera di Rho - Pero.
La nuova Fiera, realizzata su progetto dello studio Fuksas, costruita sui terreni delle ex raffinerie AgipPetroli di Rho, rappresenta un esempio interessante per la parziale contemporaneità fra cantiere di bonifica e cantiere edile.
Questa coesistenza dei cantieri, dovuta alla stretta tempistica, ha in parte influito sul progetto architettonico e in particolare sull'equilibrio fra vincoli e gradi di libertà imposti dal progetto di bonifica. Una volta fissati gli obbiettivi del piano di bonifica si sono imposti alcuni i punti fermi all'interno del processo progettuale che si possono ritrovare nei seguenti temi:
- la destinazione d'uso dei locali: alcuni locali interrati non possono prevedere la permanenza prolungata di persone
- la quota e le altezze interne dei livelli sotterranei viene fissata in base a dei parametri di areazione che non possono più variare.
- i dispositivi di impermealizzazione ai vapori e all'acqua dei manti di isolamento dal terreno
- lo spessore delle solette di pavimentazione dei padiglioni
Infine è interessante segnalare che, come in molti cantieri, anche in questo caso una grande parte del materiale risultante dalle demolizioni è stato riutilizzato per la nuova costruzione: ben 500.000 metri cubi di materiali sono stati reimpiegati grazie a una attenta progettazione e pianificazione del cantiere di bonifica.
L'articolo che presentiamo, sulle tipologie di bonifica, vuole offrire un piccolo spunto di riflessione sui rischi, le difficoltà e le opportunità di progettare e costruire su un sito "ex contaminato".

(C.E.)

Il cantiere di bonifica tra tecnologia, riqualificazione del territorio e impatto ambientale
Testo a cura di Dario Semeraro

In Italia, le bonifiche di siti contaminati, in particolare da idrocarburi, sono relativamente recenti. Le tecniche di bonifica sono in una fase di pieno sviluppo: quella ambientale è infatti una scienza giovane, cronologicamente successiva e conseguente allo sviluppo delle tecnologie generatrici di contaminazione. Si tratta in ogni caso di un problema di grande attualità, in primo luogo per gli aspetti legati alla riqualificazione e progettazione del territorio: molti siti ex-industriali sorgono su aree un tempo periferiche, che ora, con l'espandersi dei nuclei urbani, diventano aree dal fortissimo interesse strategico. Basti pensare, per citare un esempio recente, alla nuova fiera di Milano, che sorge sull'area originariamente occupata dalla raffineria di Rho-Pero. In secondo luogo, bisogna considerare il fortissimo impatto che ogni stabilimento ha avuto sull'ecosistema su cui sorge e sulla vita quotidiana degli abitanti. Storicamente, infatti, si è sempre pensato a situare strategicamente, costruire e sviluppare, anche in relazione allo sviluppo economico locale, quelli che sarebbero stati i punti chiave dell'economia energetica del paese (tra cui Marghera, Ravenna, Falconara, Priolo Gargallo, Gela), senza sviluppare di pari passo una riflessione su quello che sarebbe stato il loro impatto ambientale.

La contaminazione

La contaminazione da idrocarburi può avere diverse cause, tutte legate alle attività specifiche svolte nel sito in oggetto: è sufficiente che un tubo perda o che si buchi un serbatoio per generare importanti contaminazioni del sottosuolo. La contaminazione migra nel terreno fino a raggiungere la falda acquifera. Una volta raggiunta la falda, l'andamento della contaminazione può dipendere dalla solubilità dei composti sversati come anche dalle caratteristiche di permeabilità del terreno. Gli interventi di bonifica sono volti al ripristino sia del terreno sia della falda acquifera.
Le concentrazioni limite, oltre le quali un terreno è definito contaminato sono fissate dalla legge. Le concentrazioni tollerate possono essere differenti in base alla destinazione d'uso del sito. I limiti tabellari sono infatti meno stringenti se la destinazione d'uso è commerciale/industriale; più rigidi se residenziale.

Tipologie di bonifica

Gli idrocarburi sono i composti principali del petrolio e del gas naturale. Essi sono costituiti da due soli elementi: carbonio ed idrogeno. I composti idrocarburici si differenziano sulla base delle diverse catene che si generano dai legami carbonio-idrogeno. Per i siti contaminati da idrocarburi gli interventi di bonifica possono essere di quattro differenti tipologie: chimici, fisici, termici e biologici. I trattamenti chimici intervengono sul contaminante riducendone la tossicità o la mobilità; i trattamenti fisici sono volti alla separazione del contaminante dalla matrice in cui si trova (il terreno se è solida, la falda acquifera se è liquida). Nel caso del trattamento termico la separazione dell'agente inquinante avviene mediante il desorbimento termico e la volatilizzazione, oppure attraverso distruzione mediante pirolisi, cioè un trattamento ad alte temperature, in ambiente povero di ossigeno, che porta alla decomposizione ed alla volatilizzazione dei composti organici. Un'ulteriore classificazione si basa sul luogo dove avviene il trattamento: in questo caso si distingue tra trattamento in-situ ed ex-situ. Nel primo caso, l'intervento di bonifica avviene direttamente sul luogo esatto della contaminazione; nel secondo caso il terreno viene scavato e rimosso. Il trattamento ex-situ si suddivide ancora in on-site, se esso avviene senza rimuovere il terreno, e off-site se gli impianti di trattamento sono situati altrove, ed è pertanto previsto uno spostamento del terreno anche di molti chilometri.

