Salk Institute Biological Studies  
Località: 10010 North Torrey Pines Road, La Jolla
Committente: Salk Institute
Progettista: Louis I. Kahn
Progetto strutture: Dr. August E. Komendant (consultant); Ferver-Dorland & Associates
Architetto paesaggista: Roland S. Hoyt; Lawrence Halprin
Realizzazione: 1965
Destinazione d'uso: Istituto per ricerche biologiche

L'edificio per l'Istituto Salk di Ricerche Biologiche a la Jolla in California è stato completato nel 1965 e sorge su un terreno scelto dallo stesso dottor Salk: su un dirupo di 60 metri della costa californiana, a soli 9 km dal centro di San Diego. Il committente è affascinato dal paesaggio e dal clima di quest'area e vuole inoltre sottrarre l'istituto all'influenza urbana di Pittsburgh, sede dei vecchi laboratori Salk. La cooperazione cosciente tra l'architetto e lo scienziato porta a concepire quella che Salk definisce più tardi "un'opera d'arte al servizio di un'opera di scienza."
Il progetto prevede, per i laboratori, due lunghi corpi edilizi simmetricamente disposti attorno ad una corte interna.  Questi due corpi sono identici e identicamente articolati in una serie di corpi minori: i nuclei degli uffici amministrativi sulle testate in vista del Pacifico; i nuclei degli ambienti di servizio sulle testate opposte; i nuclei regolarmente intervallati di scale e ascensori lungo i fianchi esterni; i nuclei regolarmente intervallati di salette di studio lungo i fianchi interni, collegati mediante passerelle esterne ai corpi principali dei laboratori.
Dal momento che gli scienziati devono lavorare in isolamento o in piccoli gruppi, ciò che Kahn propone per il nucleo dei laboratori è uno schema articolato in cellule comunicanti, ma spazialmente distinte. Si viene così a creare una differenziazione funzionale tra gli studioli e i laboratori: gli studioli, permettendo l'isolamento per le analisi individuali, costituiscono un ambiente di riflessione e di meditazione, mentre i laboratori, destinati a ricerche effettuate in equipe, sono un luogo di elaborazione e di attività manuale. Tutti gli spazi sono collegati da scale e passerelle, ma sono accessibili anche singolarmente, in un tentativo di salvaguardare allo stesso tempo l'unità delle funzioni e l'interdipendenza dei lavori.
Un'importante esigenza cui deve rispondere la struttura dell'istituto è una disponibilità generale ad adattarsi alle sempre mutevoli esigenze funzionali della ricerca scientifica ed essere quindi in grado di rispondere a cambiamenti sia di portata limitata, sul breve periodo, che di impegno notevole, sul lungo periodo; prevedere cioè ampi gradi di flessibilità che permettano all'interno dei singoli laboratori distribuzioni diverse nello spazio e variabili nel tempo.
Nel campo dell'edilizia per la ricerca scientifica, l'effettiva flessibilità di un ambiente è data fondamentalmente dal tipo di distribuzione impiantistica che incide in modo così determinante sull'organismo edilizio che la stessa configurazione architettonica ne viene influenzata e trae spesso proprio dalla corretta soluzione dei problemi tecnologici una sua validità formale.
Il problema dell'integrazione tra strutture ed impianti è qui risolto attraverso l'utilizzo delle travi Vierendeel che, con i loro 19,8 metri di luce e 2,75 metri di altezza, consentono di avere una vasta superficie libera ai piani dei laboratori e di ospitare le complesse canalizzazioni necessarie ai laboratori stessi. La fondamentale attenzione di Kahn nel distinguere gli spazi di servizio dagli spazi serviti lo porta a concepire questa invenzione tipologica che vede una sovrapposizione alternata di un piano di laboratori e uno di impianti, e questa distinzione diviene il cardine compositivo ordinatore di tutta l'opera.
Il grande salone rettangolare dei laboratori (il cui spazio interno è libero, flessibile e suddivisibile in molti modi diversi) è delimitato su uno dei lati maggiori dalle torri contenenti scale e servizi igienici, sui due lati minori dai locali degli impianti e da quelli per l'amministrazione, sopra e sotto dagli interpiani contenenti le canalizzazioni orizzontali. Sul quarto lato, lo spazio è solo delimitato da una grande vetrata che corre lungo tutto il fronte e, attraverso scale e ballatoi, mette in comunicazione la zona dei laboratori con le torri degli studioli i cui setti diagonali stabiliscono una direzione visuale con il Pacifico.
Una notevole carica espressiva resta affidata ai materiali adottati, usati nei loro valori di texture, senza sovrapposizioni o mascheramenti di sorta, nel pieno rispetto delle loro existence will. Il cemento, la "pietra liquida" di Kahn, è qui lasciato a vista e reso espressivo grazie all'impiego di casseri di legno trattati con vernici particolari che riducono al minimo le sbavature. I fori passanti per il bloccaggio dei casseri vengono poi chiusi con tappo di piombo; queste "chiodature", insieme agli scuretti delle riprese di getto e di giunzione dei casseri, segnano la "pelle" dell'edificio e conferiscono al materiale una notevole forza espressiva.
Un altro elemento che gioca un ruolo fondamentale nel linguaggio è costituito dall'incidenza luminosa che si modifica continuamente in rapporto al variare delle superfici (aggetti, rientri, vuoti, pieni, salti cromatici e di texture di materiali, bruschi cambiamenti di orientamento).
Il progetto del Salk Institute, come altri progetti precedenti di Kahn, riflette la preoccupazione del progettista per esprimere transizioni: dal rumore al silenzio, dalla luce al buio. Un elemento che esprime materialmente questo carattere di transizione è il rigagnolo che attraversa la corte: il continuo fluire dell'acqua assume un carattere simbolico e, all'interno di un insieme così ordinato, sta a sottolineare l'immobilità dell'architettura come contrapposta all'attività talvolta frenetica dell'uomo.

Bibligrafia 
The Notebooks and Drawings of Louis I. Kahn, Falcon Press, Philadelphia 1962.
Maria Bottero, Louis Kahn, in "Zodiac" n. 17, Ott. 1967.
Romaldo Giurgola, On Louis Kahn, in "Zodiac" n. 17, Ott. 1967.
Romaldo Giurgola, Louis I. Kahn, Zanichelli, Bologna 1981.
Louis Kahn 1963-1969, numero monografico di "L'Architecture d'Aujour d'Hui", Feb.-Mar. 1969
Louis Kahn, numero monografico di "A+U", Giu. 1975.
Richard Saul Wurman, What Will Be Has Always Been, Rizzoli International, New York 1986.

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