Opera House a Sydney

JORG UTZON - OVE ARUP, OPERA HOUSE, SYDNEY (1957/1973)

Testo di Enrico Sicignano
 
Complessa e tormentata è la vicenda della realizzazione di quest'opera che ha inizio con l'aggiudicazione del concorso, nel 1957, a Jorg Utzon, per completarsi, nel 1973, con l'inaugurazione. L'elemento decisionale che orienta la giuria a favore di Utzon, architetto danese, è il sistema delle vele di copertura del complesso teatrale, una serie di cuffie, che attraggono per l'impronta incisiva che assumerà, a lavori ultimati, la baia di Sydney. 'Sono tre ventagli di gusci bianchi a forma di unghia, innestati su un ciclopico zoccolo di pietra che ospita le due sale, l'una accanto all'altra'. L'edificio è, difatti, composto di tre parti, relativamente indipendenti, che comprendono il basamento, il sistema delle vele e gli involucri di chiusura delle sale (auditorium, teatro). In un primo momento i gusci di Utzon appaiono (in sede esecutiva) come veri e propri rompicapi, differenziandosi per la forma complessa e la geometria indefinita rispetto alle storiche tipologie delle coperture classiche.

Il team di ingegneri di Ove Arup, incaricato di dare forma concreta alle strutture della copertura, tende a riproporle con archi a tutto sesto e gusci a doppia curvatura, con pregiudizio dell'immagine costituente l'elemento decisionale del progetto. Difatti, la geometria dei gusci, precisata nel 1958, da Utzon con il Red Book, è basata sulla parabola, con nervature ricoperte da un semplice rivestimento di cemento armato. In seguito, i gusci parabolici divengono due sottili vele di cemento distanti circa 1,2 metri, unite da una rete metallica. Tuttavia, sottoposte a test si osserva, nella struttura, un aumento imprecisato dei carichi sulle fondazioni. Dopo una serie di proposte, tra cui quella con i gusci 'costituiti da costoloni in cemento a sezione triangolare, che si aprono a ventaglio a partire dalla base di ogni guscio e si riuniscono su una trave di colmo descrivendo una porzione di ellisse e di cerchio' Utzon suggerisce 'che le superfici di tutti i gusci siano estratte da una stessa sfera virtuale'[1]. Questa decisione, riportata in un documento, lo Yellow Book, semplifica enormemente l'attività di cantiere evitando l'uso di disparati moduli dovuti alla eterogeneità delle superfici. Rafael Moneo che si è occupato di questa ennesima versione, come assistente, racconta: 'Utzon aveva cominciato a costruire bellissimi modelli. Essi mostravano che la sfera conteneva forme simili a quelle che aveva disegnato per i gusci. Dal momento che ero piuttosto bravo in geometria descrittiva, dovevo calcolare la collocazione in proiezione di tutti i gusci nella sfera teorica'[2].

Le volte a conchiglia appaiono come triangoli bombati, sorretti da fasci di costoloni accostati l'uno accanto all'altro e ricoperti da pannelli piastrellati in diagonale. Utzon realizzò numerosi modellini per rappresentare efficacemente l'ennesima soluzione. Il più interessante fu ''una calotta di legno, prelevata da una sfera, tagliata lungo meridiani come un'arancia a spicchi. Il taglio dà luogo a quattro solidi bianchi che raffigurano lo spazio interno dei quattro semigusci dell'auditorium maggiore; le loro superfici in vista rappresentano le pareti da costruire. Ogni superficie convessa rimanda a quella immediatamente più piccola, aumentata di un arco: la più grande contiene virtualmente tutte le altre. Un secondo modello mostra che ogni semiguscio è una somma di nervature, tutte identiche. Ognuna di esse si scompone in segmenti, di uguale lunghezza ma di sezione variabile, poiché i costoloni si svasano da un'estremità all'altra, da terra verso il cielo. I pannelli piastrellati, in forma di capriate, sposano la stessa geometria dei segmenti che ricoprono, e costituiscono anch'essi delle serie. La sistematizzazione della forma delle coperture significa dunque che i loro componenti sono modulari e che potranno essere prefabbricati a stampo'[3]. Abbandonata l'idea dei gusci a favore delle volte, Utzon scelse, dunque, il metodo costruttivo del montaggio di elementi geometrici prefabbricati - doghe cementizie formanti scocche a valva - accantonando, pertanto, la ricerca tecnologica pura per sostenere il sistema standardizzato, dominato dalla legge dei moduli e dell'assemblaggio.
 
Note 
[1] F. Fromonot, Jorn Utzon ' architetto della Sydney Opera House, Milano, 1988, p. 83.
[2] Ibidem, p. 85.
[3] Ibidem, p. 87.

Fonte testo
F. Fromonot, Jorn Utzon ' architetto della Sydney Opera House, Milano, 1988.

Vista della copertura in costruzione

Vista della copertura in costruzione

Particolare della copertura

Particolare della copertura

Fase della costruzione

Fase della costruzione