testo a cura di Carlotta Eco

Videoarte in una casa-museo a Düsseldorf
testo a cura di Carlotta Eco

Luogo: Düsseldorf
Committenza: Julia Stoschek
Progettisti: Kuehn Malvezzi
Direzione lavori: HPP (Hentrich-Petschnigg & Partner KG)
Progetto strutture: IB Krone
Impianti: HIT-Huber-Ingenieur-Technik
Imprese di costruzione: opere edili:Fa. Strobel, carpenteria: Fa. F+E, coperture: Fa. Vollmacher, facciata: Fa. Hölscher
Tempi progetto: gennaio 06 - agosto 06
Tempi di realizzazione: 2006 - 2007
Superficie costruita: 4.500 m2
Volume costruito: 18.500 m3
Costo complessivo: 4,5 milioni
Fotografie: Ulrich Schwarz
Collezione: Julia Stoschek Collection, Schanzenstrasse, 54 Duesseldorf
Number one: "Destroy,she said" da giugno 2007 alla primavera 2008
La collezione raccoglie artisti che si occupano di temi molto vicini all'architettura (costruzione, decostruzione, distruzione, spazio interno, spazio esterno).

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Una casa museo

Nel Giugno 2007 è stato inaugurato a Düsseldorf un edificio ristrutturato appositamente per una collezionista d'arte contemporanea: Julia Stoschek. L'edificio è stato pensato sia come spazio espositivo delle opere sia come abitazione privata - anche questa concepita per accogliere grandi opere. Lo stabile esistente, che quest'anno compie cento anni, nasce come officina per la costruzione di scenografie teatrali, ha cambiato più volte funzione nel corso del secolo e oggi è stato posto sotto la  tutela dei beni architettonici come esempio di archeologia industriale (in particolare è classificato fra le architetture dei premoderni). I vincoli architettonici hanno imposto ai progettisti di mantenere invariata la struttura esterna ad eccezione di un intervento, molto significativo, sulla copertura: un volume vetrato con un tetto piano a terrazza che si incastra sulla falda del tetto. Data la vocazione pubblica (una fondazione a partecipazione statale) l'intervento è stato concesso dagli uffici tecnici comunali, proprio per la sua funzione di segnale del carattere urbano dell'edificio.
Il nuovo volume, che prende il posto dell'originario logo della fabbrica, non solo ha scardinato la geometria preesistente ma si presenta come una scatola vetrata che rende manifesta all'esterno, soprattutto quando illuminata, la trasformazione interna.

Un edificio nell'edificio

Lo studio di architettura italo-tedesco, Kuehn Malvezzi, che spesso si occupa di luoghi per l'arte - per citarne solo alcuni la Documenta 11 di Kassel e l'ampliamento del museo d'arte contemporanea Hamburger Bahnhof di Berlino - è riuscito a reinterpretare lo spazio interno della fabbrica grazie a puntuali interventi di ristrutturazione: si è così venuto a creare all'interno dello stabile un nuovo edificio di 1500 metri quadri di spazi espositivi.
I primi due piani sono stati svuotati e adibiti a open space per poter essere suddivisi con allestimenti temporanei a ogni cambio di collezione. Grazie allo sfondamento della soletta, fra il primo e il secondo piano, è stato creato uno spazio verticale a doppia altezza che collega i due piani e permette di accogliere sculture di grandi dimensioni come, in questo momento, l'opera fatta di specchi, alta otto metri, di Olafur Eliasson.

Spazi cuscinetto

Le numerose stanze e sale degli allestimenti temporanei sono rivestite con pareti in cartongesso ad alta prestazione acustica e sono tagliate su misura per questa raccolta d'arte multimediale: circa 40 opere - appartenenti a un'estesa collezione contenuta nei magazzini composta da più di 300 pezzi - che vanno dalla video arte alle istallazioni, sino a una raccolta di fotografie.
Per ogni sala, i progettisti hanno creato uno "spazio cuscinetto", cioè una sorta di piccola anticamera con una doppia funzione: preservare le condizioni ottimali di acustica e di illuminazione necessarie a ogni singolo ambiente espositivo, e nel contempo, sempre nell'ottica di favorire le modalità di fruizione dell'opera, offrire al visitatore un istante di pausa, libero da sollecitazioni sensoriali, nel passaggio da un ambiente all'altro.

Il sottotetto e la scatola di vetro

L'ampio sottotetto, lasciato in gran parte a tutta altezza, è caratterizzato dalla preesistenza della capriata in ferro e da una passerella sospesa, originariamente utilizzata come piattaforma di manovra, e che ora sembra essere sorretta, come fosse un trampolino, dall'unico volume chiuso contenente la cucina. Anche in questo caso il "cubo bianco" è stato pensato per supportare le opere d'arte. Per la zona notte è stato costruito un piano intermedio suddiviso in ambienti più piccoli. In corrispondenza del colmo della copertura si apre il volume vetrato coperto da 200 mq di terrazza concepita, a sua volta, come spazio espositivo creato ad hoc per le opere open air. Al momento si può visitare la scultura pedonabile di Dan Graham "2-way mirror power" che, con la sua superficie specchiante ricurva, esprime al meglio le potenzialità di questo nuovo spazio: grazie alla posizione "nei cieli" essa infatti riflette la città di Düsseldorf.

Nuove aperture

All'interno, il volume della terrazza, ha portato alla creazione di nuove aperture, dalla forma trapezoidale, derivanti dai setti di sostegno inclinati da cui si possono intravedere scorci di città.
Grazie alla posizione dei serramenti vetrati che rivestono i setti portanti, lasciandoli intravedere in trasparenza, il volume vuoto che sostiene la terrazza sortisce l'effetto di una scatola di vetro. L'effetto è poi rafforzato dal parapetto in vetro a coronamento della terrazza. Nell'ampio spazio del sottotetto domina totalmente il colore bianco: bianche sono infatti le capriate in ferro, le lamiere di copertura, la passerella, i serramenti e le scale di risalita: grazie al colore unico, infatti, elementi così diversi si compongono in uno spazio unitario.

Le proiezioni

Nel rispetto delle esigenze di illuminazione e acustica, il tema del museo, incentrato sulla videoarte, ha stimolato i progettisti verso una serie di invenzioni atte a creare spazi diversificati per le proiezioni e per il supporto degli schermi. Esemplificativa dell'importanza che è stata data al percorso all'interno dell'edificio, è la sala a forma di corridoio centrale. Posta al centro del secondo piano, essa è stata creata per l'esposizione di numerosi schermi video ed è segnata da una lunga panca che permette l'osservazione puntuale di diverse opere di videoartisti.