NUOVI LAICI LOMBARDI
Gianluca Gelmini


 

Tutto  il materiale realtivo all'esposizione d'Architettura LABORATORIO ITALIA 2005 è presentato all'interno del portale www.floornature.it

Sarebbe riduttivo definire i nuovi laici autodidatti, questi giovani architetti hanno frequentato l'Università scegliendo però una visione più distaccata rispetto ai limitati orizzonti che hanno segnato molte delle scuole italiane tra gli anni '80 e '90.
Ciò non significa praticare l'architettura secondo un atteggiamento irrazionale o soggettivo. Laico è chi cerca di interrogarsi sul senso delle cose senza l'aiuto di protesi teoretiche, senza traduzioni simultanee in "lingua", rifuggendo da qualsiasi forma di pensiero cristallizzato.
La riflessione è compiuta sul testo originale, il luogo e il tema di progetto, perseguendo un'ostinata ricerca della verità.
Al centro si colloca il rapporto tra architettura e ricerca, e la consapevolezza che ciò che conta non è tanto verificare dei principi dottrinali, quanto saper cogliere le necessità imposte da ogni singola occasione. Laicità è allora sinonimo di curiosità, di scoperta, di ingenuità, aspetti indispensabili per affrontare senza pregiudizi i problemi posti dalla committenza sia essa pubblica o privata.
I laici di Lombardia sono molti. In questa sede si è voluto operare una selezione cercando di raccontare, attraverso l'architettura, le molteplici sfaccettature di una figura emergente di progettista impegnato.
Tredici studi, ventuno architetti provenienti dall'intero territorio regionale, dal capoluogo come dalle province più periferiche. Un gruppo di età compresa tra i 35 e i 45 anni, legati da molte esperienze comuni vissute negli anni della formazione: la frequentazione del Politecnico milanese, la scelta, negli anni dell'Università, di intraprendere un programma di studi all'estero tra penisola Iberica (Barcellona, Porto, Lisbona) e nord Europa (Olanda, Germania).
Il ritorno in Italia spinti dal desiderio di costruire al più presto un proprio studio, anche se di dimensioni contenute, per poter praticare l'architettura dal vero, per progettare nuovi luoghi dell'abitare. E poi di nuovo al Politecnico come docenti a contratto nei laboratori di progettazione, convinti che tra professione e insegnamento sia più semplice riconoscere le reciproche dipendenze piuttosto che tracciare un limite preciso tra riflessione aulica e mestiere.
Non si tratta di architetti sconosciuti, molti di loro negli ultimi anni hanno trovato spazio su libri e riviste nazionali e internazionali.
Paolo Belloni ed Elena Brazis vivono e lavorano a Bergamo. La dimensione del loro fare si misura nel forte radicamento con il territorio, gran parte delle opere sono costruite tra la città e la provincia. Alla professione affiancano l'impegno nella promozione e diffusione di attività culturali. Belloni ha fondato con altri amici architetti Archiforum, associazione che opera in modo trasversale tra l'arte e l'architettura.
Carlo Nozza è un bergamasco che per molti anni ha lavorato nello studio di Souto de Mora, collaborando ad importanti progetti tra cui la realizzazione dello stadio di Braga. Nozza, da poco rientrato in Italia, è un architetto profondamente impregnato dal sale dell'oceano portoghese. Le sue architetture ne conservano l'accento.
Emilio Caravatti, vive e lavora a Monza, ma con la testa e il corpo spesso varca orizzonti lontani, coniugando l'attività professionale con un preciso impegno sociale, mirato alla realizzazione di progetti di collaborazione e sviluppo nei paesi dell'Africa occidentale.
Andrea Liverani ed Enrico Molteni hanno studio a Milano, negli ultimi anni hanno lavorato a molti progetti per la Brianza. Nel 2000 hanno vinto il concorso per il municipio di Seregno, attualmente in costruzione, un progetto ambizioso realizzato con l'architetto portoghese Alcino Soutinho.
Luciano Giorgi e Lili Bonforte vivono e lavorano a Pavia, i loro progetti riguardano l'architettura e il design. La ricerca sui materiali, indagati nel potere evocativo e sensoriale, rappresentano il filo rosso della loro architettura. Con l'edificio Aler di Legnano hanno dimostrato la possibilità di costruire edifici di qualità pur avendo a disposizione dei budget limitati.
Nicola Braghieri, si divide tra Milano, Genova e Zurigo, si definisce, in modo provocatorio, un architetto "profondamente ateo e abbastanza vecchio. Ateo perché non crede nell'esistenza di un'idea perfetta. Vecchio perché gli riesce difficile capire molte delle cose che si fanno oggi. Braghieri ha il pregio di essere estremamente lucido nelle sue riflessioni, egli rappresenta la nuova generazione di professori che speriamo continuino a coniugare la concretezza esecutiva del mestiere con la riflessione colta.
Le architetture di Enrico Cerasi, Stefano Guidarini e Pierluigi Salvadeo rappresentano una sorta di viaggio tra l'esperienza dell'architettura razionalista milanese del Dopoguerra e le più recenti sperimentazioni nord europee sul tema della casa e dell'edificio pubblico. Con l'uso di tecniche e materiali appartenenti alla tradizione e l'accostamento di forme semplici, Cerasi da una parte, Guidarini e Salvadeo dall'altra, dimostrano l'esistenza di un modo di fare architettura al di fuori delle mode e delle tendenze.
Alessandro Scandurra, milanese, negli ultimi anni ha realizzato interessanti allestimenti per rappresentazioni, mostre ed eventi alla Triennale e al Salone del Mobile, dimostrando come anche attraverso l'effimero sia possibile fare architettura. Con Umberto Riva è impegnato in alcuni grandi cantieri italiani.
Claudia Bigi e Fabio Della Torre fanno gli architetti in Valtellina, vivono e lavorano a Morbegno, hanno costruito importanti opere pubbliche a cavallo del secolo in una fase decisamente positiva per la vitalità culturale della valle, riuscendo nell'arduo tentativo di proporre nuova architettura in contesti densamente stratificati dalla storia.
I bresciani sono un caso a se stante. Città e provincia presentano elementi di forte dinamicità economica e un'apertura politica e culturale che negli ultimi anni hanno favorito lo sviluppo di una nuova qualità urbana, innescando un processo di riconoscimento reciproco e di confronto tra un gruppo d'architetti impegnati nella comune ricerca di nuovi valori per l'architettura. Lo studio azero (Paolo Mestriner, Paolo Pedrali, Alessandro Rossini), Rinaldo Ciravolo, Paolo Greppi e Pierluigi Bianchetti sono alcuni esponenti di questo fenomeno architettonico bresciano. Il loro approccio al progetto si fonda su un bagaglio di conoscenze e riflessioni fatte in altri paesi, che ora cercano di radicare nel territorio d'appartenenza.
I nuovi laici di Lombardia sono architetti vicini per formazione ed esperienze professionali, e tuttavia così profondamente diversi nel vivere la condizione di laicità che in modo più o meno consapevole condividono. Un fatto sicuramente li unisce: la consapevolezza che l'architettura non sia il fine ma il mezzo per costruire nuova qualità per abitare e interpretare i luoghi.