La pietra come materiale per forgiare una struttura portante di un edificio non è stata utilizzata nel Regno Unito per circa cento anni. Tutti i Paesi industrializzati l’hanno man mano sostituita utilizzando acciaio e cemento, forse eccezion fatta per qualche caso francese. Groupwork, traendo ispirazione dal contesto limitrofo e dall’abbazia di origine normanna dell’XI secolo in particolare, in pietra appunto, considera come “esista più materiale in natura di quanto potremmo mai usare, sedimentato sotto i nostri piedi da milioni di anni. Ciò significa che la sua impronta di carbonio è di circa l’8% della sovrastruttura equivalente in acciaio o in cemento quando estratta, tagliata a misura, trasportata ed eretta in loco. L’erosione progressiva della pietra può essere facilmente superata dal sovradimensionamento degli elementi, come la storia dimostra - proseguono i progettisti - e il modo in cui finiamo/vestiamo la pietra dipenderà dai gusti”. Lo studio dell’intorno e della sua storia è stato condotto con meticolosa attenzione a ogni dettaglio in modo che le scelte progettuali fossero supportate dalla storia, ma pratiche e funzionali al tempo stesso. Lo sviluppo del volume ha le proporzioni di un cubo, figura che disegna anche i fronti attraverso colonne e pilastri in blocchi di pietra donandogli un ritmo scultoreo. Su un lato, un lungo percorso conduce a un piccolo giardino interno accessibile al pubblico progettato dall’architetto paesaggista Todd Longstaffe-Gowan in cui mosaici in ciottoli di pietra posati a mano alludono alla preesistenza storica; a livello del suolo “elementi tattili assumono la forma di colonne cadute con intagli decorativi che accennano alla lavorazione artigianale del materiale ma indicano anche la ricchezza della narrazione e la gioia vissuta durante tutto il progetto”, conclude l’architetto Amin Taha, fondatore dello studio.

LA PIANTA LIBERA
L’edificio ospita otto appartamenti e due piani di uffici distribuiti su sette livelli. Gli interni sono privi di colonne per consentire una progettazione flessibile e mutuabile in futuro secondo le esigenze: uffici e residenze, unità singole a più appartamenti per piano sono previsti spostando e alternando elementi divisori in legno di rovere che integrano pareti divisorie, porte e mobili. Attualmente l’edificio ospita uno o due appartamenti per piano, lo studio di Groupwork a doppia altezza al piano interrato e al piano terra e la casa dell’architetto Amin Taha all’ultimo piano. Due gli ingressi, uno dalla strada il secondo attraverso il pavimento di ciottoli; due i ponti che levitano sugli spazi al piano interrato consentendo alla facciata di inondarli di luce che conducono al nucleo scala e ascensore. Il passaggio dalla strada, chiuso, rivestito in legno, porta direttamente al sistema verticale di distribuzione degli appartamenti; la passarella dal cortile, in vetro, pare sospesa sullo studio e conduce a una scala in metallo grezzo piegato che porta al piano inferiore e a una sala riunioni, vetrata e sospesa anch’essa sul volume interrato. Lo sviluppo delle residenze riflette esattamente lo stile dei piani inferiori: gli appartamenti sono tutti in cemento e legno con pavimenti lucidi e soffitti a vista. Pareti, porte e mobili in legno di rovere scorrono e si incastrano, si piegano e oscillano insieme in una complessa matrice di schemi possibili per aprire o chiudere spazi diversi, come un puzzle. A ogni piano, il percorso intorno alla facciata è garantito da porte o pannelli scorrevoli che collegano una stanza con l’altra senza soluzione di continuità. Tutto è su misura, studiato al millimetro.

