(Photo by Axel Tilche Dahl)

L’intervento di riqualificazione dei vecchi magazzini ferroviari di Halle Pajol, localizzati vicino alla Gare de l’Est nel 18ème arrondissement, nel cuore del quartiere La Chapelle a Parigi, è un progetto unico e ambizioso attraverso il quale lo studio JAP Jourda Architectes Paris è riuscito a valorizzare non solo un vecchio edificio, ma contemporaneamente l’intero quartiere, donandogli nuova vitalità e una prospettiva di rinascita sia culturale sia sociale.

(Photo by 11h45)
(Photo by 11h45)

È, infatti, attraverso la rifunzionalizzazione e il recupero di un fabbricato di acciaio appartenente al patrimonio industriale del XIX secolo che l’architetto Françoise Hélène Jourda (una delle prime a occuparsi di bioarchitettura e progettazione ecologica) ha saputo trasformare e rinnovare completamente il quartiere, valorizzando gli aspetti ecologici e il rapporto tra le architetture e i cittadini, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e promuovere la consapevolezza di un’architettura eco-sostenibile.
La struttura originaria del capannone, composta di 18 shed e destinata a deposito delle ferrovie per lo stoccaggio dei pacchi postali, è rimasta per decenni inutilizzata, ma, nonostante ciò, non ha mai smesso di essere abitata, divenendo negli anni un luogo di vita e di creazione artistica.

(Photo by Axel Tilche Dahl)
(Photo by Axel Tilche Dahl)

Quando il Comune di Parigi ha ipotizzato la sua demolizione per la realizzazione di una ZAC (zona a pianificazione concertata), gli abitanti si sono mobilizzati per la conservazione dell’edificio. Fu così che, nel 2007, la Municipalità di Parigi bandì un concorso finalizzato al recupero della vecchia struttura con un programma funzionale rivolto ai bisogni e alle esigenze dei cittadini.
Lo studio JAP si è aggiudicato il primo posto, proponendo il recupero edilizio del manufatto attraverso una soluzione progettuale che conserva lo spirito del luogo. Il progetto non era una riqualificazione di tipo conservativo, che aveva poco interesse per l’assenza di qualità architettonica e costruttiva dell’edificio, ma piuttosto ricercava l’essenza del sito e la sua storia, rispondendo a una pluralità di fattori, non solo di tipo funzionale, ma anche sociali, culturali ed ecologici, diventando così un edificio-manifesto per l’intera città. L’edificio, rispettando il budget del cliente (il Comune di Parigi), soddisfa così le aspettative degli abitanti restituendo alla città uno spazio pubblico e rispettoso dell’ambiente e del paesaggio urbano in cui si inserisce.

La volontà progettuale è stata indirizzata alla ricerca dell’essenza architettonica del vecchio fabbricato attraverso un processo di sottrazione e “pulizia” degli elementi estranei o superflui. Dopo aver “spogliato” l’edificio dai tamponamenti opachi, dai solai e dai muri di calcestruzzo armato, è rimasto solo lo scheletro di acciaio (10 shed rispetto ai 18 della struttura originaria) che ha permesso di valorizzare la vera identità della costruzione, ovvero una tipica architettura legata all’archeologia industriale del passato, con una struttura modulare e ripetitiva.
La maggior parte dei materiali riciclabili (come per esempio le rotaie) e delle macerie provenienti dalle operazioni di demolizione, è stata sgombrata dal sito attraverso i binari esistenti che hanno permesso il caricamento di tutti i detriti su vagoni direttamente in cantiere e il loro trasporto verso idonei impianti di trattamento dei materiali per il loro riciclaggio e/o riutilizzo.

(Photo by 11h45)
(Photo by 11h45)

Dal punto di vista funzionale, il progetto ha sviluppato una risposta concreta al programma richiesto dal bando con l’inserimento di un ostello (il più grande della città di Parigi) con 103 camere per un totale di 330 letti, una sala spettacoli, alcuni negozi, d uffici (rigorosamente riservati a operatori del mondo dell'ecosostenibilità), una biblioteca, un bar, un giardino pubblico coperto con spazi per la sosta e il relax.
Per accogliere il mix funzionale così diversificato, è stato costruito un grande volume compatto, rivestito con doghe di legno di larice non trattato, sotto la copertura della Halle e inserito tra i pilastri dell’ossatura metallica.
Dislocati su 140 metri di lunghezza e 18 di larghezza, l’ostello, i negozi e la sala spettacoli si susseguono sull’asse longitudinale della struttura con una facciata leggermente arretrata dalla prima fila dei pilastri esistenti, mentre gli spazi della biblioteca si inseriscono, per intero, nel volume definito dall’ultimo shed, a nord dell’edificio.
Nel dettaglio, le camere, gli spazi comuni e di servizio dell’ostello occupano gli ultimi due livelli del volume, mentre al piano seminterrato si sviluppano la sala spettacoli, gli spazi di servizio al pubblico e il giardino di inverno; il piano terra è dedicato alle attività commerciali e agli spazi di accoglienza dell’ostello e della biblioteca Vaclav Havel.

(Photo by 11h45)
(Photo by 11h45)
(Photo by 11h45)
(Photo by 11h45)

Dei 10.000 metri quadri dell’intero edificio, ben 8.000 sono riservati al verde pubblico, tra parco urbano, aree gioco e giardini di inverno. Accanto alla ricca biodiversità, per rispondere alle esigenze del quartiere e favorire la socialità, una parte del verde della Halle Pajol è stata riservata a giardini condivisi, dove i cittadini possono coltivare ortaggi o fiori realizzando dei piccoli orti urbani.

(Photo by 11h45)
(Photo by 11h45)

L’architetto Françoise Hélène Jourda e il suo studio si sono posti importanti obiettivi di sviluppo eco-sostenibile per il rinnovato edificio: dalla riduzione dell’energia grigia alla minimizzazione dei consumi e produzione di energia da fonti rinnovabili, fino alla raccolta e al recupero dell’acqua piovana per i sistemi di irrigazione degli spazi a verde, con la conseguente diminuzione dei consumi idrici. Il mix funzionale, un verde pubblico alla portata di tutte le fasce di utenza e le diverse strategie architettoniche e tecnologiche adottate hanno permesso di realizzare un’architettura in grado di innescare relazioni e dinamiche forti per la rivalorizzazione non solo di un edificio ma di un intero quartiere, divenendo un esempio di promozione culturale e di sviluppo sostenibile.

Questo articolo è tratto da Arketipo n.99 - Gennaio/Febbraio 2016 - RECUPERO.
Abbonandoti ad Arketipo potrai leggere l’articolo completo e accedere all’archivio digitale di tutti i numeri dal gennaio 2013 ad oggi. Per abbonarti clicca qui.