fotografia – Tratto dal numero 226 di CE International, l'articolo dedicato alle emozioni generate dalla fotografia.

Quante volte guardando l'immagine di un prodotto in una pagina pubblicitaria, in un catalogo o in un sito internet ci siamo emozionati, in positivo o in negativo?

Quante volte ci siamo limitati a definire la stessa immagine bella o brutta, curiosa o esplicativa, accattivante o indifferente e così via?


L'impatto emotivo che subiamo da una fotografia, infatti, deriva dalla qualità progettuale che le sta a monte: con quanta consapevolezza sia stata elaborata nelle direttrici visive e negli elementi evocativi che la compongono, liberandosi dal condizionamento dell'ormai semplicistico "mostro quello che vendo". La comunicazione visiva è una disciplina complessa fatta di segni, punti di osservazione, inquadrature, angoli prospettici, luci, costruzioni ottiche, trama, regia, ma soprattutto è un'installazione tridimensionale che viene restituita attraverso un'immagine bidimensionale.
Ovvero si tratta sempre di una costruzione scenica realizzata in studio con prodotti reali, fotografata e poi restituita graficamente come punto di vista unico e monodirezionale. Tutta la storia del prodotto, così, deve svelarsi nella staticità di una riproduzione. Un passaggio che agli art director attenti non deve mai sfuggire, ricordandosi che una fotografia non è la visione del prodotto, ma l'interpretazione del prodotto stesso. Per fare un esempio: una fotografia di una persona, che sia fatta casualmente o in studio, non è la persona, ma l'interpretazione della stessa, infatti difficilmente ci si riconosce in essa.
Il progetto di un'immagine segue quindi alcuni passaggi che possono essere più o meno determinati nella sua buona riuscita. Dalla definizione della storia che si vuole raccontare alle emozioni da suscitare, dalle suggestioni ai messaggi indiretti, il percorso costruttivo dell'immagine deve passare attraverso il linguaggio visivo più efficace per quel determinato tipo di prodotto e di target d'utente.
Quest'ultimo in particolare varia in funzione del suo grado di attenzione e non in base al livello culturale, in quanto oggi la cultura dell'immagine è trasversale e appartiene più all'esperienza quotidiana individuale che al grado di riconoscimento scolastico.
L'utente osservatore è quindi un soggetto che deve essere colpito e messo in condizione di ricordare uno scatto fotografico e di conseguenza un prodotto.
Per essere più chiari il cervello è strutturato per dimenticare e non per ricordare, si pensi a quante immagini si guardano durante la giornata e quante se ne ricordano, sicuramente poche in proporzione alla quantità che passa di fronte ai nostri occhi.
Allora diventano importanti la trama, l'intreccio, il colpo di scena, la costruzione dell'emozione attraverso luci, ombre, complementi e prodotto da comunicare, perché tutto si svolga come se fosse vero, come se ci appartenesse, in forma di desiderio o realtà. Anche questo è progetto e non improvvisazione artistica: sia chiaro non si stanno mettendo in scena delle installazioni con pretese universali, ma dei progetti di disegno industriale. Se analizziamo un'immagine nella sua componente di riproducibilità, ci si accorge che verrà prodotta in innumerevoli copie e sarà usufruita da almeno altrettante persone, e questo è progetto industriale e non velleità artistica di chi effettua lo scatto.
Potremmo sostenere ora che questa parte della disciplina si intrecci, a maggior ragione, con il marketing, ma al tempo stesso abbia la necessità di una buona dose di immaginazione, quella che appartiene alla componente creativa.
Una emozionalità del fare disegno industriale che appartiene sì ad alcuni soggetti creativi, ma che gli stessi, quando sono dei professionisti, hanno imparato ad assoggettare alla disciplina progettuale. In conclusione si possono creare immagini attraverso le regole di una corretta grammatica visiva e commerciale, ma si devono studiare attraverso un alto grado di immaginazione e progetto, perché il passaggio fondamentale dall'installazione tridimensionale alla fotografia bidimensionale è il nodo in cui il tutto si gioca, in cui l'emozione e la curiosità esplodono in comunicazione o implodono in immagini non comunicative.