UNA QUESTIONE CONTROVERSA
Una volta costruito, l’edificio ha avuto una storia travagliata con un ordine di demolizione da parte dell’Islington Council e il conseguente ricorso presentato dallo studio Groupwork e dal suo fondatore a seguito di una disputa proprio sulla costruzione della facciata. Il complesso dibattito che circonda l’edificio risale al 2016. La facciata inizialmente doveva essere costruita con mattoni. Il cambio con la pietra calcarea grezza ha indotto il Comune a emettere due ordini di demolizione dell’edificio. Il primo è stato ritirato, il secondo, anch’esso ritirato, era il risultato della mancanza della documentazione tecnica relativa alle modifiche. Dopo un lungo iter, l’architetto Amin Taha ha dimostrato di avere effettivamente protocollato tutta la documentazione richiesta e ha vinto l’appello evitando che la facciata in pietra fosse sostituita da una in mattoni, ma apportando qualche modifica per rendere più uniforme il fronte. 

La zona giorno di un appartamento

IL COMPORTAMENTO AMBIENTALE
La necessità sia di tetti verdi che di regolazione dell’acqua piovana “che normalmente richiede scavi nel seminterrato con pompe a funzionamento costante, è combinata attraverso la messa a dimora di quattro alberi le cui radici assorbono l’80% della piovosità media annua di Londra, utilizzando il resto per l’irrigazione del verde annesso e come deposito in caso precauzionale”. Un camino solare vetrato è posizionato in cima al nucleo scala-ascensore con una sporgenza vetrata aperta, ma a prova di pioggia, per consentire la ventilazione naturale. Il contenimento nella produzione di materiali e dei processi di costruzione ha ridotto l’impronta di carbonio della sovrastruttura del 92%, dell’edificio complessivo del 40% e il costo di costruzione del 25%. I carichi energetici dell’edificio vengono ottimizzati con il controllo della distanza dell’esoscheletro in pietra in modo che funga anche da schermatura solare, dalla funzione isolante dello stesso, data dalla massa, e dalla scelta di serramenti in acciaio a triplo vetro. 

UNA NUOVA ETÀ DELLA PIETRA
“Le abilità e gli strumenti del maestro di cava nell’estrarre la pietra e del muratore nel tagliare e preparare il materiale imprimono l’unicità della lavorazione artigiana al singolo blocco” raccontano i progettisti di Groupwork. La pietra calcarea utilizzata per la facciata proviene da una cava francese, da una vena profondamente incisa con fossili, tra cui diversi gusci di ammonite a spirale molto visibili che aggiungono uno “stratificazione del tempo ancora più importante all’edificio”. Per lo spacco dei singoli blocchi, lo studio delle forze di carico e il dimensionamento di colonne e travi sono stati utilizzati software specifici. Controintuitivamente, gli angoli non sopportano quasi alcun carico e la sezione superiore degli elementi aumenta per resistere al carico degli infissi. “Le tre finiture intrinseche del processo di estrazione della cava (clivaggio sedimentario, forato e taglio a sega) disegnano superfici in elevazione casuali organiche controllate, che variano in base ai requisiti strutturali e alla casualità della cava” proseguono gli architetti. I riferimenti storici e le evidenze materiche della costruzione non richiamano però una costruzione classica: il volume ha differenti proporzioni, trasparenze inconsuete, sovrapposizione di conci non secondo principi gerarchici; è una facciata potente, massiva e trasparente al tempo stesso. È una esplorazione contemporanea della forma strutturale e delle dinamiche della costruzione in pietra, sviluppata con l’ingegnere Webb Yates. 

Scheda progetto
Committente: 15CC
Contractor: JB Structures
Structural engineers: Webb Yates
Internal area: 2,000 m2
Anno: 2012-2017
Environmental/M&E engineers: MLM Group
Acoustic engineers: RBA Acoustics
Landscape architects: Todd Longstaffe-Gowan
Approved building control inspection: MLM Building Control
Quantity surveyor / Cost consultant: Cumming Group EMEA
Awards: RIBA London Award 2018 and RIBA National Award 2018
Photos: Jimm Stephenson, Tim Soar

Arketipo 167, Involucri, Settembre 2023