Analisi – La produzione di marmi e pietre può crescere ancora molto, a patto di assicurare nuove infrastrutture, più investimenti e maggiore rappresentanza associativa

La crisi del 2009, sebbene di forte impatto, in primo luogo psicologico, non deve far dimenticare che l'espansione lapidea mondiale, testimoniata dal suo andamento storico, ha manifestato una tendenza positiva notevolmente superiore a quella dell'intero sistema economico, perché non ha avuto soluzioni di continuità.
Dal 1995 in poi, il trend positivo è stato costante, pur con alcune oscillazioni fisiologiche del tasso di sviluppo: anche gli eventi di maggiore rilevanza potenzialmente negativa, come gli attentati alle Torri di New York e al Pentagono, o la guerra del Golfo, non hanno avuto apprezzabili conseguenze sulla produzione lapidea mondiale, sui consumi e sull'interscambio.

È stato detto che il marmo è materiale di pace, e l'affermazione è certamente vera; ma si può aggiungere che ha dimostrato di saper superare meglio d'altri l'impatto di qualsiasi turbativa, se non altro perché può contare su un mercato universale, munito di solide tradizioni.
Ciò suffraga l'ipotesi di una prosecuzione dello sviluppo in tempi indefiniti, ben oltre il raddoppio della produzione e degli impieghi attuali, già ipotizzato per il 2015: non a caso, si è calcolato che dieci anni più tardi (quando la popolazione mondiale, secondo le proiezioni Onu, avrà superato i nove miliardi di persone), il consumo dovrebbe superare i cinque miliardi di metri quadrati; un obiettivo che oggi appare ambizioso, ma che è pur sempre inferiore agli attuali livelli produttivi e distributivi della ceramica.

Occorre, però, affrontare i problemi che, qualora non fossero risolti, renderebbero impossibile il raggiungimento di questi obiettivi: dotazione d'infrastrutture funzionali, collocamento e valorizzazione degli scarti, finanziamento degli investimenti necessari a incrementare produzioni e utilizzi, qualificazione professionale. Occorre prendere conoscenza matura del carattere strategico di questo settore, già riconosciuto in India, ma anche in taluni Paesi minori, dove è stato assimilato a quello dei materiali di prima categoria, prodotti nelle miniere. Non è una differenza di poco conto, perché la classificazione superiore sottintende il riconoscimento di normative più garantiste.

Il lapideo deve risolvere problemi di grande rilievo, ma può contare sull'ampiezza di riserve in pratica inesauribili (in Turchia è stato calcolato che quelle già accertate consentono la prosecuzione dell'attività estrattiva ai volumi attuali per almeno sette millenni), sulla relativa dipendenza dal fattore energetico, e ora, anche sulla funzione propulsiva delle Fiere. Molto resta da fare in campo associativo, dove marmi e pietre scontano le conseguenze di una parcellizzazione aziendale largamente superiore alla media (in Italia l'occupazione media è di cinque addetti per unità produttiva, ma le condizioni sono analoghe in diversi Paesi sviluppati), e soprattutto, della mancanza di organizzazioni internazionali che possano assumere i problemi comuni e sollecitarne le soluzioni.
La ridotta dimensione delle aziende può assumere taluni valori positivi, perché promuove un impegno imprenditoriale diretto, mette a frutto le doti di creatività e fantasia che gli sono state sempre riconosciute e rende concreto il dialogo con i produttori di tecnologie e, soprattutto, con la clientela, da cui scaturiscono collaborazioni costruttive di comune interesse.