Le grandi coperture

Testo di Enrico Sicignano
 
'Per architettura si deve intendere lo sforzo di armonizzare con liberta e con grande audacia l'ambiente con l'uomo, cioè rendere il mondo delle cose una proiezione diretta del mondo dello spirito' (A. Sant'Elia)
 
E' dalla remota antichità che l'uomo nel realizzare vasti ambienti destinati ad ospitare moltitudini e masse per funzioni richiedenti spazi adeguati per riti religiosi, assemblee di natura politico-amministrativa o attività commerciali, ha dovuto cimentarsi con grandi strutture. Esse per quell'epoca, e considerando il modesto livello tecnologico, si proponevano come veri e propri eventi straordinari. L'esperienza costruttiva denunciò la debolezza della pietra naturale alle sollecitazioni flessionali quando veniva posta in opera a coprire luci in posizione rettilinea sospesa. Con l'utilizzazione della pseudo-cupola ' a parte le esperienze micenee, è da ricordare la tomba di Casal Marittimo, splendido esempio etrusco dove, cautelata da un pilastro sorreggente la chiave, si avviarono i primi tentativi italici per  la costruzione di volte ' bisogna citare l'abilità dei costruttori mesopotamici nel voltare grandi spazi, forse il ricordo delle grandi cavità naturali che suggerivano la possibilità di realizzare altrettanti esempi  artificialmente. L'arco di Ctesifonte, imponente sala delle udienze, alta 26 m, facente parte del Palazzo Bianco fatto costruire da Cosroe I re dei Parti, è un mirabile esempio di grande copertura in muratura.

Con l'avvento della civiltà romana, la volta e la cupola, a parte l'arditezza delle luci, si proposero come spazi di grande valore architettonico. Il calcestruzzo ebbe un considerevole impiego nella costruzione delle grandi coperture romane: esso fu ottenuto grazie al concorso della pozzolana, un cemento naturale; solo in sporadici casi si utilizzava la pietra da taglio. Un insolito esempio di copertura fu quello della tomba di Teodorico, a Ravenna, un unico monolite, conformato a coppa, copre l'edificio. Il Tempio di Diana a Baia, il Pantheon a Roma, alleggeriscono l'enorme volume delle corrispondenti cupole impiegando diverse qualità di materiali disposti a strati sovrapposti. Dal Pantheon (il cui diametro di base raggiunge i 43,20m) a Santa Costanza fino a Santa Sofia di Costantinopoli, la tecnica costruttiva romana raggiunse impensabili risultati soprattutto  in considerazione dei modesti mezzi di cantiere. In genere, il principio costruttivo era l'alleggerimento progressivo dei componenti la struttura dove la parte inferiore della cupola era composta da calcestruzzo con conci di tufo mentre quella superiore da leggere scorie vulcaniche o pietra pomice. Allo scopo di realizzare grandi cupole su sottostanti organismi incapaci di sopportarle, i romani utilizzarono i vasi laterizi il cui compito era quello di alleggerire i rinfianchi delle volte. Un esempio è rintracciabile nelle Terme Stabiane di Pompei, dove per le coperture vennero adoperate anfore e tubi disposti su di un piano, in corrispondenza dei reni delle cupole. In seguito il sistema strutturale dei laterizi cavi si diffuse durante l'età paleocristiana. Un esempio notevole è offerto dalla copertura della chiesa di San Vitale a Ravenna. Successivamente, la tecnica costruttiva bizantina adoperò, ingegnosamente, per la costruzione delle cupole, elementi fittili vascolari che disposti in serie formano tanti anelli concentrici di scarso peso specifico.

Il Medioevo abbandonò l'uso della copertura realizzata con tecnica cementizia, pietra o laterizi. Furono le strutture in legno le reali protagoniste delle grandi coperture con il sistema architravato. Esempi di rilievo si ebbero in molte città italiane come Padova e Vicenza dove negli arengari la tipologia della copertura si rifaceva alle carenature delle navi. L'architettura gotica ripropose l'uso delle coperture in pietra, realizzate sul principio di differenziare la struttura portante rispetto a quella portata riservando a questa il compito delle chiusure di tamponamento. Un guscio formato da costoloni veniva coperto con sottili vele murarie; nei piani verticali venivano aperte alte e slanciate finestre cromaticamente vetrate. Coperture arditissime, per l'uso della pietra, e di grande pregio architettonico si ebbero in Inghilterra, come per la cattedrale di Wells,  con l'intrecciarsi di eleganti rivestimenti decorativi. Fu Filippo Brunelleschi (partendo dalla lezione di Arnolfo di Cambio) a rinnovare la tradizione, in maniera personalissima, con la copertura di Santa Maria del Fiore, a Firenze, una doppia cupola a padiglione, a pianta ottagonale (generata dalla intersezione di quattro cilindri ellittici). Più tardi, nella basilica di San Pietro a Roma, per la copertura dell'intersezione della navata principale con il transetto, fu adottata una doppia cupola circolare, generata dalla rotazione intorno all'asse verticale di un solido a sagoma costante. La struttura è costituita da costoloni di altezza e larghezza variabili. 

