The Getty Center e The J. Paul Getty Museum  
Località: 200 Getty Center Drive, Los Angeles
Committente e proprietario: The J. Paul Getty Trust.
Progettista: Richard Meier & Partners.
Direzione del progetto: Harold M. Williams, Stephen D. Rountree (The J.Paul Getty Trust).
Architetti del paesaggio: Emmet L. Wemple & Associates Landscape Architects, The Office of Dan Kiley.
Consulenti direzione lavori: Karsten/Hutman Margolf.
Ingegneri civili: B & E Engineeers, Rogoway/Borkovetz Associates.
Impianti meccanici ed elettrici: John L. Altieri Consulting Engineers, Hayakawa Associates.
Ingegneria dei terreni: Pacific Soils Engineering, Inc.
Strutture: Robert Englekirk Consulting Structural Engineers, Inc.
Servizi geotecnici: Woodward-Clyde Consultants.
Appaltatore: Dinwiddie Construction Company.
Consulente per il progetto delle sale delle Arti Decorative: The Office of Thierry W. Despont, Ltd.
Progetto del Central Garden: Robert Irwin.
Datazione progetto: 1986-91.
Datazione realizzazione: 1992-97.
Superficie del sito: 445.000 mq.
Superficie occupata dal complesso del Getty Center: 97.000 mq (di cui 20.000 occupati dagli edifici).
Superficie costruita totale: 87.300 mq.
Superficie costruita totale del solo J. Paul Getty Museum: 37.000 mq (spazi espositivi: 6000 mq).
Materiali di costruzione: cemento armato, acciaio, travertino italiano, pannelli di lamiera smaltata, alluminio, vetro.
Costo: circa 1 miliardo di dollari.
 
Due anni per la definizione del programma, più undici anni di elaborazioni progettuali e di costante messa a punto di forme e dettagli costruttivi, alla ricerca di una sempre maggior perfezione, hanno portato alla creazione della sede per la più rinomata istituzione culturale di fine millennio, istituzione destinata alla documentazione, allo studio e alla ricerca nel campo dei beni artistici e architettonici. Questo è infatti lo scopo precipuo del centro che è anche sede della collezione d'arte di J. Paul Getty, iniziata dal magnate petrolifero nel 1938 e fino ad ora ospitata a Malibu nella famosa replica dell'antica villa dei Papiri di Ercolano, villa che, con la realizzazione del nuovo museo e dopo un accurato restauro, diventerà museo di sé stessa, sorta di memoriale dei fasti di un collezionimo, quale è stato quello americano dei Morgan, Freer, Guggenheim, Rockfeller e dello stesso Getty, che si avvia a diventare una irripetibile mitologia del nostro secolo.
Il Getty Center si trova ai piedi delle Santa Monica Mountains, tra le colline di Brentwood, sulla punta estrema di una collina alta poco meno di trecento metri che si protende, a sud, verso la piana di Los Angeles e l'Oceano Pacifico. L'intero sito misura 44 ettari, dei quali solo dieci sono occupati dal centro e dagli spazi aperti connessi, mentre il resto è stato mantenuto a verde. Diceva Richard Meier nel 1984, descrivendo il luogo su cui avrebbe costruito la sua più importante e forse anche più riuscita opera: 'Il sito spettacolare [...] richiede all'architetto di trovare una precisa e squisitamente reciproca relazione fra costruzione architettonica e topografia naturale [...] Nella mia mente mi figuro una struttura classica, elegante e senza tempo, che emerge serena e idealizzata dalla collina, una sorta di struttura aristotelica nel paesaggio'.
In realtà l''acropoli' del Getty Center, vista dal basso arrivando dall'autostrada che conduce al parcheggio dove si trova l'unico accesso, non appare a prima vista particolarmente accattivante: non mostra l'arditezza volumetrica e strutturale di molte ville collinari che hanno reso famoso una certo tipo di architettura angelena (da Wright, a Schindler e Koenig) e che sembrano lievitare nel vuoto o protendersi verso il cielo. L'impressione è di una tozza cittadella fortificata, che l'uso del travertino spaccato a rivestimento delle sottomurazioni contribuisce a sottolineare. Va detto però che questo effetto, forse poco smagliante, è dovuto alle rigide normative edilizie della zona in fatto di volumetrie e al fatto che gli abitanti delle limitrofe lussuose ville di Brentwood hanno vietato l'uso sulle superfici esterne della tipica lamiera smaltata di bianco di Meier, imponendo l'utilizzo di un materiale dalle tonalità e dalla tessitura più naturale, che tendesse a mimetizzare l'intervento.
Tutto cambia però quando, lasciata l'automobile alla base della collina, si sale sul divertente tram magnetico da Disneyland, che ci porta a destinazione dopo averci dato per ottocento metri di percorso in salita progressive e mutevoli vedute del sito naturale e delle sempre più vicine architetture. All'arrivo in effetti si scopre, vedendolo da dentro, un luogo di notevole ricchezza e bellezza architettonico-paesaggistica. Approdati nella Main Plaza, dove si trova la stazione di arrivo del tram, si è circondati da un variegato insieme di edifici: sulla sinistra l'Harold M. Williams Auditorium, il North Building (con il Getty Information Institute e la Getty Trust Administration) e l'East Building (con il Getty Conservation Institute, il Getty Eudcation Institute for the Arts e il Getty Grant Program), sulla destra, oltre il piazzale, il padiglione con il ristorante e il caffè. Di fronte, salendo una grande scalinata marmorea, il complesso del J. Paul Getty Museum. Più defilato, sulla destra del museo e aperto sull'invaso del giardino, disegnato da Robert Irwin, il crescent a pianta circolare del Getty Research Institute for the History of Art and the Humanities.
