IUAV Seminari estivi di progettazione
intervista a Carlo Magnani
a cura di Giovanni Leoni

GL - Venezia è, tra le facoltà italiane di architettura, quella che ha più a lungo di ogni altra mantenuto il carattere di una scuola di maestri. Vorrei porle una domanda provocatoria: lei ritiene che le facoltà di architettura italiane licenzino una figura professionale di cui c'è reale necessità? A me pare ne escano tanti giovani "autori d'architettura" i quali si trovano proiettati in una realtà produttiva che sempre meno ha bisogno di gesti autoriali, sempre più di componenti di un sistema complesso.
CM - La scuola dei maestri, di cui certo Venezia è stata un esempio, credo appartenesse a un tempo in cui vi erano figure dominanti sul piano sociale e per il ruolo esercitato nella reale produzione del progetto e della architettura. Oggi tali figure, con quel modo di porsi nel mondo della professione e dell'accademia, non hanno più ragione di esistere e tanti discorsi sul "come eravamo" mi sembrano appartenere più alla nostalgia che alla realtà. Le condizioni di produzione del progetto di architettura sono radicalmente cambiate. Noi progettisti ci lamentiamo costantemente del fatto che la porzione di tempo richiesta dalla istruzione del progetto è sproporzionata rispetto a quella dedicata alla ideazione del progetto in sé. Ma lamentarsi non serve, occorre comprendere la nuova condizione e, come docenti, riuscire a trasmettere una attitudine a considerare il progetto di architettura nei termini di un processo complesso che entra necessariamente in relazione con altri saperi. L'architettura intesa come operazione di semplice sartoria è oggi una disciplina di evidente inadeguatezza culturale; il disegno, lo schizzo, sono strumenti non sufficienti, occorre consapevolezza e capacità di controllo della complessità.