Scarichi

Autore testo: Manuela Ena

Gli scarichi secondo le norme e le codificazioni dell'UNI
(Ente Nazionale di codificazione) sono definiti come l'insieme degli elementi
tecnici del sistema edilizio aventi funzione di allontanare le acque luride e
quelle meteoriche fino alle reti esterne di allontanamento.
Nell'ambito di
queste classi di elementi tecnici vanno considerati anche gli scavi, i materiali
di allettamento e tutti gli elementi tecnici comunque connessi alla
realizzazione.
Fra gli impianti di deduzione rivestono
particolare interesse quelli destinati allo scarico e allontanamento, dagli
edifici civili, delle acque di rifiuto, sia nere e/o bionde, sia bianche.
Il
loro inserimento negli organismi edili deve essere attentamente considerato,
trattandosi di tubazioni aventi sezioni notevoli ed essendo legate a precisi
percorsi e pendenze prestabilite.
L'ubicazione dei punti di scarico dipende
dalla posizione degli utilizzatori, ma ciò non è vincolante, in quanto è
possibile dare all'impianto un minimo di flessibilità che possa permettere
spostamenti di utilizzatori nel suo interno.
Le
caratteristiche intrinseche di un impianto di scarico
sono:
capacità di rapido smaltimento dei liquami senza che si creino depositi
o incrostazioni facilmente putrescibili;
tenuta delle giunzioni sia
dell'acqua che dell'aria;
resistenza all'azione corrosiva dell'ambiente
interno ed esterno;
durabilità ragionevole nel tempo;
elasticità per
assorbire i possibili assestamenti dell'edificio senza dare luogo a rotture o a
perdite dai giunti.
I materiali che possono essere usati per
eseguire le tubazioni di scarico sono i più vari. Ognuno però presenta
particolari caratteristiche positive e/o negative. Quelli più usati sono: il
gres ceramico, il fibrocemento, la ghisa, l'acciaio, il rame e la
plastica.
Come gli impianti di adduzione anche quelli di deduzione sono
formati da:
una distribuzione sub orizzontale al
piano
, che collega tutti gli utilizzatori (diramazione di
scarico);
una serie di discendenti
verticali
che raccolgono la distribuzione del piano (colonne di
scarico);
una distribuzione sub
orizzontale
al piede dell'edificio, che si connette a tutti i
discendenti e li collega con la rete urbana o con l'impianto di depurazione per
lo smaltimento dei liquami (collettore di scarico).

Onde evitare che le
esalazioni malsane e metiliche, provocate dalla putrefazione delle sostanze
organiche, esistenti nei liquami di scarico, che possono depositarsi nelle zone
sub orizzontali del circuito, possano invadere gli ambienti attraverso gli
utilizzatori installati in essi, è necessario sezionare i collettori e gli
utilizzatori dal resto del circuito e aerare i discendenti.
Il sezionamento
si ottiene mediante l'immissione in esso e negli utilizzatori di opportune
chiusure idrauliche dette sifoni.
L'areazione dei discendenti di scarico
si ottiene prolungandoli oltre la copertura dell'edificio con elemento
terminale, detto esalatore, in modo
che possa essere a contatto con l'aria.
In riferimento al numero e alla
posizione dei sifoni nei collettori si hanno due tipi di impianti:
a sifone
generale unico;
a sifoni singoli multipli.
Il collettore munito a
unico sifone
, posto prima del suo ingresso nella rete fognante urbana o
nell'impianto di depurazione. I discendenti sono collegati al collettore
mediante curve larghe.
Il sistema a sifoni singoli e nello
stesso tempo multipli presenta al piede di ogni discendente, prima dell'imbocco
nel collettore, un sifone. I sifoni quindi sono tanti quanti sono i
discendenti.

Per le acque di rifiuto di origine domestica è previsto
dalla normativa un trattamento di chiarificazione ottenuto
mediante fossa settica o
bacino di chiarificazione.
Si
tratta di un processo biologico naturale del tipo anaerobico.
Tale processo di
fermentazione, che avviene in assenza di aria, trasforma in breve tempo le
materie di rifiuto in gas innocui, in particolare anidride carbonica, e in
liquidi non putrescibili che possono essere dispersi nel terreno.
Elemento
fondamentale per tale processo è di limitare la diluizione del liquame
separando, dal flusso destinato alla fossa settica, le acque meteoriche e, se
possibile, anche le acque chiare di scarico.
Per consentire il processo
anaerobico la fossa settica deve essere ermetica e deve essere previsto un
pozzetto che consenta lo spurgo
delle sostanze solide sedimentate.
La fossa settica è realizzata con elementi
prefabbricati modulari in cemento armato, ed è provvista di paratie interne che
obbligano i liquidi di scarico a urtare contro di esse e a depositare le materie
solide.
La parte alta della fossa si chiama camera di chiarificazione, la
parte bassa, vano dei fanghi pesanti. Nella parte alta si trova un chiusino
attraverso il quale si provvede, quando necessario, allo spurgo dei
depositi.
La canalizzazione alla fossa settica deve essere realizzata in
leggera pendenza con l'interposizione di pozzetti di ispezione in corrispondenza
di curve con angoli superiori a 45°.
L'effluente chiarificato che fuoriesce
dalla fossa settica può essere disperso nel terreno mediante pozzi perdenti o
con tubi percolatori installati a pettine nel terreno.
Può essere adottato,
per la dispersione nel terreno, la tecnica dell'evo-traspirazione che consiste nel canalizzare le
acque chiarificate, a valle della fossa settica, in un terreno in cui si coltiva
il lauro ceraso che svolge una funzione naturale di filtro.

Vedi la
tabella sui criteri per la scelta del tipo di
dispersione

 
Fonte testo:
Vito Giorgio
Colaianni, Impianti tecnici dell'edilizia, Ed. Francoangeli, Milano,
2000.
Bruno Zevi, a cura di, Il Nuovo Manuale dell'architetto, Mancosu
Editore, Roma, 1996.
 
Fonte disegno:
Bruno Zevi (a cura di),
Il Nuovo Manuale dell'architetto, Mancosu Editore, Roma,
1996.
 
Autore disegno: Giovanni Fortenio

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Rete di scarico

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