La nuova Facoltà di Belle Arti dell’Università di La Laguna può essere annoverata come edificio Neo Brutalista? Di primo acchito, in forza della spiccata matericità del cemento e della plasticità della forma, certamente si potrebbe sostenere che appartenga a questa interessante e longeva corrente architettonica, che attraversa il tempo e il pensiero progettuale fin dal primo dopoguerra. Come ogni buon progetto, però, il lavoro di GPY Arquitectos risponde, attraverso la forma e la tecnica costruttiva, a diverse tensioni riconducibili al contesto urbano, sociale e naturale in cui l’edificio si trova: Tenerife è un’isola vulcanica dalla natura brulla e forte, dove la terra è nera e la vegetazione bassa; ai limiti della città di Santa Cruz, tra l’autostrada TF-5 e una via ad alto scorrimento, incastonata tra svincoli e strade, si trova il lotto di progetto, in un’arida striscia di terreno, prossima al campus universitario. Si tratta di un contesto complesso da volgere a proprio favore per creare un legame tra la nuova facoltà, il Campus di Guajara e una realtà urbana frammentata e distante e al contempo proteggersi dal rumore del traffico veicolare. La scelta progettuale è quella di impostare una forma sinuosa (che dall’alto richiama gli svincoli circostanti) che, come una strada, conduca gli utenti dallo spazio pubblico e quello privato del campus senza soluzione di continuità, passando sotto il volume stesso. Dalla terrazza interna, attorno alla quale si richiude l’edificio, si dipana un sistema di ballatoi e un’ampia rampa che conducono alle funzioni affacciate sui verdi patii interni. La volontà di legare in un’unica forma e con un’unica materia l’architettura, la città e la società, è ben visibile nell’impianto distributivo della facoltà. La ricerca di un habitat diverso dalla razionale logica della città è un tema presente anche nel Neo Brutalismo, dove gli spazi e i percorsi possano essere occasione di incontro e socialità per coloro che abitano il luogo (studenti della facoltà, studenti del campus, abitanti della città, in questo caso). L’edificio come luogo riconoscibile di aggregazione e identità comunitaria fu un perno della ricerca architettonica e funzionale di questo movimento, ed è certamente una delle linee guida perseguite in questo progetto. L’ingresso e la grande terrazza interna si trovano al terzo livello dell’edificio, dove si affacciano direttamente la biblioteca e la reception, oltre che parte delle classi. L’ampia rampa, come una promenade pedonale, conduce ai due livelli inferiori della facoltà dove si trovano aule e laboratori (Liv 2) e, più in basso, (Liv 1) auditorium, spazi espositivi e caffetteria, aperti a tutta la comunità. Il livello superiore (Liv 4), dedicato ad aule, è raggiungibile solo attraverso sistemi di risalita più privati (scale e ascensori).


I patii attorno ai quali si sviluppa l’edificio sono pubbliche, semi-pubbliche e private dell’edificio, piantumati con palme in ghiaia nera. Il verde sparuto, la terra nera e la grande massa dell’edificio che domina i vuoti contribuiscono a comporre un’immagine straniante, fuori scala, creando al contempo un paesaggio interno autonomo e protettivo. Il corpo dell’edificio non ha sezione costante; lungo tutto il lato est, dove si trovano i laboratori e le aule pratiche di scultura, pittura e disegno, la sezione è maggiore (lungo le facciate esterne, a nord e a sud, l’ampliamento è ben leggibile). Queste aule sono in doppia altezza e flessibili, grazie a un sistema di pareti mobili, che permette di creare spazi di diverse dimensioni o addirittura di aprire l’intero settore, a seconda delle esigenze. Lungo il lato ovest, dove il corpo è più sottile, si trovano le aule teoriche, le aule computer e le funzioni che non richiedono ampi spazi. Il sistema di accesso alle aule avviene lungo i ballatoi distributivi affacciati verso l’interno; è sempre presente, tra il ballatoio e l’aula, una zona buffer, di servizio, all’interno della quale si trovano anche i pilastri strutturali. La Facoltà di Belle Arti è concepita architettonicamente come un insieme di fasce parallele che, come un flusso ininterrotto, diventano ballatoio, rampa, schermatura e involucro dell’edificio. In questo progetto “esistono” - nel senso che sono visibili - solo due materiali (così come “esiste” un’unica forma continua e infinita): il cemento armato a vista e l’U-Glass opalino.


