Selfridges Birmingham  

Località Upper Mall East, Bullring, Birmingham, United Kingdom
Cliente Selfridges & Co
Progettista Future Systems
Gruppo di progetto Søren Aagaard, Nerida Bergin, Sarah Jayne Bowen, Sheema Chauhan, Lida Caharsouli, JulianFlannery, Harvinder Gabhari, Dominic Harris, Nicola Hawkins, Matthew Heywood, Candas Jennings, Jan Kaplicky, Amanda Levete, Iain MacKay, Glenn Moorley, Andrea Morgante, Thorsten Overberg, Angus Pond, Jessica Salt, Severin Soder
Strutture Arup
Imprese di costruzioni Laing O'Rourke
Superficie 25.000 m2
Dimensioni piastra tipo T100 m x 65 m
Altezza 37 m
Quantità di dischi 15.000
Budget £ 60.000.000

Il tema del grande magazzino in architettura si associa ai profondi cambiamenti socio-economici intercorsi durante tutto l'Ottocento a seguito della rivoluzione industriale e dei mutati equilibri sociali. Il concetto della produzione in serie investì infatti il problema della distribuzione, ossia del punto di arrivo delle merci destinate al grande pubblico, che solo più tardi si perfezionò con la strategia del marketing volta a facilitare il rapporto tra consumatore e bene di consumo. Il grande contenitore, all'interno della dinamica dei consumi, fungeva da catalizzatore, restituendo al potenziale acquirente una sorta di mappa sintetica e orientativa dei suoi percorsi di scelta del prodotto. Ciò che in seguito e in maniera più efficace, verrà ripreso dal sistema mediatico e dalle potenti lobby del mercato pubblicitario. Intorno agli anni Sessanta il grande magazzino ha conosciuto una fase di arresto dovuta probabilmente, oltre alla crisi generale del sistema economico industriale, a un ritardo nell'adattamento della sua immagine alla incalzante evoluzione dei sistemi di marketing del prodotto. Il ricorso agli happening o alle manifestazioni di carattere spettacolare hanno avuto lo scopo di riprendere il filo interrotto della comunicazione di massa esplicitando, sopra le righe, la presenza di un tipo di distribuzione alternativa alla sempre più invasiva colonizzazione dei centri commerciali. Tipologia quest'ultima tarata su altri parametri dimensionali e funzionali: la concentrazione di singole unità di vendita all'interno di una vasta area commerciale è stata la risposta più efficace alla crisi dei consumi e l'estrema flessibilità del suo sistema ha contribuito non poco al declino del grande magazzino quale testimonianza di un concetto di vendita e di marketing diventato ormai obsoleto e di difficile gestione. La catena inglese
Selfridges, risorta dopo un lungo periodo di difficoltà finanziarie grazie all'operato del manager italiano Vittorio Radice, nel giro di pochi anni ha incrementato i suoi punti vendita, investendo sul proprio appeal con il coinvolgimento di importanti firme del mondo dell'architettura, tra cui spiccano i nomi di Toyo Ito e del gruppo Future Systems di Jan Kaplicky e Amanda Levete.
Di questi ultimi è la avveniristica realizzazione del progetto di Birmingham, di recente inaugurazione, che, per la scelta delle soluzioni formali, rientra in quel genere di architetture chiaramente anti-conservative, sorto dalle ceneri dell'avanguardia inglese degli anni Sessanta (in particolare dalle proposte ironiche di Peter Cook, sintetizzate nel suo Plug-In-City e recentemente concretizzate nel progetto della nuova Kunsthaus a Graz) e rimbalzato oggi nelle fila di una nouvelle vague ispirata alle teorie sperimentali ed estreme di architetti/intellettuali come Greg Lynn. Future Systems opera pertanto all'interno di modelli formali che intendono sovvertire le regole comuni dell'architettura, di ascendenza vitruviana, per proiettarsi su ambiti di ricerca non necessariamente originali ma che traggono notevole spunto