Sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 2167/2015

Dopo la “febbre” di fine secolo scorso e di inizio nuovo millennio, il settore immobiliare – specie nell’hinterland milanese e nelle province – è ancora in stato semi-comatoso.
Il risparmio fiscale  (50% e 65% della spesa che lo stato restituisce sotto forma di detrazione fiscale, in pratica anziché pagare le tasse ti consento di spendere gli stessi soldi per ridurre il consumo energetico della tua abitazione con vari interventi). non sembra essere sufficiente: nemmeno di fronte ad un “regalo” fiscale statale importante gli interventi si muovono.
il tema delle semplificazioni procedurali di cui tanto si parla per stimolare gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio è davvero importante e decisivo, forse persino vitale per impedire che lo stato semi-comatoso del patrimonio immobiliare si trasformi irreversibilmente in stato cadaverico, occorre – quindi - un deciso salto di mentalità che – purtroppo – molte amministrazioni comunali faticano a compiere.
Se la pianificazione  dei centri edificati, appare  governata da regole complicate  che non incentivano in alcun modo gli investimenti, mentre si è poco attenti a nuovi strumenti di intervento che – finalmente – il legislatore comincia a rendere disponibili.
Mi riferisco in particolare al permesso edilizio in deroga introdotto dall’art. 14 comma 1 del DPR 380/2001 (modificato nel 2014) che consente anche modifiche di destinazione d’uso di edifici in contrasto con il PGT purchè venga attestato l’interesse pubblico dell’intervento.
Che i permessi in deroga possano essere rilasciati anche a soggetti privati per interventi di interesse collettivo è tema già risolto dal tempo dalla giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, sez. V n° 4518 del 05.09.2014, idem TAR Lombardia sez. II n° 417 del 07.02.2014), ciò del resto costituisce esplicazione del principio di sussidiarietà ex art. 118 della Costituzione.
Ora con questa nuova regola introdotta nel 2014 si consentono anche interventi ad hoc, per certi versi chirurgici, per consentire insediamenti che il piano di governo del territorio non ammette, sulla base di una valutazione discrezionale del Consiglio Comunale relativa all’esistenza di un pubblico interesse.
Ma come definire questo concetto di pubblico interesse?
Certamente non confondendolo con il concetto di pubblica utilità o di pubblico servizio, che riguardano la normativa in tema di opere pubbliche o di servizi pubblici.
Per comprendere meglio questo concetto di “interesse pubblico” molto importante si appalesa il caso risolto dal Consiglio di Stato sez. V con la sentenza 2761/2015 relativo ad un permesso edilizio in deroga rilasciato per consentire la trasformazione di un magazzino abbandonato sul Canal Grande (il c.d. Fondaco dei Tedeschi, sottoposto anche al vincolo storico-artistico della Soprintendenza) in spazio commerciale fruibile.
Nelle motivazioni della sentenza si enunciano questi importanti principi:
a) non è necessario che l’interesse pubblico attenga al carattere pubblico dell’edificio o del suo utilizzo, ma è sufficiente che coincida con gli effetti benefici per la collettività che dalla deroga potenzialmente derivano, in una logica di ponderazione e contemperamento calibrata sulle specificità del caso, ed esulante da considerazioni meramente finanziarie
b) il sacrifico delle previsioni pianificatorie e dell’ordine in essere precostituito – consistente nella modifica di destinazione d’uso ed in un modestissimo incremento dell’altezza con conseguente incremento volumetrico, ferma la salvaguardia dei valori monumentali e paesaggistici – ha un peso comparativamente minimo rispetto ai miglioramenti che ne derivano in relazione ad una serie di concorrenti interessi pubblici pure affidati alla cura dell’autorità amministrativa locale (recupero, accessibilità, fruibilità, incremento occupazionale, etc.).
Non occorre aggiungere altro.
Certamente ogni situazione andrà verificata caso per caso, ma non si può certo dire che il tanto vituperato legislatore (e come visto anche la giurisprudenza) non abbia offerto maggiori spazi di manovra e procedure accelerate per consentire di riqualificare e rinnovare il patrimonio edilizio esistente (e spesso fatiscente), anche in una logica di aperta flessibilità funzionale che rinnovi i nostri centri abitati.
A questo punto la responsabilità è tutta delle amministrazioni comunali, non vi sono piu’ alibi di sorta.
Se si è rilasciato un legittimo permesso in deroga di questa portata trasformativa sul Canal Grande a Venezia, sarà davvero difficile sostenere che non si possa applicare in altri contesti di minor pregio.
Minori timidezze, please.