Tetti in pietra

Il buon funzionamento della copertura in pietra (in granito o in ardesia) è affidato più alla pendenza delle falde che all'impermeabilità dei componenti. L'inclinazione deve essere infatti superiore a un angolo minimo variabile in base ai materiali impiegati e tale da consentire il deflusso delle acque meteoriche in modo veloce e continuo senza ostacoli o punti di ristagno. La misura della sovrapposizione tra gli elementi di copertura dipende in gran parte dalla pendenza del tetto e varia secondo le regioni e le zone climatiche. I fattori geometrici e la forma del tetto vanno calcolati sopratutto in base alla tipologia di copertura scelta e alle condizioni ambientali e climatiche. Nelle zone con frequenti precipitazioni solide si adottano tetti molto pendenti per favorire lo scivolamento graduale della coltre di neve e limitarne l'accumulo. Su pendenze medie occorre posare elementi paraneve che hanno la funzione di frammentare la coltre di neve in blocchi piccoli, di dirigerne la caduta e di proteggere le gronde impedendo che la neve si ammassi nei canali in forte spessore, e scivolando produca danni ai piedi degli edifici.

Coperture in ardesia
L'ardesia ligure, comunemente detta lavagna, viene utilizzata in lastre per rivestire i tetti con il nome di abbadino, dialettalmente "ciappa". L'ardesia è una roccia metamorfica di origine sedimentaria, caratterizzata da una fissilità molto elevata. La fissilità è la proprietà della roccia di dividersi facilmente secondo piani paralleli. Il colore dell'ardesia ligure è nerastro grigio a causa del pigmento di grafite in essa contenuto, piuttosto scuro ed intenso appena staccata dal banco di cava; con l'andar del tempo tende però a schiarirsi a causa dell'esposizione all'aria che facilita l'eliminazione dell'acqua contenuta nella roccia. La perdita dell'acqua rende più rigida la roccia ma genera un processo secondo il quale l'acqua non può più essere assorbita producendo un materiale praticamente impermeabile e quindi molto adatto all'impiego nelle coperture. Come tutti i materiali non soggetti ad imbibizione, l'ardesia non presenta problemi di gelività ed inoltre può essere considerata come materiale isolante avendo una pessima conducibilità. Questo permette di realizzare coperture valide rispetto ai problemi del clima invernale quanto a quello del soleggiamento estivo.
All'interno della cava vengono estratti blocchi di ardesia che sono in seguito suddivisi in ceppi; il ceppo viene poi sottoposto alla laminazione o sfaldatura, cioè all'operazione grazie alla quale si producono gli abbadini. Un tempo questa operazione veniva realizzata all'interno della cava affinché la pietra non asciugasse e quindi non si irrigidisse; oggi grazie ad operazioni di bagnatura e sigillatura con teli impermeabili, si riesce a mantenere il grado di umidità presente per più tempo e quindi si possono lavorare i ceppi anche nei laboratori. La sfaldatura viene eseguita, oggi come in passato, a mano da uno scalpellino che utilizzando un cuneo di metallo affilato o "scalpella" e un mazzuolo, divide progressivamente il ceppo in due parti, sfruttando la scistosità della pietra. La divisione progressiva porta alla creazione di lastre anche sottili pochi millimetri.
Il manto di copertura tradizionale ligure è quello realizzato con gli abbadini di uno spessore di 4mm circa (in alcuni casi si trovano lastre spesse fino a 7mm), posati con l'uso di malta bastarda. Questa copertura viene realizzata partendo dalla linea di gronda del tetto, procedendo verso il colmo; solitamente il primo corso di ciappe, quello di gronda, è realizzato tramite la sovrapposizione di lastre più spesse e più grandi dei normali abbadini per conferire una maggiore consistenza. Queste lastre, anche dette "ciappe bastarde" sono solitamente spesse 25-30 mm. Al di sopra della gronda, il tetto viene ordito tramite file di abbadini in sovrapposizione tripla, fissati gli uni agli altri tramite la malta e rispettivamente al tavolato sottostante grazie all'uso di chiodi. La sovrapposizione tripla, anche detta "alla genovese", garantisce dalle possibili infiltrazioni di acqua e rende il manto molto consistente. E' molto importante che l'operatore sia in grado di riconoscere il "giusto verso" o "fila". La pendenza ottimale di un tetto in abbadini si aggira attorno al 40%, benché sia possibile realizzare delle ottime coperture anche su pendenze maggiori; l'impalcato non dovrebbe comunque avere una pendenza inferiore al 20% anche per garantire un buon scorrimento dell'acqua piovana.
La copertura alla francese è più leggera, particolarmente indicata per tetti che non possono essere eccessivamente caricati e che abbiano forti pendenze (questo perché la sovrapposizione è minima). La forma a losanga a spigoli vivi non permette la realizzazione a ganci ma esclusivamente tramite fissaggio con i chiodi. La sua denominazione è dovuta al grande uso che se ne fa in Francia; in Liguria viene utilizzata soltanto in presenza di edifici con caratteristiche stilistiche particolari. Per questa realizzazione si possono usare lastre da 30 x 30 cm, 40 x 40 cm, 60 x 60 cm; la base del manto può essere invariabilmente o il tavolato o l'orditura a travetti.
La copertura a scaglie, anche denominata copertura alla svizzera, viene realizzata tramite l'impiego di lastre con la parte terminale arrotondata a semicerchio.  Mentre nella realizzazione di coperture normali la lastra ha i due fianchi paralleli, nel caso della copertura curva, ad esempio la cupola, la lastra deve essere rastremata verso l'altro onde permettere il raccordo circolare. E' ovvio che la rastremazione deve aumentare al diminuire della circonferenza del corso. Questo tipo di manto può essere realizzato sia a secco su travetti, che con la malta su tavolato.

Tratto da "Il manto di copertura", supplemento di AREA n. 65, Federico Motta Editore

Ristrutturazione di un rustico a Traregno Viggiona (VB)

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Disposizione dei filari di lose del manto di copertura

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Manufatto rurale a Casoni di Chiappozzo (GE)

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