Installazioni – Per promuovere la costruzione di un complesso residenziale "sostenibile" a Pechino, lo studio Vector Architects ha realizzato uno showroom rivestito con pannelli di prato

“L'andirivieni perpetuo eccita il cittadino inurbato, lo priva della capacità di comprendere, meditare e riflettere che possedeva quando viveva e camminava sotto un limpido cielo tra la fresca verzura che gli era compagna. (…) Egli ha scambiato le sue origini e i suoi svaghi spontanei tra i corsi d'acqua, le foreste, i campi e gli animali con l'ubiquità irrequieta e senza posa, l'impurità di monossido di carbonio che sale fino ai suoi falansteri d'affitto, composti di dure celle su strade sopraelevate che dominano duri selciati”.

Con queste parole, tratte dal suo The Living City del 1958, Frank Lloyd Wright intendeva evitare gli scenari saturi e opprimenti di un ostile mondo artificiale che - come in una tragica profezia - si è poi reso concreto in molte città e metropoli contemporanee. In effetti, il suo racconto appassionato sembra tracciare con particolare efficacia la condizione alienante di un paesaggio urbano caotico e colossale come quello del comparto residenziale Guanganmen a Pechino. Lì si colloca - minacciato dalle incombenti e smisurate masse degli edifici circostanti - il padiglione temporaneo progettato dai due giovani architetti cinesi Gong Dong e Hongyu Zhang, dal 2008 associati con il nome di Vector Architects.

Architettura temporanea
“Iniziamo a progettare individuando il problema: sia attraverso la definizione del programma e delle richieste del cliente, sia attraverso lo studio del contesto sociale, culturale, storico e urbano dell'intervento”. Nel caso specifico, la società immobiliare CR Land voleva realizzare uno showroom che accogliesse circa 500mq di spazi espositivi e, allo stesso tempo, fosse un vero e proprio manifesto delle tecnologie costruttive sostenibili da promuovere all'interno e per la durata (tre anni) del cantiere di un imponente comprensorio residenziale. Così, da un lato, la necessità di garantire un facile e rapido assemblaggio della struttura, ma anche la possibilità di un altrettanto agevole smontaggio, con ripristino delle condizioni iniziali del sito e riuso dei materiali impiegati; dall'altro, l'esigenza di assicurare il minore impatto rispetto all'integrità del terreno e dei flussi pedonali esistenti, sono state tradotte in un elegante parallelepipedo dalle proporzioni allungate, sollevato dal suolo di circa 85 centimetri.

Un volume sospeso
L'effetto di leggerezza e sospensione del volume è ottenuto attraverso un sapiente utilizzo dell'ossatura di acciaio: sei telai trasversali, posti a un interasse costante di 10 metri e resi solidali da putrelle di collegamento, gravano su due coppie di travi longitudinali principali, di cui solo le due più interne poggiano direttamente sulle sei coppie di pilastri che ancorano l'intera struttura al terreno.
Il prisma, quindi, si presenta come un grande estruso cavo - libero al suo interno da elementi di sostegno - apparentemente librato sopra la quota del giardino come una singolare “installazione levitante”. Tale immagine è ulteriormente rafforzata dalla configurazione delle testate, entrambe in aggetto di quattro metri e tamponate da superfici arretrate interamente vetrate; quella a est, in particolare, definisce il principale vestibolo d'ingresso, inciso da una comoda rampa di scale.

Delicato equilibrio tra natura e artificio
Peraltro, il sottile e ambiguo equilibrio tra natura e artificio, tema da cui sostanzialmente prende le mosse e si sviluppa il progetto, trova il suo elemento nevralgico nell'involucro modulare in pannelli di prato, che fodera integralmente i due prospetti laterali e la copertura - tranne alcune calibrate bucature quadrate o rettangolari, ritagliate liberamente nel rigoroso reticolo geometrico - triplicando, secondo l'intenzione declamata dagli architetti, la superficie sottratta al giardino per la costruzione del padiglione. Tale insolito rivestimento naturale, poi, grazie alla sua inerzia termica, consente di potenziare notevolmente le prestazioni energetiche dell'edificio, dimostrando ancora una volta che i progettisti hanno perseguito il criterio della sostenibilità non solo come “linea guida dell'intero processo progettuale”, ma anche come strumento per ottenere la più alta efficienza dell'opera nel suo pur breve ciclo di vita.