Nei secoli successivi si generano altri capolavori di architettura per merito di Francesco Borromini, con Sant'Ivo alla Sapienza, a Roma, e di Guarino Guarini con la Cappella della Santa Sindone a Torino. Nel diciannovesimo secolo si ebbe la svolta costruttiva nel campo della grande copertura. I presupposti furono diversi e contemplarono l'affrancamento di quei progettisti e costruttori che consideravano la struttura l'elemento principale dell'edificio rispetto a quelli che la ritenevano solo un'ossatura da rivestire con le forme dell'architettura classicista. Questa separazione ebbe benefici effetti in quanto preparò la strada verso una nuova concezione dell'architettura spoglia da un lessico obsoleto, libera e solo relazionata ad un sistema costruttivo esso stesso divenuto architettura, svincolato dalle regole accademiche. Ad essa si contrappose la sconcertata reazione degli architetti conservatori che si rifugiarono nello storicismo per difendere una tradizione secolare. Gli stessi ingegneri, d'altro canto, con timidezza elaborarono le nuove  strutture mascherandole con stilemi storicisti. La colonna in ghisa, seppure ridotta di sezione rispetto ad una in muratura della stessa capacità portante, si conformò come quella classica con un basamento a calice rovesciato ed un capitello debitamente dimensionato. Alle sollecitazioni per un maggiore impiego del ferro ad opera di Viollet Le Duc (Cfr.: Entretiens sur l'architecture), corrisposero i risultati di grande eleganza architettonica con Henry Labrouste nella Biblioteca di Sainte Genevieve a Parigi.

Nel diciannovesimo secolo l'utilizzazione del ferro raggiunse una considerevole importanza e ciò grazie alla eccezionale possibilità del materiale stesso di resistere ad ogni tipo di sollecitazione, al suo elevato modulo elastico ed alle sue caratteristiche tecnologiche in ordine alla trafilatura, alla laminatura, alla duttilità di lavorazione e di impiego. Con la produzione industriale dei componenti ferrosi, il progetto edilizio ed architettonico non può non tenere conto delle nuove modalità costruttive, rispetto a quelle tradizionali. Con la previsione degli elementi occorrenti offerti dalla produzione seriale, è possibile programmare il loro coordinamento modulare, le relative fasi operative, gli assemblaggi. Le inusuali proporzioni di forme insolitamente snelle e slanciate delle strutture in ferro conferirono un diverso aspetto alle forme dell'architettura ottocentesca, suscitando una nuova più curiosa ed avvertita sensibilità estetica. La caratteristica della struttura metallica risiede nella capacità di concentrare gli sforzi nei punti maggiormente sollecitati,  come ad esempio negli appoggi, con la possibilità di ridurre al minimo le sezioni reagenti. L'uso del vetro, che già dai primi anni del Settecento veniva utilizzato per proteggere le luci di grandi finestre, specialmente nelle grandi serre, ebbe una crescente e sempre maggiore importanza nei processi costruttivi. 
Con l'Ottocento, il vetro ebbe una rapida diffusione anche per merito di Joseph Paxton che realizzò, nel 1834, a Chatsworth, una serra ad unico spiovente, munita di scanalature per finestre scorrevoli. In seguito, ardite gallerie vetrate copriranno passaggi pedonali, luoghi per incontri sociali e serre. Lo stesso dicasi anche per gli edifici pubblici, le industrie, i mercati coperti, le stazioni, le fabbriche, che impiegarono nella copertura telai vetrati per permettere la diffusione della luce naturale e del calore solare. Il progetto per il Palazzo di Cristallo venne concepito tenendo conto di una unità modulare costituita da una lastra di vetro, avente la lunghezza di quattro piedi (le massime dimensioni di allora erano dettate dall'industria vetraria). Il grande edificio costituiva un insieme di piccole unità prefabbricate, con impiego di cornici in legno curvato e travi in traliccio di ferro su cui poggiavano le lastre. In particolare, la galleria era coperta da una volta a botte con intelaiatura in legno. Ne risultava una spazialità determinata dalla ripetizione degli elementi costruttivi che distinguevano la sezione trasversale. Il particolare processo costruttivo, ossia un sistema totale che dalla concezione passa alla fabbricazione dei componenti, il loro trasporto verso i siti, la costruzione ed infine la possibilità dello smontaggio finale, sono alcune tra le più significative novità introdotte dalla realizzazione di questo progetto. Un sistema altamente flessibile dei componenti con montaggio sistematico. La comune impressione che destava la fabbrica era di grande leggerezza e trasparenza formale. 'Era il primo edificio di quelle dimensioni costruito in vetro e ferro, e sopra una struttura di travi di ferro fuso e laminato, accuratamente imbullonati. Le possibilità latenti nella moderna civiltà industriale non hanno più trovato, da allora, un'espressione altrettanto chiara.  Fu riconosciuto fin dal suo tempo che questa sintesi di legno, ferro e vetro (') aveva risvegliato nuove forme fantastiche, che sorgevano direttamente dallo spirito dell'epoca'[1].
Progettato in soli otto giorni e costruito in appena otto mesi per la grande Esposizione londinese del 1851, il Crystal Palace costituisce emblematicamente   la prima grande fabbrica di taglio moderno, anticipatrice dell'architettura del XX secolo ( Cfr.: scheda Paxton ). La realizzazione in serie, privilegiante l'asse longitudinale, conferiva agli edifici, come il Palazzo di Cristallo, il carattere di megastrutture a dimensione variabile. La concezione del sistema costruttivo, dominio incontrastato dell'ingegneria, permetteva la creazione di edifici, leggibili nella loro essenza tettonica, per la semplicità della conformazione, per l'assenza di prospetti enfatici, individuabili peraltro nella sezione tipo, dalla leggibilità dell'interno consentita dalle superfici vetrate.

