PVC - tecniche di produzione

Testo di Luciano Cannas

Il cloruro di polivinile - PVC - è stato scoperto
nel 1872 ed entrò in produzione nel 1936.
Principali componenti del PVC sono
l'etilene derivato, dal petrolio, per il 43 % e il cloro, ricavato per scissione
del Cloruro di sodio, per la parte restante del 57%. Il cloro presente nella
struttura molecolare del PVC ha tra le sue caratteristiche chimico-fisiche la
capacità di interagire con numerose sostanze ed additivi e dar luogo a prodotti
adatti a coprire un'ampia gamma di applicazioni.

Il PVC è dopo il
polietilene il secondo materiale plastico più diffuso al mondo per la produzione
dei beni di consumo ed è utilizzato in diverse forma anche nel campo
dell'edilizia.
Il ciclo di produzione del PVC si può suddividere in quattro
fasi principali.
La prima fase è costituita dalla produzione
del DCE (1,2 Dicloroetano) che si ottiene dalla combinazione di etilene e cloro,
nel processo detto di clorurazione diretta, oppure di etilene e acido cloridrico
- in presenza di ossigeno - nel processo di ossiclorurazione.
Nella
seconda fase del ciclo, il DCE viene inviato a forni di cracking
dove, a una temperatura di 500°C, si decompone in acido cloridrico e CVM. Il
CVM, che è il monomero di base per la produzione del PVC, viene separato
dall'acido cloridrico e dal DCE residuo tramite distillazione, i quali vengono
reimpiegati nel ciclo.
La terza fase del ciclo è costituita
dalla polimerizzazione, ovvero il processo che trasforma il CVM in PVC. La
polimerizzazione è una reazione chimica che avviene all'interno di una autoclave
in sistema a circuito chiuso. Questo sistema consente di effettuare in modo
automatizzato le operazioni di carico del CVM, scarico del PVC, recupero del CVM
che non ha reagito, e lavaggio dell'autoclave.
Nella quarta fase
il PVC viene scaricato automaticamente dall'autoclave e, mediante un
procedimento detto "strippaggio", depurato del CVM residuo, che viene recuperato
e riutilizzato. Il PVC, separato dall'acqua ed essiccato, viene poi setacciato e
trasferito a stoccaggio mediante trasporto pneumatico. A questo punto il PVC
finito, che si presenta sotto forma di polvere bianca, è pronto per essere
confezionato e spedito.

La tecnologia di produzione è stata per decenni
sottoposta a ricerche approfondite per quanto riguarda l'impatto nell'ambiente e
la sicurezza del lavoratore.
I moderni impianti di produzione di PVC
utilizzano sistemi di produzione automatizzati e a ciclo chiuso e integrato.
Questi sistemi permettono il controllo e il recupero dei sottoprodotti e
l'abbattimento delle emissioni inquinanti derivanti dal processo.

Il PVC
si presenta come un materiale versatile e, grazie all'apporto di sostanze
additive, può presentarsi in forma rigida o flessibile. Gli additivi vengono
aggiunti al polimero mediante la compoundizzazione.
L'operazione
avviene in appositi miscelatori e non dà luogo a reazioni chimiche.
Durante
la compoundizzazione, gli additivi penetrano nei pori delle particelle
elementari del polimero (che si comporta un po' come una spugna") rimanendovi
saldamente inglobati: il risultato è una polvere omogenea che, tal quale o
sottoforma di granuli, è pronta per essere trasformata nel manufatto
desiderato.
Gli additivi utilizzati per il PVC sono: i plastificanti,
gli stabilizzanti, i pigmenti per la colorazione e gli additivi
specifici, quali lubrificanti e agenti ritardanti di fiamma.
Si tratta
di sostanze che ne migliorano le caratteristiche fisiche (resistenza a
temperature esterne, durata, solidità, flessibilità) o le proprietà di
trasformazione o la fluidità o, ancora, le caratteristiche estetiche (come il
colore e la resistenza alla luce).

Fonte testo: A. Boeri, Sistemi di
Prefabbricazione
, Ed. Hoepli 2001,
Milano
                 
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