Galleria fotografica – L'architetto Rafael Moneo ha realizzato la nuova struttura del celebre museo madrileno in stile contemporaneo, ma ha anche utilizzato dei richiami alla tradizione progettuale iberica

A distanza di oltre dieci anni dal secondo concorso per il progetto di ampliamento del Museo del Prado di Madrid, e dall'inizio dei lavori, Rafael Moneo ha concluso nel 2007 una delle sue più importanti opere che Re Juan Carlos ha definito, in occasione del discorso di inaugurazione, essere l'orgoglio degli spagnoli, poiché espressione dell'amabile commistione tra antico e moderno, tra neoclassico e contemporaneo. La narrazione del progetto proposta da Moneo ripercorre virtualmente e concettualmente due importanti tappe della storiografia di questo edificio: la testimonianza dell'epoca Borbonica, espressione elegante di classicità dell'edificio di Juan De Villanueva, con quella cinquecentesca del chiostro dell'adiacente convento de Los Jerónimos di origine Asburgica, ricostruito nella delicata fase di cantiere, all'interno del nuovo volume di ampliamento.

Il nuovo edificio
Il Nuovo Prado si colloca alle spalle dell'edificio storico e si formalizza, denunciando la propria presenza urbana, in un cubo stereometrico di mattoni, collegato alle sale esistenti mediante un articolato sistema di spazi e funzioni interrate; di fatto l'immagine del Prado pare non aver subito modifiche ma nella sostanza la sua rifunzionalizzazione propone un nuovo uso dello spazio urbano, una variata visione della città e della parte tergale del Museo. Lo spazio di connessione tra il museo e la nuova addizione si traduce in una terrazza-giardino costituita da diversi parterre, disegnati mediante siepi di bossi geometricamente tagliate e panche in pietra con percorsi che riconducono assialmente verso l'abside di Villanueva.
Il nuovo edificio ed il terrazzo si sostanziano nella presenza urbana lungo Calle Casado de Alisal così come su Ruiz Alarcón, divenendo parte di un assieme la cui coralità è garantita dalla sapiente convivenza che Moneo stabilisce tra sistema consolidato della città e il disegno dello spazio aperto.

L'ingresso rinnovato
Il nuovo ingresso al Museo è posizionato davanti alla Puerta de Los Jerónimos e immette direttamente nel «vestibulo» un ambiente di disimpegno, lunghissimo e leggermente in salita, che si chiude sul fondo con una finestra quadrata aperta sull'Orto Botanico di Madrid: è chiara la citazione e l' omaggio a Velázquez, che nel riquadro sul fondo richiama la porta aperta sullo sfondo “de Las Meninas”. Il foyer di ingresso contiene i servizi principali del museo come l'auditorium da 400 posti, la caffetteria, il ristorante e la libreria sopra alla sala principale di climatizzazione del piano interrato. La struttura di questo spazio, che deve coprire grandi luci e sopportare il peso di un tetto, e del giardino pubblico si compone di un portico metallico formato da travi di sezione variabile e pilastri con luci fino a 15 metri. Nel vestibolo, il visitatore può scegliere di visitare le collezioni storiche del Prado, o recarsi nel nuovo volume cubo dove sono allestite le mostre temporanee. La cerniera svolta da questo collegamento tra il nuovo e il vecchio edificio è assolto da due passaggi coperti con pensiline leggere che immettono direttamente nella cosiddetta “Basilica” di forma emiciclica che ospita le statue delle muse provenienti da Villa Adriana di Tivoli.

Il recupero del vecchio Prado
L'ampliamento incrementa il Museo di circa il cinquanta per cento delle superfici, per un totale complessivo di circa 44.000mq, e consente di collocare le innumerevoli collezioni e le decine di capolavori, che per anni sono state dimenticate nei magazzini, in sale tecnologicamente sofisticate, dove si trovano oltre ai laboratori per la conservazione anche, gli uffici e le sale delle stampe. Intorno al chiostro dell'adiacente chiesa de Los Jerónimos, Moneo ha realizzato un edificio in mattoni rossi, uguali a quelli del vecchio Prado, con un portale di bronzo modellato da Cristina Iglesias. Il cubo è scandito da quattro piani inondati dalla luce zenitale, mentre l'antico cortile, che diventa il grande catalizzatore della luce naturale, viene ricostruito mediante la tecnica dell'anastilosi pietra per pietra, e rimontato nel suo originario splendore ad una nuova quota. Dopo una prima fase di minuzioso rilievo e attento smontaggio dei blocchi di granito che componevano le quattro facciate del “claustro” del XVII secolo, nella migliore tradizione del lavoro di Moneo, si sono recuperati gli stemmi inquartati di Castiglia e Aragona che ci indicano che il luogo era di fondazione reale. Nel cubo di mattoni le sale per le mostre temporanee, sono illuminate da un luce naturale proiettata dal lucernario posto in sommità, fino al basamento del piano terra, attraverso una corte vetrata che attraversa tutti i livelli, mentre quattro colonne poste agli angoli della grande sala di colore rosso pompeiano sostengono l'intero edificio.