Ospedale San Giovanni  

Località Piazza San Giovanni in Laterano, Roma,
Italia
Cliente Azienda Ospedaliera San Giovanni
Addolorata
Progettisti Paolo Portoghesi; F. Pontoriero
(progetto preliminario)
Collaboratori B. Castagna, M.
Checchi, M. Di Giorgio, C. Di Stefano, M. Ercadi, S. Labriola, G. Mancarella, C.
Panarese, G. Pellegrini, F. Tonnarini
Consulenti S.
Colalucci (restoration and paintings); U. De Martinis (technical plants); P.
Liverani (archeology and topography); F. Marzullo (consolidation e renovation);
G. Pezzotta (geology); M. Pisani (history of
architecture)
Realizzazione 1997 > 1999
Costo
complessivo
Euro 5.702.603

Le vicende storiche del complesso ospedaliero di S. Giovanni e delle aree su
cui insiste ne fanno senza dubbio uno dei luoghi urbani di Roma in cui più
chiaramente si avverte la caratteristica precipua della sua identità di "città
eterna". Si tratta infatti di un vero e proprio palinsesto vivente che nei suoi
strati sovrapposti documenta una continuità significativa di interventi
edilizi.
Tali interventi corrispondono, nell'alternarsi di periodi di
floridità e di crisi, alla storia di una città che ha visto passare - come ha
scritto Calvino - "catastrofi e medioevi, ha visto stirpi diverse succedersi
nelle sue case... cambiare le sue case pietra per pietra", sapendo però
ritrovare "al momento giusto i suoi déi". Poter restaurare la parte più antica
di tale complesso, in occasione di un Giubileo particolarissimo come quello del
2000, che segna il passaggio dal secondo al terzo millennio, costituisce quindi
un'occasione preziosa per "far parlare" il palinsesto, per metterne in rilievo i
diversi strati, così da renderlo godibile nella sua complessità e leggibile in
ogni sua parte e sottolineandone il carattere assunto, a partire dall'inizio del
secondo millennio, come pubblica istituzione volta alla cura degli infermi e
quindi all'esercizio della Charitas. Il compito specificamente assegnato
all'intervento di recupero e di restauro, consiste nella riattivazione delle
corsie dell'Ospedale del SS. Salvatore, di quella dell'Ospedale delle Donne e di
una serie di locali annessi tra cui la veneranda chiesetta di S. Andrea. Pur
trattandosi di una fase parziale di un più ampio programma di valorizzazione è
di grande rilevanza la possibilità di rendere pienamente fruibili dai romani, e
dai pellegrini giunti a Roma per il Giubileo, spazi monumentali di notevole
qualità architettonica che rappresentano la fase finale e conclusiva di un
processo edilizio durato più di mille anni (dall'ospizio di S. Andrea voluto dal
papa Onofrio I (625-638) alla costruzione dell'Ospedale delle Donne per opera di
Giovanni Antonio De Rossi (1655). La metodologia applicata nella progettazione
tiene conto delle più attuali tendenze nel campo del restauro e prevede il
ripristino di quelle caratteristiche dei grandi ambienti originari che sono
essenziali per la comprensione della intuizione estetica che guidò i due
architetti responsabili della loro configurazione: G. B. Mola e G. Antonio De
Rossi. L'ambiente della Sala Mazzoni è stato liberato di tutte le superfetazioni
recenti, ad eccezione del ballatoio di servizio, con relativa scala di accesso,
destinato all'apertura e chiusura delle finestre. La scelta del materiale e del
disegno per la pavimentazione della sala è stata fatta sulla base del pavimento
originario in cotto e sulla frequenza altissima di pavimenti realizzati in
questo materiale in interventi coevi (Castel S. Angelo, Campidoglio, Oratorio
dei Filippini, ecc.), sempre usando due sfumature di colore. Il disegno in
particolare deriva da quello adottato da Borromini nel restauro della vicina
basilica Lateranense, ma presente anche in S. Lorenzo in Lucina, in S. Maria in
via Lata, ecc. La valorizzazione del carattere architettonico della sala Folchi
è affidata dal progetto al contrasto tra la tinteggiatura delle pareti e della
volta, dalla valorizzazione della porta di accesso alla chiesa di S. Andrea, dal
ruolo unificante e dinamico della nuova pavimentazione e dalla semplicità degli
arredi previsti in legno naturale chiaro e stoffe operate di colori pastello
studiati per il rafforzamento dell'effetto di prospettiva aerea. Per l'Ospedale
delle Donne il programma prevedeva la necessità di realizzare una scala esterna
di sicurezza, posta in corrispondenza dell'asse di simmetria trasversale della
sala S. Maria. La scala ha il carattere di una torre con struttura metallica
evidente, rafforzata da quattro pilastri angolari in mattoni che stabiliscano un
rapporto con la parte inferiore della facciata del De Rossi, rimasta priva di
intonaco, dove è ben visibile la muratura, tipica del seicento romano.
Nell'ambito del restauro delle facciate dell'Ospedale delle Donne si è posto il
problema della riapertura del portico di accesso "con sei pilastri" chiaramente
descritto in un documento coevo alla costruzione e sottoscritto dall'architetto
Giovanni Antonio De Rossi. Il sintagma originario, composto da una serie di
arcate inserite nella intelaiatura di un ordine architettonico, è rievocato con
il montaggio di putrelle che fungono da pilastri e da architrave.

Testo tratto dalla relazione di progetto di Paolo Portoghesi
Estratto da
Materia n°49

Vedi i dettagli
costruttivi e tecnologici della copertura

Pianta piano terra, Ospedale delle Donne
Pianta piano terra, Ospedale SS. Salvatore