da aree trasversali o apparentemente marginali, saldamente radicate nell'estetica dei nuovi beni di consumo di massa. La scocca di rivestimento in GRP (Glass Reinforced Plastics) degli impianti distributivi interni e la soluzione della pelle esterna, realizzata con rete di acciaio spruzzata con calcestruzzo e finita con uno strato di cemento in pasta colorata blu su cui sono fissati i dischi in alluminio di 60 cm di diametro, sfrutta le potenzialità dei materiali compositi fibrorinforzati per liberare l'architettura dal vincolo del sistema trilitico e assimilarla al design fluido dei prodotti sintetici. Tra le esperienze progettuali dei Future Systems troviamo una singolare collaborazione con la NASA (trattasi del progetto di un tavolo adattabile in ambienti privi di gravità), a testimonianza del loro interesse verso quei temi che non attingono al repertorio tradizionale dell'architettura e delle sue storiche problematiche ma che rispondono, comunque, a esigenze e realtà forse più prossime alla dimensione dell'oggi. Sempre più spesso la percezione quotidiana di oggetti di consumo banali, quali i cellulari, l'automobile, il computer o l'applicazione di modalità operative prestate dal mondo dell'informatica come l'impiego del pattern, penetrano nell'immaginario collettivo e trovano talvolta un felice riscontro nelle operazioni di sintesi condotte dai maestri della figurazione.
Questo è un po' il caso del progetto di Birmingham dove ci troviamo di fronte a un manifesto sconcertante dell'attualità che scandaglia, monumentalizzandolo, il "sistema degli oggetti" (dal titolo di un famoso saggio di Jean Baudrillard) da cui siamo costantemente circondati. Per certi versi è anche questo un modo di rapprestentare la città e il suo vissuto, non più attraverso il rigoroso esame dei suoi processi di evoluzione morfo-tipologica ma con un occhio critico puntato sull'uso sociale dello spazio pubblico.
La forma curvilinea nelle tre dimensioni dell'edificio rende vano ogni tentativo di identificazione dell'oggetto e la sua anonimia ci porta
a una lettura per contrasto (la guglia della chiesa neogotica di St Martin's Square), per associazione (la scocca di rivestimento di un mezzo elettronico o di un motore, o ancora, la veste cangiante nello stile optical anni Sessanta), per sintesi (il pattern decorativo dei 15.000 dischi di alluminio) in cui è impossibile fare quadrato sulla sua definitiva collocazione ontologica. Si tratta di una spazio dinamico, fluido, sfuggente che ricorda un certo gusto della sorpresa tipico delle culture barocche (a questo proposito si legga
l'interessante saggio di Omar Calabrese: "L'età neobarocca" edito dalla Laterza). La stessa collocazione dei quattro ingressi su più livelli, ottenuti grazie alle forti differenze di quota del sito, accentuano il fenomeno della sorpresa e dell'instabilità. È un edificio privo di centri, assi o simmetrie; si apre e si chiude secondo la teoria dello spazio continuo e del nodo di Moebius. Gli unici riferimenti sono parziali e percettivi come una geometria liberata lungo il percorso, in cui, paradossalmente, sono gli stessi prodotti della vendita ad agire da poli semantici.

testo di Filippo Nicotra
Estratto da Materia n. 43

Informazioni
Strutture, impianti e facciate Arup
Geometra Boyden + Co.
Direzione lavori Faithful + Gould
Vetrate Haran Glass
Rivestimento 5M
Dischi James + Taylor
Pannelli d'acciaio inossidabile Baris/Jordan
Cemento a spruzzo Shotcrete
GRP/GRG Diespeker
M&E Haden Young

Vedi i dettagli costruttivi e tecnologici della facciata
Vedi i dettagli costruttivi e tecnologici della balaustra interna

Prospetto
Sezione longitudinale Schizzo di progetto Pianta del ponte pedonale Sezione del ponte pedonale