Opinioni – I designer prestano sempre più attenzione alla sostenibilità dei materiali

Quando i viaggi di lavoro e di piacere mi tengono lontano per più tempo da Milano, al mio ritorno mi piace riguardare le fotografie fatte agli oggetti, alle nostre quotidianità, all'usare in modo diverso oggetti nati per altri utilizzi e funzioni, e ciò che mi stupisce sempre è come le superfici, la pelle delle cose cambi e sia in continua trasformazione a seconda dell'ispirazione del designer, delle logiche produttive delle aziende, della localizzazione e reperibilità delle materie prime, e dell'appeal che il progetto vanta nei confronti dei consumatori.

L'importanza dei materiali
La merce cambia pelle nel tempo: ferro, plastica, legno, cemento hanno modificato le forme, i concetti per cui sono nati, e l'uso. Questo vale sia per l'architettura che per il design, per la moda e per l'arte. Rileggendo alcuni aforismi che molto tempo addietro alcuni dei più grandi progettisti mi avevano segnalato, in modo particolare c'è una riflessione che ho sempre trovato emblematica e per certi versi ancora attuale, quella di Piero Gatti: “Il design è il maquillage del superfluo”.
Quando progetto, e spesso vado a cercare riferimenti sui libri, nei miei appunti, nel mio archivio fotografico, sulle riviste, trovo che effettivamente esistono in commercio oggetti che hanno le stesse forme con lo stesso utilizzo, e dove il cambiamento consiste solo nell'uso di un materiale diverso: questo mi fa riflettere se ciò è ancora una valenza del design. O forse, in tutti i campi in cui il design è protagonista si dovrebbe invece usare la tecnologia e la pelle delle cose con caratteristiche particolari attente alla ecosostenibilità, al riciclo e a una coscienza etica nell'uso delle risorse?

La pelle delle cose
E' corretto produrre mobili di alto design, ma riciclabili e con una superficie intelligente, come ad esempio poltrone in legno naturale realizzate attraverso una gestione intelligente delle foreste, oppure lampade eoliche o lavatrici 'smart'. Lo stesso Philippe Starck, creativo che tutti conosciamo, con una passione per gli oggetti d'uso quotidiano, durante un incontro di poco tempo fa' mi disse: “Mi scuso per tutta la spazzatura che ho creato in questi anni con i miei prodotti inutili. Adesso sono stufo del design, e voglio fare altro”. E naturalmente con la velocità di un camaleonte, che cambia pelle per mimetizzarsi, lo stesso Starck si è inventato subito Eolienne, prodotto da Pramac, un piccolo generatore eolico da montare sul tetto della casa per ridurre (fino all'80%) il fabbisogno energetico tradizionale. Anche in questo caso la superficie, la pelle è particolare e di nuova generazione. Forse, e faccio un azzardo, il design sostenibile che comporta il cambiamento della pelle delle cose, ha a che fare con tutto: risorse, uso, ciclo di vita del prodotto, comportamenti, ricchezza, lavoro, cultura e ambiente. In molti pensano che la questione si limiti ai materiali e al loro smaltimento; in realtà molti prodotti usandoli fanno danni irreparabili non avendo pensato a monte di dotarli di una superficie tecnologica, intelligente, più attenta ai nuovi cambiamenti climatici, e soprattutto con un atout ormai imprescindibile, l'Ecodesign, che coniuga eccellenti contenuti formali e funzionali, sia in termini di sobrietà estetica, che nell'uso dei materiali e delle loro superfici.

L'attenzione verso la sostenibilità
Anche Matteo Thun, eco-pensatore e architetto dei nostri tempi racconta, da tempi non sospetti, che ama lasciare nell'ambiente un'impronta leggera, che la sua nuova filosofia di progetto è l'Ecotecture (ecology, economy, architecture), sottraendo e semplificando per giungere a una riduzione del fabbisogno energetico e alternando materiali e superfici più adatte ad ogni progetto e oggetto. I fratelli Campana, dall'altra parte del mondo, hanno fatto scuola con la loro bella poltrona fatta con i legni riciclati della favelas Rocina a Rio, peccato poi che il progetto sia stato replicato in modo industriale perdendo in qualche modo la sua vera identità. (poltrona Favela, prodotta da Edra ). Dulcis in fundo anche la stilista coreana Christina Kim con base a Los Angeles, fondatrice del marchio Dosa (dal soprannome della madre che in coreano significa saggia) continua a produrre una collezione di abiti eco-friendly riciclando bottiglie di plastica, lattine di alluminio e quant'altro. Forse alla luce di queste soluzioni mi piace pensare alla pelle delle cose che varia e che si differenzia perché i progetti di recycling saranno i protagonisti dei prossimi scenari delle merci in tutto il mondo.
 

*docente presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano