Ota-ku Resort Complex  

Località Chiisagata-gun, Nagano, Giappone
Progettazione Toyo Ito & Associates, architects
Progetto 1995
Realizzazione 1998
Ingegneria strutturale Sasaki Structural Consultants - Hanawa Structural Engineers, Co., Ltd
Impianti Tetens Engineering, Co., Ltd
Superficie lotto 18 ha
Superficie costruita 9.419 m2
Superficie utile 5.404 m2

L'architettura giapponese contemporanea, almeno nelle sue espressioni più alte, sembra sempre più compatta nell'adesione ad una poetica di contatto con la natura. Le singole esperienze, passando attraverso evidenti distanze linguistiche, sono orientate verso una completa immersione della costruzione nel contesto naturale.
Il complesso di Ota-Ku, nella Prefettura di Nagano, è collocato su un leggero pendio, in un'area situata tra due rilievi importanti, il monte Asamo e il monte Omuro. Questa porzione di terreno, orientata da nord a sud secondo il corso del fiume Chikuma, risulta segnata in modo determinante dalle ampie curvature con le quali i due monti si connettono al fondo valle.
Il tema centrale del progetto di Toyo Ito è quello di un perfetto innesto delle strutture nella morfologia dell'area. Tutto l'impianto planimetrico dispone gli elementi del progetto (un grande edificio, un ponte, una passeggiata e un campo sportivo) secondo una curva suggerita dalla stessa conformazione del sito. Ogni cosa concorre ad assecondare completamente la natura del luogo e l'intera struttura è stata pensata affinché anche lo scavo di sbancamento fosse il più ridotto possibile.
L'edificio principale è una struttura polifunzionale che contiene alloggi e attrezzature didattiche: i primi sono dedicati agli abitanti di Ota-Ku, mentre le seconde servono le attività pomeridiane della scuola superiore locale. L'operazione nel suo complesso si muove nel tentativo di contrastare un fenomeno sociale tanto diffuso quanto preoccupante: la separazione sempre più evidente tra le differenti attività della vita urbana e il conseguente distacco dalla natura. Lo stretto rapporto con il paesaggio, che da sempre rappresenta uno dei tratti caratteristici della cultura nipponica, si sta perdendo a causa della lacerazione dei rapporti sociali.
L'opera di Ito si colloca proprio in questo passaggio.
Alcune sue recenti dichiarazioni confermano il ruolo centrale che lui attribuisce al "fluttuare ed al mutare delle situazioni". Compito primario dell'architetto è quello di intervenire nei confronti della realtà, del presente, che necessariamente è molto più avanti dell'architettura.
Allo stesso modo, anche la vita di chi ne fruisce ha già superato i presupposti che hanno generato l'architettura stessa.
Ulteriore testimonianza di questo corpus concettuale è la convinzione dell'inadeguatezza del termine "funzione" in quanto legata alla definizione di un modello che in passato poteva trovare una giustificazione, ma che nel mondo attuale risulta del tutto insufficiente. Il carattere effimero della contemporaneità costringe ad una continua revisione dei modelli.
L'architettura nasce (o dovrebbe nascere) da un confronto di esperienze ed "il solo linguaggio è quello della sensibilità". È quindi la sensibilità del singolo autore che consente di tradurre in costruzione l'insieme dei dati raccolti dalla realtà, attraverso un sistema empirico. Le parole scritte da John Dewey nel 1925 nel suo "Experience and Nature": "l'esperienza comprende i sogni, la pazzia, la malattia, la morte, il lavoro, la guerra, la confusione, l'ambiguità e l'errore; comprende i sistemi trascendentali come quelli empirici, la magia e la superstizione come la scienza", sembrano valere ancora oggi di fronte ad una realtà sempre più frammentata e vasta, nella quale, a dispetto della progressiva specializzazione, le discipline si intersecano per poi separarsi rapidamente. La città ed il paesaggio modificano il proprio aspetto senza soluzione di continuità e l'apparato scenografico della commedia umana è un cantiere aperto.
La questione non è, come lo era per Leibniz, stabilire se questo sia il migliore dei mondi possibili, ma agire gradualmente affinché l'architettura rifletta la realtà nel suo divenire. Se l'architetto svolge il proprio ruolo sinceramente ed onestamente, il mondo ne gioverà.
Il complesso di Ota-Ku nasce dall'osservazione dell'ambiente circostante inteso nei suoi termini più ampi. I volumi fuori terra sono trattati con leggerezza estrema, ad un livello tale da giustificare l'espressione blurring architecture, architettura sfocata, che fu coniata in occasione di una mostra monografica tenutasi ad Anversa nei primi mesi del 2000. L'involucro si smaterializza nel fondale naturale quasi fino a scomparire.
Gli spazi collettivi occupano la zona centrale dell'edificio principale, mentre gli alloggi sono disposti, quasi tutti al piano terra, lungo le ali del grande arco. Gli spazi abitati godono in questo modo di una maggiore protezione dal rumore e dagli sbalzi termici, in quanto il piano inferiore è costruito in calcestruzzo. La struttura si eleva poi in un sistema di acciaio e vetro affinché la luce possa penetrare completamente le aree destinate alle aule, ai ristoranti, le sale per conferenze e banchetti e tutti gli spazi collettivi.
Il basamento in cemento del piano terra è coperto da un telaio d'acciaio a forma di "U" che costituisce la struttura vera e propria. Il calcestruzzo agisce sull'insieme statico in modo ausiliario al fine di contrastare l'azione destabilizzante di carichi accidentali dovuti all'azione del vento, sforzi di compressione interni alla struttura ed eventi sismici (non rari in Giappone).
L'edificio principale si innesta nel paesaggio grazie alla sua grande copertura in pannelli grecati, la cui deformazione lungo i tre assi consente di seguire i leggeri passaggi di quota.
I materiali per i tamponamenti laterali sono alternativamente pannelli in alluminio e vetro.
Le differenti esigenze di certi spazi prevedono l'innesto di sistemi frangisole per dosare la luce che entra nell'edificio ed aumentare l'effetto di compenetrazione tra interno ed esterno, tra artificio e natura.

Testo di Jacopo Maria Giagnoni
Estratto da Materia n. 37

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