Maritime Hospital  

Località Barcellona, Spagna
Committente Consorcio de Hospitales de Barcelona
Architetti Manuel Brullet & Albert de Pineda
Collaboratori X. Lambrich, M. Barba, F. Pernas, C. Balcells, A. de Luna, X. Hernández, J. Valor, T. Vilanova, M. Hernández, J. Alonso, A. Granell, J. M. Sammartín, J. Rivas, M. Lacasta, A. Brullet, F. Frutos, M. García, R. M. Truco, R. Fayos, V. Benéitez, C. Hernández
Consulente Manuel Argujo (strutture), Jordi Barba (arredamento)
Impresa di costruzione Cubiertas y Mzov
Progetto 1989-92
Costruzione 1989-92

Ciò che fa questo progetto diverso, persino quasi unico, è il vincolo originalissimo determinato dalle condizioni in cui hanno operato gli architetti Manuel Brullet e Albert de Pineda, sospesi tra un passato da custodire e un futuro da costruire in un luogo dove la memoria rischiava di essere d'intralcio a qualsiasi progetto, ad ogni nuova esigenza.
Il programma prevedeva il recupero e l'ampliamento di un vecchio ospedale in una zona di Barcellona (inizialmente appartenuta alla Marina) dove, per più di trent'anni, dalla fine del XIX secolo al primo quarto del secolo successivo, era stato in funzione un lazzaretto creato riutilizzando alcuni edifici realizzati per l'esposizione del 1888.
Una zona sul mare, che per tutto il secolo XX ospitò strutture sanitarie, e che nel piano di riqualificazione urbana messo a punto in occasione delle olimpiadi del 1992, divenne urbanisticamente strategica come snodo di confine fra la città storica e la nuova Villa Olimpica.
Il vecchio ospedale per le malattie infettive, costruito del 1925 su progetto dell'architetto Josep Plantada del Comune di Barcellona, modificato negli anni '50 e '60, appariva come una struttura fatiscente, incapace da un lato di rispettare i moderni standard funzionali di una struttura sanitaria, e dall'altro di assolvere in maniera compiuta al proprio mutato ruolo urbano.
Ciononostante, il suo impianto a spina di pesce (7 padiglioni indipendenti collegati da un percorso centrale) ed il cosiddetto "monoblocco", edificio di dieci piani costruito successivamente, sproporzionato rispetto ai corpi che sovrasta, estraneo e sbilanciato, sono stati per Brullet e de Pineda un imprescindibile punto di partenza.
L'organizzazione a padiglioni apparve subito interessante per l'impostazione a spina che poteva permettere un immediato rapporto visivo con il verde dei cortili interni. Mentre l'edificio monoblocco, così fuori scala da aver determinato una rottura traumatica nel tessuto urbano, se da un lato poteva assolvere il ruolo di segnale, dall'altro aveva bisogno di essere raccordato con l'insieme.
Obiettivo del nuovo intervento fu dunque quello di riorganizzare, aggiornare ed ampliare le strutture preesistenti, ricucendo la frattura determinata dall'edificio alto e imprimendo un segno moderno nell'area dove sarebbe dovuto nascere anche un centro di ricerca biomedica.
Occorreva inoltre far divenire il grande isolato dell'ospedale un luogo di passaggio e non di cesura tra la città e il villaggio olimpico.
Il proposito ambizioso era quello di trasformare il sito in una sorta di campus tecnologico con spazi verdi comuni versatili ed aperti, dove un guscio moderno avrebbe custodito l'antica struttura a padiglioni.
L'intervento di Brullet e de Pineda non è unitario, non insegue l'obiettivo di una impossibile congruenza formale fra tutte le sue parti, ma al contrario fa della discontinuità una propria cifra stilistica, risolvendo così brillantemente non solo le questioni immediatamente legate alla tipologia ospedaliera, ma anche quelle più propriamente urbane, a cominciare dalla ridefinizione del fronte marittimo.
Qui, dove un tempo l'ospedale si sfrangiava direttamente sulla spiaggia, nel 1967 è stato realizzato un nuovo lungomare, il Paseo Maritimo, che di fatto aveva isolato il complesso.
Brullet e de Pineda hanno costruito su questo lato un nuovo corpo di due piani, che si apre alla città con un lungo fronte vetrato continuo, pensato come un grande affaccio sul mare. Un edificio dalla destinazione mista (negozi, bar e servizi sociali per il quartiere al piano terra, ambulatori ospedalieri al primo piano), che, oltre ad introdurre le differenti funzioni, definisce un nuovo allineamento stradale e fa da zoccolo basamentale al monoblocco. Questo, a seguito dei lavori di ristrutturazione è stato ampliato alle estremità per l'inserimento di scale di sicurezza, rivestito da pannelli d'acciaio, dotato di ampie vetrate, e non appare più ora come elemento fuori scala.
Un varco interrompe la continuità sul lungomare introducendo ad una piazza coperta che fa da snodo tra i diversi corpi di fabbrica. Qui una struttura metallica, leggera, trasparente, raffinata nei dettagli, reinventa l'ingresso principale all'ospedale creando una sorta di galleria urbana, uno spazio chiamato "Palio", fitto di esili pilastri d'acciaio. Un luogo da cui si accede direttamente ai padiglioni retrostanti, ma che può anche essere attraversato da chi non è diretto all'ospedale.
Grandissima importanza è stata attribuita al sistema di illuminazione naturale. Gli antichi padiglioni (costruiti parallelamente al mare e con le terrazze rivolte al sole) sono stati ristrutturati in modo da tornare alla loro vocazione primitiva, che era quella di edifici fortemente orientati a sfruttare la luce naturale per cure elioterapiche. Le finestre sono state abbassate in modo da permettere la vista del verde all'esterno anche dai letti.
I patii esistenti sono stati parzialmente ribassati, secondo una sezione triangolare, per far arrivare più luce al livello interrato.
I reparti di nuova costruzione prevedono anche un sistema di illuminazione naturale zenitale. Il corridoio di collegamento fra i padiglioni è stato affiancato da altri due percorsi vetrati, che creano così una struttura a scacchiera, luminosa e più funzionale. I primi due padiglioni verso il mare sono stati ampliati attraverso la costruzione di un corpo addossato ad entrambi, largo 22 metri, destinato ai servizi di diagnostica e radiologia. Il nuovo edifico che deriva da questa aggregazione è profondo 31 metri e si connette direttamente al monoblocco.
Per evitare l'effetto straniamento di solito congenito alle grandi strutture, Brullet e De Pineda hanno trattato in maniera diversa, e quindi riconoscibile, ognuno dei corpi di fabbrica, anche dal punto di vista dei materiali usati: legno, vetro, piastrelle di Valenza, laminati.
Anche gli ingressi al complesso sono gerarchizzati e differenziati: i pazienti ambulatoriali accedono attraverso il grande varco nel nuovo corpo di fabbrica vetrato; quelli ospedalieri dal monoblocco; il pronto soccorso è del tutto indipendente.
Sul lato a monte un nuovo edificio curvo chiude e definisce il lotto verso il viale litoraneo. Questo corpo, alto tre piani fuori terra, ospita l'Instituto Municipal de Investigación Médica. Una suggestiva unitarietà frammentata fa del complesso un evento urbano e architettonico di grande interesse. La non immediata riconoscibilità come struttura ospedaliera fa si che esso raggiunga risultati notevolissimi in termini di vivibilità.

Testo di Maria Argenti
Estratto da Materia n. 38

Pianta piano terra Prospetto sud-est Prospetto nord-est