Le grandi Esposizioni Universali, che si susseguirono numerose nell'Ottocento, si avvalsero della copertura vetrata in risposta alle esigenze della divulgazione tecnologica. Con l'applicazione di sofisticate strutture metalliche si diffusero le possibilità offerte dalla prefabbricazione, normalizzazione e standardizzazione dei profilati in ferro e ghisa. Il connubio ferro-vetro si impose per la leggerezza, la trasportabilità, la modularità, la facilità di montaggio dei suoi componenti permettendo la possibilità di coprire grandi luci con la massima illuminazione. Lo sviluppo della tecnica strutturale ferro-vetro andò progressivamente delineandosi con le esperienze compiute nella copertura delle gallerie e delle Esposizioni Universali che si susseguirono a partire dalla seconda metà dell'Ottocento principalmente a Parigi. Nel 1855 la Galerie des Machines disponeva di una copertura con luce di circa cinquanta metri, impiegando, per la prima volta, travi di ferro a traliccio, sbalordendo i visitatori per l'accecante luce della volta vetrata. Con la successiva rassegna  espositiva, del 1867, si ebbero una serie di gallerie affiancate, secondo una disposizione ad anfiteatro, che da quella interna aumentavano di altezza fino a raggiungere, per quella esterna, una quota al colmo di 25 metri per 36 metri di larghezza. Per evitare l'uso di catene visibili all'interno, i pilastri proseguivano oltre l'imposta della volta per raccordarsi all'esterno. Conformazione singolare ebbe la copertura della Galerie, con l'Esposizione del 1878, poiché rassomigliava nella forma allo scafo di una nave capovolta.  La struttura impiegava una particolare trave composta capace di resistere agli sforzi agenti senza l'ausilio di catene. Tuttavia, una copertura dalla portata veramente sbalorditiva venne messa in opera, sempre a Parigi, nel 1889. 'Le dimensioni della galleria superavano tutto quanto si era visto fino allora. (') La sua struttura si componeva di venti travi. La sua lunghezza era di quattrocentoventi metri. Grandi pareti a vetri ne chiudevano i fianchi. (')  Scendendo, i travi si assottigliano con progressione crescente, tanto che sembrano toccare appena il terreno; salendo si allargano e aumentano di peso e di forza. Le proporzioni normali sembrano essere esattamente invertite. Questi travi a triplice articolazione urtano, anzi distruggono, il senso della statica tradizionale, riguardo ai rapporti razionali fra carico e sostegno. Allungati come mensole di straordinario aggetto, i travi rappresentano in ogni loro parte l'energia. Non resta niente della statica architettura  in pietra della volta a botte. . Una nuova forma di energia che penetra lo spazio ' altrettanto nuova di quanto lo fosse quella realizzata nella cupola del Borromini ' era stata creata'[2].

Note
[1] S. Giedion, Spazio, Tempo ed Architettura, Milano, 1964, pp. 242-243.
[2] Ibidem, pp. 260-261.
 

Pantheon, Roma, vista esterna

Pantheon, Roma, vista esterna

Pantheon, Roma, vista interna

Pantheon, Roma, vista interna

Pantheon, Roma, maquette

Pantheon, Roma, maquette

Santa Sofia, Costantinopoli

Santa Sofia, Costantinopoli

Duomo di Orvieto

Duomo di Orvieto

Duomo di Siena

Duomo di Siena

Cupola di S. Maria del Fiore, Firenze, 1402-36, F. Brunelleschi

Cupola di S. Maria del Fiore, Firenze, 1402-36, F. Brunelleschi

S. Ivo alla Sapienza, Roma

S. Ivo alla Sapienza, Roma

Cappella Sacra Sindone, Torino

Cappella Sacra Sindone, Torino

Serra a Chatsworth

Serra a Chatsworth

Galerie des Machines

Galerie des Machines

Galerie des Machines, Parigi

Galerie des Machines, Parigi

Galleria Umberto I, Napoli, 1887-1891, E. Rocco

Galleria Umberto I, Napoli, 1887-1891, E. Rocco

Biblioteca Nazionale, Parigi, 1854-75, H. Labrouste

Biblioteca Nazionale, Parigi, 1854-75, H. Labrouste