musei – La nuova ala del Museo, disegnata dall'architetto francese Odile Decq, invita a camminare e a scoprire i grandi volumi irregolari, riempiti di oggetti, anch'essi irregolari.

E' difficile con l'occhio percepire la forma esatta dell'involucro. Sembra non avere confini. Non si capisce bene dove sia il soffitto, quali siano le pareti. Angoli a non finire, sopra, sotto, di lato, e vetro, tanto vetro che da ogni parte porta dentro il museo la vecchia Roma e il cielo, che sembra un quadro in continuo movimento. Nel grande Foyer una selva di piloni di cemento imbrigliati dal ferro, poi enormi travi di metallo con i bulloni a vista, tutto rigorosamente nero. E ancora tubi, cavi e reti di acciaio satinato. Nero, rosso, bianco gli unici tre colori che tirannicamente colorano lo spazio. Lontanamente il tutto ricorda una discoteca anni settanta. Un intreccio di passerelle sospese invita il visitatore a scoprire la struttura da un punto di vista privilegiato, in quota.  Al centro della nera sala asimmetrica del Foyer, il masso rosso della sala convegni, la prima donna della struttura. Nuovamente una forma irregolare, come ogni elemento del sito. Il grande sasso accoglie il visitatore sia al suo interno che sopra. Nella sala interna il rosso acceso, lucido, mette di buon umore e meglio fa sopportare eventuali convegni dal tema noioso. Geniale la seduta delle file. Un'unica panca per fila (con i braccioli a scomparsa) che permette di accogliere un numero di uditori variabile.  La sommità del masso è "scavata" e contiene una terrazza interna al Foyer. Un panca lungo tutto il perimetro permette di ammirare comodamente seduti l'opera di turno posta al centro. La sala espositiva principale è enorme (1500 mq con un'altezza variabile dai 4 agli 8 metri, l'altra più piccola è di 500 mq ed è alta 4 metri) ed è bianca, tutta bianca, anche il pavimento.  L'atmosfera al suo interno è ieratica, solenne. In un lato una serra di piante dalla forma che ricorda un po' l'Ara Pacis è un omaggio alla vita.  Lo shopping dal bancone rosso fuoco, ha tante cose particolari, compreso un Mao Tzetung di cera, con lo stoppino in testa.  Il Bar e il ristorante dialogano con la strada attraverso grandi vetrate e le sedioline dai colori vivaci ricordano una mensa scolastica. La terrazza che ricopre tutta la struttura ha piani irregolari, si sale e si scende di continuo, circondati dai palazzi del primo novecento. Una scala che scende dalla terrazza ed un'altra che sale dal Foyer collegano la nuova ala alla vecchia formando un unico corpo pronto ad accogliere e a intrattenere chi decide di passare le sue ore in questo bel sito.

Appunti della giornata

"Emozione", non ha trovato altre parole il direttore del museo, Luca Massimo Barbero, per descrivere quello che ha provato in questo giorno. "Cosa vuol fare di questo museo direttore?". "Aprirlo alla città". Così ha ricordato Barbero di aver risposto al tempo del cantiere, all'allora sindaco di Roma. Aprire alla città un museo con iniziative sempre nuove, ma in questo caso aprire anche i suoi spazi affinché diventino una piazza aperta al quartiere e ai cittadini. Senza biglietto si potrà girare nelle parti libere, si pagherà solo per vedere le mostre. Appassionato il direttore ha invitato tutti a guardare il museo come si guarda ad una culla, con lo stesso amore che si prova verso un figlio piccolo e soprattutto con la stessa dedizione per la sua cura e la sua crescita. Il messaggio, se pur poetico, è chiaro. Impegno e dedizione saranno necessari per coronare una grande ambizione, fare di Roma una delle capitali dell'arte contemporanea.

Note sul progetto

L'opera è inserita nell'ex fabbrica Peroni del quartiere Nomentano-Trieste e fa parte del complesso museale comunale che comprende anche il Mattatoio e la Pelanda.
Il progetto per la nuova ala è costato circa 20 milioni di euro e si prevede che il mantenimento di tutto il complesso museale costerà circa 8 milioni di euro l'anno. Allo scopo le autorità hanno pensato ad una nuova forma di gestione e di finanziamento. Verrà creata allo scopo una Fondazione, per attirare e organizzare anche fondi privati (Enel ed Unicredit sono già degli sponsor) affinché il museo possa contare su più fonti certe di finanziamento.