europarlamento24 – Europa e Cina hanno raggiunto l'accordo sui dazi antidumping.

Il braccio di ferro tra Europa e Cina sui pannelli solari si è trasformato in una stretta di mano. Difficile tuttavia riconoscere il reale vincitore dopo le ultime intense settimane di trattative, culminate nell'accordo annunciato dal commissario Ue per il Commercio, Karel De Gucht: una "soluzione amichevole" che entrambi i contendenti stavano cercando, con l'introduzione di un prezzo minimo cui le imprese cinesi dovranno vendere i loro prodotti fotovoltaici nel Vecchio Continente.

Secondo De Gucht, questa misura «stabilizzerà il mercato europeo del solare e rimuoverà il danno causato alle industrie europee dalle pratiche di dumping».
La Commissione europea, lo ricordiamo, ha svolto un'indagine sulle attività commerciali scorrette svolte dal Paese del Dragone nel settore fotovoltaico. Il dumping appunto, per vendere sottocosto i pannelli grazie ai sussidi elargiti da Pechino alle sue aziende; così Bruxelles ha deciso d'imporre dazi provvisori dell'11,8% sul valore dei moduli importati, in procinto di salire al 46,7% in media dal 6 agosto prossimo.

Un provvedimento non esente da rischi però: il Governo cinese aveva minacciato ritorsioni in altri comparti industriali (il vino europeo, per esempio).

In virtù dell'accordo raggiunto, il prezzo minimo dei pannelli esportati dalla Cina sarà pari a 56 centesimi di euro/Watt.
Le aziende che accetteranno la proposta saranno quindi esentate dalle tariffe protezioniste, che continueranno a valere per i prodotti solari esportati senza rispettare la soglia minima dei 56 centesimi.

Bruxelles è convinta di ridare equilibrio al mercato continentale del solare con questo livello di prezzo "sostenibile".
La pensa un po' diversamente il Comitato Ifi, l'associazione che riunisce oltre il 90% dei produttori italiani di pannelli fotovoltaici.
Come ha commentato il suo presidente, Alessandro Cremonesi, l'accordo deve conseguire un solo obiettivo: rimuovere gli effetti negativi del dumping cinese (concorrenza sleale, chiusura di aziende europee, perdita di posti di lavoro).

Secondo Cremonesi, però, la Commissione europea si è fatta persuadere dalle spinte politiche di alcuni Paesi (la Germania soprattutto) che temevano le possibili vendette commerciali della Cina. Così ogni Paese "forte" che vorrà operare commercialmente in Europa «saprà che c'è un'Europa più debole dal punto di vista negoziale, che accetterà anche compromessi in aperta violazione delle proprie norme e dei propri regolamenti».
Bruxelles dovrà quindi vigilare attentamente sull'accordo, non solo sulla corretta applicazione dei prezzi minimi, ma anche, sostiene il Comitato Ifi, sulle "pratiche elusive" attuate già nei mesi scorsi dalle imprese cinesi, come la contraffazione di documenti di trasporto e l'emissione di fatture gonfiate.