Vivere insieme. Era questo il punto di partenza di ventisei famiglie che, insieme a NZI Architectes, giovane studio francese di architettura, hanno contribuito a dare vita alle proprie case a Montreuil. L’avventura è stata senz’altro avvincente, ma come hanno fatto notare i progettisti, lavorare a stretto contatto con i clienti finali ha comportato un coinvolgimento emotivo che si è tradotto in un’attenzione e in una responsabilità ancora più importante rispetto alla semplice progettazione di una serie di residenze di buona fattura che rientrassero in un certo budget. E se vogliamo, è proprio questo il senso dell’architettura: concepirla sulla base delle esigenze dei suoi fruitori. Una vocazione sociale, quest’ultima, troppo spesso trascurata dalla cultura progettuale. Tuttavia la partecipazione dal basso alla realizzazione delle proprie abitazioni è una pratica che, ultimamente, sta sempre più prendendo piede, anche se il suo svolgimento è spesso parecchio complesso, sia per la difficoltà di mettere insieme fruttuosamente tante idee sia per gli individualismi che inevitabilmente possono emergere. La richiesta più condivisa era la presenza del verde intorno alle abitazioni: queste sono distribuite in due blocchi con al centro una corte-giardino. Uno dei blocchi, tuttavia, prospetta sulla strada. Condizione, quest’ultima, che ha portato gli architetti a definire l’intervento come «double face», in quanto su un lato presenta un’anima urbana, sull’altro uno scenario dall’atmosfera bucolica. L’idea di partenza è stata di creare lo spazio per il verde, oltre che nella corte, anche sulle coperture. I giardini pensili sono due: uno più ampio sull’edificio con il tetto piano e uno più piccolo su una parte del tetto appartenente all’edificio che prospetta sulla strada, in posizione d’angolo.

La funzione di tali giardini è stata volutamente predisposta in maniera tale che gli abitanti potessero appropriarsene nella maniera più spontanea, proprio come in un esperimento. Molti di loro coltivano e condividono gli orti perché il suolo presenta un insieme di sabbia e compost che rende il terreno particolarmente adatto per la loro coltivazione. In questo scenario lo spazio verde collettivo assume un significato particolare, in quanto luogo per eccellenza di condivisione e di convivialità. Non esistono recinzioni, lo spazio è di tutti e sta al buon senso dei fruitori usarlo anche rispettando minime appropriazioni di fronte alle proprie case. Il giardino è popolato da arbusti a stelo alto, ma anche cespugli e graminacee. Ai suoi bordi il verde raggiungerà circa 80 centimetri per garantire la privacy delle abitazioni che su di esso prospettano. Sono previsti sistemi di raccolta delle acque piovane. Un’altra esigenza condivisa da tutti è stata quella di poter godere di spazi all’aperto, non necessariamente a verde, quanto più ampi possibile: e così, per esempio, i camminamenti esterni attorno alla corte sono più larghi del normale, in modo tale da poter essere usati quasi come delle terrazze o delle verande. Gli architetti hanno visto i futuri abitanti ogni settimana per cinque mesi, secondo un calendario di incontri mirato a recepire le esigenze e a tradurle in fatti concreti. Come hanno sottolineato: «Una volta ottenuto il permesso di costruire gli abitanti hanno disegnato le proprie case con noi. Il nostro ruolo era di consigliare in base alle specifiche esigenze personali e alla composizione di ciascuna famiglia. Non abbiamo mai imposto la nostra visione, l’obiettivo era di dare vita alle loro abitazioni».

Il contesto nel quale i 26 alloggi si inseriscono è piuttosto eterogeneo: popolato da strutture industriali, edifici residenziali e case unifamiliari, presenta fra l’altro forme, volumi e colori molto diversi fra loro. L’aspetto positivo è che nessuno di questi edifici supera mai i tre piani di altezza. Il nuovo intervento è contenuto nei due piani (più il piano terra) e si pone, con il suo garbo e la sua semplicità, come elemento ordinatore del caos esterno. Ancora, come elemento al quale fare riferimento, al quale guardare per una futura ed eventuale trasformazione dell’area. Gli spazi di connessione fra le abitazioni sono concepiti per essere esterni. Non si tratta di semplici passaggi o di corridoi. Sono stati volutamente pensati in modo tale da diventare ulteriori spazi all’aperto che gli abitanti possano usare in maniera spontanea. Potranno diventare spazi di sosta, di incontro, di scambio, per esempio. «Il tempo dirà se questo tipo di abitazioni è adatto a durare - raccontano NZI Architectes -. In ogni caso il fatto che i futuri abitanti si siano conosciuti durante la progettazione e la costruzione, che abbiano vissuto insieme le fasi critiche, oggi produce una convivenza piuttosto unica. Questa comunità, perché è di questo che si tratta, si evolverà: alcuni venderanno i propri appartamenti, altri li affitteranno, altri ancora conosceranno i conflitti tipici che la vita in comune è capace di generare. A quel punto, la tesi dell’habitat partecipativo sarà messa alla prova e avremo un ritorno in questa singolare e affascinante avventura».

IL TRATTAMENTO DELLE FACCIATE SULLA STRADA E SULLA CORTE INTERNA
Il trattamento delle facciate dei due edifici tiene conto del contesto nel quale si inseriscono. Quest’ultimo è piuttosto eterogeneo e vede la convivenza di case unifamiliari, edifici residenziali ed edifici industriali. I soli punti comuni sono le tipologie dei tetti spioventi e delle facciate trattate con materiali minerali: cemento, intonaco e pitture. E così, la facciata sulla strada è costituita da un basamento in calcestruzzo colorato di grigio scuro. Il basamento ha una forma variabile sulla strada, scelta mirata a conferire un effetto grafico alla facciata. La soluzione d’angolo, poi, è caratterizzata da una maggiore presenza del cemento scuro. Le case sovrapposte, così come le logge e i parapetti delle terrazze, hanno un rivestimento di legno, oltre a presentare delle coperture a due falde che fanno eco ai tetti del quartiere. Sul lato della corte, invece, la facciata fa eco - in quanto a materiali e a cromie - a quella che le sta innanzi e che appartiene al secondo blocco. Quest’ultimo, affacciato sulla corte, alterna parti intonacate di bianco e parti rivestite dello stesso legno utilizzato per l’edificio lungo la strada. In un certo senso il complesso respira gli «umori» della città cercando di trovare una sintesi equilibrata rispetto all’atmosfera caotica del quartiere. Con la sua veste dimostra che un’alternativa è possibile e che attraverso scelte semplici è possibile raggiungere armonia, proporzione e regolarità.

Scheda progetto
Progettisti: NZI Architectes
Committente: CPA CPS
Località: 11 rue Désirée Charton, 93100 Montreuil
Superficie lorda: 1,950 mq
Periodo di costruzione: 2015-2017
Costo: 3.060.000 euro
Partners-in-Charge: Sandra de Giorgio / Gianluca Gaudenzi
Consulenti: I + A (struttura), Wor (impianti), Moteec (economia), Champ Libre (paesaggio)
Impresa: ITEBAT (strutture), MCS (falegnameria esterna in legno)
Isolamento di massetti e guarnizioni: SCIPE
Elementi in metallo: BBG
Falegnameria interna: BOTEMO
Elettricità: ETR
Photos: Juan Sepulveda Grazioli

Arketipo 132, Residenze, ottobre 2019