Opinioni – Il problema principale è che il messaggio raggiunga effettivamente le persone a cui è indirizzato

Sappiamo che la comunicazione è tale quando è a due vie, ma molto spesso, anche nelle aziende più attente al tema, ci si limita a preoccuparsi dell'informazione, trascurando l'ascolto, il feedback. Inoltre, ci si concentra sul mettere a disposizione, grazie alla molteplicità dei mezzi di comunicazione, le informazioni, lasciando ai singoli il compito di andarsele a reperire … senza preoccuparsi che le informazioni raggiungano effettivamente le persone a cui più sono indirizzate e che vengano comprese nella giusta accezione. Anche io mi limiterò a questa faccia della comunicazione: ciò che è importante è cosa e come comunicare.

Che cosa comunicare
Una volta dissi a un mio capo che bisognava rendere note certe informazioni al fine di evitare che le stesse potessero uscire in modo incontrollato e manipolate, creando confusione e mancanza di fiducia; mi disse che andava bene così: l'importante è che non si potesse dire che quelle informazioni le avessimo diffuse noi! Fantastico! Io ho sempre creduto che si debba diffondere in maniera chiara e trasparente tutte le notizie che non si vuole vengano distorte dal “telefono senza fili” del corridoio. Il problema, a mio avviso, non è quello di tenersi ben nascoste certe informazioni perché queste, in qualche modo, escono sempre dalle torri d'avorio delle camere del potere. Ma escono senza controllo, vengono comprese attraverso chiavi di lettura individuali, interpretate e manipolate e, alla fine, fanno perdere la credibilità del management. Certo, non sempre è facile condividere certe notizie: talvolta ci blocca la convinzione che il conoscerle possa darci più potere - “ipsa scientia potestas est” diceva il filosofo Francis Bacon. Altre volte, in assenza di una chiara visione delle direzioni e delle decisioni, è il timore di far apparire una mancanza di competenza decisionale a convincerci della necessità di riservatezza. In realtà, si tratta di una mancanza di sicurezza che ci spinge a cercarci giustificazioni.

Come comunicare
Infine, come comunicare. Gli strumenti, come già detto, sono oggi molteplici e differenti: da quelli tradizionali (la bacheca, il giornalino, le riunioni, …) a quelli più moderni resi possibili dalle tecnologie informatiche. Il problema, però, non sono gli strumenti, bensì la scelta dello strumento giusto, ma soprattutto, la consapevolezza che la comunicazione raggiunga effettivamente le persone a cui è indirizzata e che queste la comprendano nel modo più corretto. È qui che entra in campo il ruolo determinante del capo, che si deve fare parte attiva nel processo di comunicazione per la verifica che tutti i destinatari della comunicazione la ricevano e la comprendano.

Anche l'ambiente comunica
Un ultimo pensiero va a una forma di comunicazione aziendale, che passa attraverso la qualità dell'ambiente fisico di lavoro. Diverse aziende hanno puntato in maniera significativa sul fatto di mettere a disposizione dei propri collaboratori un ambiente piacevole, confortevole, studiato nei minimi particolari: non si tratta di una mera scelta estetica, effettuata da aziende che mirano al design, all'architettura, come strumento, ancora una volta, di marketing e di proiezione all'esterno dell'immagine aziendale attraverso la ricercatezza e lo stile. Una scelta del genere comunica, piuttosto, un segno dell'attenzione che l'azienda ha verso i propri collaboratori, una cura nella ricerca dell'ambiente di lavoro nel quale le persone possano trovarsi a proprio agio, nella convinzione che questo favorisca, in definitiva, la qualità del lavoro.

Il rischio boomerang
Bisogna stare, però, attenti che questa ricerca del “bello” non si trasformi in un boomerang. Mi è successo di entrare in aziende dove erano stati realizzati progetti architettonici di grande rilievo, ma che le persone non gradivano, perché non sentivano “loro” quell'ambiente. In alcune situazioni, la mia sensazione era che l'ambiente fosse, per quanto bello e ricercato, freddo, impersonale e le persone lo percepivano così. Ricordo di aver detto, in una riunione con un Comitato di Direzione che la loro sede era bellissima, ma mi sembrava di entrare in una camera operatoria, dove tutto era perfettamente al suo posto, non esistevano possibilità di personalizzazione degli uffici: come potevano i collaboratori dell'azienda, convincersi che quando andavano al lavoro entravano in un ambiente caldo ed accogliente? A un Convegno di Great Place To Work, il presidente e fondatore di Technogym, Nerio Alessandri, disse: «Io vorrei che i miei collaboratori prima di entrare in azienda, quando appendono il cappotto, insieme ad esso non lascino fuori dall'ufficio il cuore». Il cuore non si porta in una camera operatoria!


*amministratore di Great Place To Work® Italia