RSA e centro diurno  
Progettista: IPOSTUDIO Architetti Associati (Lucia Celle, Roberto di Giulio, Carlo Terpolilli, Elisabetta Zanasi Gabrielli con Alberto Ronzoni)
Direzione progetto: STS Bologna Eugenio Arbizzani
Strutture: Ivano Biacchi
Impianti: Paolo Ferrari
Direzione lavori: Sergio Perricone
Progetto gestionale: Lidia Goldoni
Committente: Circoscrizione S. Lazzaro Modena est
Data Concorso appalto: 1996
Data Concessione edilizia: ottobre 1997
Data lavori: novembre 1997 - aprile 1999
Destinazione d'uso: Residenza assistenziale per anziani non autosufficienti.
Costo: 6.800.000.000 lire
Superficie coperta: 2.370 mq
Superficie lorda: 4.184 mq
Superficie utile: 3.253 mq
Volume: 14.226 mc
Posti letto: n. 63
Posti centro diurna: n. 16
 
Il carattere e la complessità volumetrica del progetto, finalizzato alla realizzazione di una casa di accoglienza per anziani, rappresenta lo specchio di un pragmatismo compositivo che utilizza l'assemblaggio e l'accostamento di elementi finiti per risolvere il rapporto forma-funzione.
L'intervento, situato nell'orizzontale scenario della pianura è caratterizzato da un sistema di corpi ad 'L' orientati ortogonalmente fra di loro in modo da realizzare una corte quadrata, luogo di vita privata e insieme memoria dell'antico recinto, Il controllo della partitura architettonica risulta conseguentemente organizzato su di una rigorosa maglia geometrica che accomuna pianta e alzato sviluppandosi secondo una sequenza di volumi altimetricamente differenti.
Il principio del montaggio compositivo per elementi autonomi favorisce l'individuazione dei diversi corpi di fabbrica ognuno dei quali è concepito per una specifica funzione. L'area abitativa è concentrata su tre livelli sovrapposti, risultando baricentrica rispetto alle due ali di altezza minore: una adibita ai servizi generali e l'altra alla vita collettiva. La configurazione planimetrica dell'edificio condiziona, ma forse è condizionata, dalle esigenze distributive, poiché l'aggregazione di elementi adiacenti avviene nella continuità dei percorsi e nella riconosciuta leggibilità dei rapporti gerarchici fra le varie attività e destinazioni; la distinzione di queste ultime corrisponde anche ad una ricercata individuazione dei diversi cromatismi degli intonaci, condizione tipica dell'architettura mediterranea dove il colore è utilizzato per esaltare specificità e differenze.
È difficile stabilire, osservando l'edificio costruito, un orientamento privilegiato capace di definire una facciata principale, intesa nell'accezione classica della fronte che mostra l'edificio alla città. Ogni singola visuale è infatti concepita come aggregazione di unità distinte ma riconnesse in modo da individuare, nello spazio interno della corte, una ritrovata unità che si discosta dallo spazio esterno aperto e pubblico, e ancora dallo spazio semi-pubblico del giardino; corte e giardino rappresentano rispettivamente vita privata e pubblica dell'oggetto architettonico, protezione ed emancipazione, radicamento e libera fruizione dei luoghi.
Lo sviluppo prevalentemente longitudinale dei diversi corpi di fabbrica e la loro studiata differenziazione favorisce l'orientamento ed evita l'avvilente smarrimento che potrebbe conseguire dalla permanenza prolungata all'interno di un unico grande spazio, di un unico involucro che certamente non avrebbe interagito con la necessità di trasformare una struttura sanitaria tradizionalmente intesa in residenza protetta.
La suddivisione degli spazi risulta impostata in modo razionale e congruente senza eccessi e senza concessioni calligrafiche superflue, mentre nel disegno delle fronti la razionalità lascia il posto alla memoria o meglio alla nostalgia dell'architettura razionale nella sua più elevata visione rappresentata dall'opera di Terragni. Il riferimento più che esplicito al taglio delle finestre proposte nella casa del Fascio di Como, così come una rilettura critica dei primi schizzi per l'asilo Sant'Elia, descrittivi di un impianto planimetrico complesso ma unitario al tempo stesso, mostrano un 'amarcord' che pur intriso di richiami diretti non sfocia nello storicismo citazionista.
Se è vero, come sosteneva Severini, che ciò che interessa all'architetto 'non è un'epoca piuttosto che un'altra, ma l'invariante di ogni epoca; non gli stili, ma la causa più del risultato , allora è vero anche che nella moltitudine delle possibili citazioni interpretative e stilistiche che possono essere ritrovate in quest'architettura ciò che appare determinante attiene alla proposta di un intelligente modello funzionale e sociale piuttosto che alla risoluzione formale di una ricerca legata al nuovo per il nuovo. ('Area' n° 44 Maggio/Giugno 1999, pag 115/121 Federico Motta Editore)

pianta terzo livello prospetto e sezione particolare della facciata