I trattamenti biologici

Nel dettaglio i trattamenti biologici si basano sulla proliferazione indotta dei microrganismi presenti nel sottosuolo che svolgono un'azione di degradazione dei composti organici. Le colonie batteriche attaccano i composti organici, formati da catene di idrogeno (H) e carbonio (C), che sono per loro fonte di nutrimento. La degradazione degli idrocarburi si basa su una complessa serie di reazioni, che porta a una continua trasformazione dei contaminanti organici e delle colonie batteriche. Le fasi che si susseguono sono sempre differenti tra loro. La reazione principale avviene grazie alla presenza nel terreno di ossigeno e porta alla formazione di molecole di anidride carbonica (CO2) o di acqua (H2O).

Esempi di trattamenti biologici: bioventing e landfarming

Le colonie batteriche sono naturalmente presenti nei terreni. Tuttavia, un freno al loro sviluppo è rappresentato dalla carenza di ossigeno necessario alla reazione con carbonio e idrogeno. Il proliferare delle colonie batteriche dovuto all'abbondanza di sostanza organica prosegue finché un altro elemento necessario per la reazione diventa scarso: l'ossigeno. L'attività microbica si riduce, quindi, in funzione del decremento delle concentrazioni di ossigeno. In queste condizioni vi sono due tipi di trattamento efficaci: il bioventing e il landfarming. Il bioventing avviene in-situ e consiste nel nutrire le colonie batteriche fornendo loro ossigeno - e in alcuni casi nutrienti minerali - stimolando in questo modo l'azione degradativa dei microbi. Operativamente il bioventing consiste nell'insuflaggio di aria nel terreno contaminato mediante una soffiante fuori terra collegata a lance conficcate nel suolo. Il bioventing è, a oggi, una delle tecnologie di bonifica più utilizzate, si caratterizza per i moderati costi di realizzazione, un impatto ambientale molto basso e la possibilità di essere inserito anche all'interno di siti ancora attivi.
Un'altra tecnologia molto diffusa in Italia è il landfarming, un trattamento on-site. Il terreno contaminato viene scavato e steso su uno strato drenante all'interno di una vasca resa impermeabile. L'obiettivo è quello di fornire le condizioni ideali per la proliferazione delle colonie batteriche garantendo nutrimento (mediante fertilizzanti utilizzati anche in agricoltura), massima ossigenazione (tramite frequenti mescolamenti) e una umidità ottimale per i processi biodegradativi. Un vincolo per l'impiego del landfarming è la disponibilità di aree sufficientemente ampie per ospitare le vasche di trattamento. In alcuni casi la possibilità di applicare questi trattamenti si è scontrata con il malcontento delle popolazioni che vivevano nelle aree limitrofe, a causa del cattivo odore generato.

Scelta delle tipologie di bonifica

I fattori che guidano la selezione delle tipologie di bonifica sono legati al genere di contaminante; alle caratteristiche del terreno contaminato; al contesto nel quale si opera; allo spazio disponibile per movimentazione e trattamento del terreno; e, infine, a considerazioni di tipo economico. Il valore di un sito pre e post bonifica può variare notevolmente: le attività di costruzione possono avere inizio solo una volta ottenuta la certificazione di avvenuta bonifica, quindi anche il fattore temporale connesso alle tempistiche di consegna delle aree gioca un ruolo determinante per la scelta della tecnologia. In ultimo va considerato il forte impatto che talune tecnologie di bonifica hanno sulle popolazioni che vivono in prossimità del sito da riqualificare.
Tra le opzioni ancora troppo diffuse per la bonifica c'è la possibilità di trasferire (ex-situ) il terreno contaminato in discariche. Si tratta di un'ipotesi sempre allettante in quanto permette di accelerare i tempi della bonifica - i trattamenti biologici hanno infatti tempistiche non facilmente prevedibili, in quanto legate a fenomeni naturali. L'ipotesi discarica permette inoltre di minimizzare i disagi creati agli abitanti che vivono in prossimità dell'intervento. Spesso, infatti, l'ipotesi di utilizzare on-site un trattamento quale il desorbimento termico o il già citato landfarming provoca una forte diffidenza nella popolazione, questo nonostante l'estrema efficacia del trattamento e l'impatto ambientale assolutamente sostenibile dell'opera. Senza contare che il trasporto in discarica rappresenta un mero spostamento della contaminazione, e quindi del problema, in realtà preferire la soluzione discarica equivale a perdere grandi opportunità: di sperimentazione, studio, sviluppo di una scienza che ha ancora ampissimi margini di crescita.

Vista ex raffinerie Agip Vista cantiere nuova Fiera di Milano Fiera: i padiglioni Ex raffinerie: vasche di decantazione Ex raffinerie
Ex raffinerie: ciminiere Bonifica: perforazione terreno per sondaggi Bonifica: raccolta diversificata materiali Bonifica: inizio demolizioni Bonifica: estrazione delle condotte sotterranee