Camminando attraverso gli spazi aperti dalla pavimentazione interpuntata da piante di gusto mediterraneo, circondati dalle facciate in marmo, lamiera smaltata e vetro degli edifici, tra cui appaiono squarci del paesaggio collinare circostante o del lontano orizzonte oceanico e dal travertino delle pareti che delimitano i diversi livelli dello spazio aperto, il Getty Center si rivela essere una vera piccola città con spazi, luoghi e costruzioni che, nella loro organizzazione planimetrica e volumetrica, cercano di restituire la complessità dei fatti urbani. I riferimenti ad alcuni grandi monumenti, più volte sottolineati per questo intervento (l'Acropoli di Atene, la Villa Adriana a Tivoli, l'Alhambra di Granada, la villa di Caprarola del Vignola), come pure un certo senso archeologico nell'uso diffuso del marmo (ben 16.000 tonnellate importate da una cava di Bagni di Tivoli), sono tutti aspetti che si legano alla cultura profonda della storia architettonica e urbana mediterranea e in effetti il tentativo di Meier è stato quello di ricreare con le articolazioni volumetriche, spaziali e dimensionali dei vari elementi un'ideale stratificazione dei fatti architettonici quasi questi avessero alle spalle una storia millenaria.
La complessità dell'insieme è in realtà regolata da alcuni elementi geometrici che stabiliscono le modalità insediative e il controllo generale delle parti: il Centro è impostato su due assi, fra di loro ruotati di 22 gradi e mezzo, che seguono la dorsale della collina e che si allineano con le due direzioni della San Diego Freeway, che proprio in corrispondenza del Getty Center cambia direzione per imboccare il Sepulveda Pass. Al contempo uno dei due assi (quello che corrisponde al museo) coincide con il sistema ortogonale della maglia urbana di Downtown Los Angeles e da quella Meier ha derivato il sistema modulare, la griglia su cui si basa la composizione delle varie parti di questa architettura.
Dei 93.000 metri quadri di superficie costruita il museo vero e proprio occupa una superficie pari a poco più della metà, collocandosi nella parte più significativa del 'promontorio' e proponendosi dunque come la parte architettonicamente riconoscibile. Il museo è formato da cinque edifici separati ma uniti da un percorso al livello superiore ' ideale 'corridore' di vasariana memoria ' più un padiglione isolato, contenente il Museum Café, e uno spazio per esposizioni temporanee, organizzati attorno a una corte-piazza allungata, di 120 metri, che richiama quella del museo di Malibu, ma è più 'urbana' nel suo essere circondata da portici e arricchita da giochi d'acqua. Al museo si accede attraverso un padiglione d'ingresso contenente i servizi (guardaroba, informazioni e la libreria) che consiste di una grandiosa hall vetrata rotonda, aperta verso la corte di cui definisce il lato nord, quasi si trattasse della cupola di una chiesa dominante una tipica piazza italiana.
Il sistema di sale del museo è basato sul modulo cubico di 30x30x30 piedi che regola le differenti dimensioni degli spazi. Le sale di pittura, al livello superiore, hanno un soffitto tronco-piramidale con al centro un lucernario che deriva dalle sale della Dulwich Gallery di John Soane. Una soluzione che garantisce l'illuminazione naturale delle opere e, in alcuni punti, la visione del cielo, secondo la richiesta della stessa Fondazione di far sì che mai i visitatori possano perdere contatto con la qualità magica della luce californiana. Le sale di arte decorativa del Cinque-Settecento, al piano terreno, sono 'arredate', tappezzate e decorate (su progetto dell'architetto francese Thierry Despont) nello stile delle opere esposte, anche qui secondo una modalità da museo ottocentesco: il tutto realizzato con una precisione e un nitore che fa il paio con i restauri delle opere stesse che sono così perfettamente 'rimesse a nuovo' da far quasi pensare che non solo le parti architettoniche ma anche gli oggetti stessi siano parte di un unico incredibile falso. Purtuttavia un sottile filo lega l'iperrealismo stilistico di queste sale con l'iperrealismo architettonico e ambientale degli spazi creati da Meier, tra i quali la nozione di tempo e spazio tende a scomparire tra le pieghe di un mondo fantastico. La visita, iniziata con una promenade paesaggistica meccanizzata da parco dei divertimenti, si stempera nel vagare trasognato e stupefatto tra le sale e le rotonde, le piazze lastricate e i giardini, le passerelle, le terrazze e le scalinate di questa cittadella, la cui misura umana appare irreale rispetto alla concreta dismisura di una città-regione fra le meno 'umane' del mondo.
Il Getty Center è una 'architettura del principe', catapultata sotto il sole della California a creare, nella terra della cinematografia e della finzione, una perfetta 'scenografia' per il tempo libero. Certo, non quello delle masse frequentatrici dei parchi tematici ma quello della più ristretta ed esigente élite intellettuale. E in verità, guardando di notte, dalle terrazze del Centro, l'interminabile scacchiera luminosa che si perde lontano nel buio del Pacifico, viene spontaneo domandarsi quanta parte della composita umanità che affolla la piana di Los Angeles ha visto, conosce e ha compreso questa raffinata operazione culturale che, pur aperta e accessibile a tutti, riesce con la sua separatezza a ricostituire quell'invisibile muro invalicabile che nella maggior democrazia del mondo continua a separare i pochi dai più. 
 
Bibliografia
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Assonometria del complesso Prospetto sud Pianta piano terra Planimetria generale Veduta interna della rotonda
Panorama di Los Angeles Veduta dell'edificio Pensilina di ingresso all'auditorium Padiglione delle esposizioni speciali e portico del caffè