La maggior parte delle superfici della facoltà è in cemento armato a vista, con diversi tipi di finitura. La percezione di continuità ininterrotta delle fasce che compongono le facciate è ottenuta con una bocciardatura irregolare che maschera il segno dei casseri del getto. Questa finitura così rustica rifrange la luce in modo totalmente differente dalle altre superfici in cemento liscio, conferendo alle fasce una particolare forza materica. L’U-Glass, come un diaframma traslucido, si alterna e fa da contraltare alla massa delle fasce di cemento, separando gli spazi aperti e pubblici da quelli didattici e privati. Il rapporto tra le fasce traslucide e le fasce opache, inoltre, si modula in maniera diversa nelle facciate interne e in quelle esterne. Verso l’esterno le fasce di cemento sono più distanti per permettere un’illuminazione diretta delle aule; lungo le facciate interne, dove le fasce di cemento contengono i percorsi distributivi, la distanza è minore e lascia solo intravedere la parete in U-Glass, rendendo il prospetto più massiccio e imponente. Data l’opacità dei due materiali non c’è mai relazione visiva tra le funzioni interne e gli spazi esterni. Non ci sono decori né rifiniture; la cura del dettaglio è leggibile nell’accostamento di materiali essenziali e nel sistema costruttivo semplice. Si ritrova in questo un’idea di vero e onesto, tanto vicina alla logica dell’AS FOUND del Beton Brut. Ci sono, dunque, alcuni punti di contatto tra il Neo Brutalismo e il progetto di GYP Arquitectos, che per altro utilizzano spesso il cemento armato a vista come materiale costruttivo. È difficile però definire una connessione diretta con questa corrente, anche perché nella relazione di progetto non esiste riferimento in tal senso. Mi pare più interessante sottolineare che, al di là del riferimento iconografico che rimanda facilmente al Neo Brutalismo, in quest’opera siano presenti temi importanti dell’architettura (identità, connessione, protezione), e che proprio per la loro universalità sono indagati, da sempre e da molti (anche dai Neo Brutalisti), nel tentativo di dare una risposta alla città, alla società e alla comunità, perché questo è, in ultima istanza, il compito dell’Architetto.

IL SISTEMA MODULARE DI PORTICI, REALIZZATI CON PILASTRI E TRAVI
L’unico materiale strutturale impiegato nella costruzione dell’edificio è il cemento armato; l’unico elemento compositivo presente è la linea curva. Secondo i principi del Neo Brutalismo, il valore estetico è insito nella diretta corrispondenza tra materia e tecnica costruttiva, perché rappresenta una verità certa. Forse l’edificio della Facoltà di Belle Arti non è stato progettato secondo i principi della corrente Neo Brutalista, ma anche nella sua struttura se ne possono leggere alcuni elementi, sottesi e inespressi, forse generati proprio dalla combinazione di forma e materia. Per perseguire la tensione generata dalla continuità delle fasce di cemento orizzontali, senza interruzioni verticali (quali setti o pilastri), sono state adottate strategie costruttive differenti pur mantenendo una perfetta onestà tra materia e tecnica. La struttura dell’edificio è costituita da portali, non paralleli, con campata variabile da 8,70 a 13,40 metri. I portali hanno una distanza media di circa 6 metri e supportano due aggetti, che compensano i carichi principali dei solai, gettati in calcestruzzo armato con spessore 25 cm. Gli elementi a sbalzo sostengono verso l’interno i ballatoi distributivi e verso l’esterno dei terrazzi continui. La forma a T di questi elementi continui, gettati in opera in cemento armato, contribuisce a irrigidire la struttura curva. Per mantenere inalterata la continuità della facciata anche sopra l’ingresso, che ha una luce di 42 metri, sono state utilizzate due capriate parallele e curve in Vierendeel con una corda inferiore in calcestruzzo precompresso. La terrazza d’ingresso, l’altra grande luce del progetto, è stata realizzata con travi in cemento armato collegate da due solai, superiore e inferiore, in calcestruzzo pieno, a formare una resistente sezione a doppia T. Anche per la grande rampa curva, che conduce dal livello d’ingresso al livello più basso della facoltà, si è adottata una strategia simile; la sezione scatolare a U, composta dalla rampa e dai suoi parapetti, che rende l’intera struttura rigida.

Scheda progetto
Client: UTE Edificio Bellas Artes
Area: 32,260 mq
Cost: 23.409.279 euro
Years: 2014-2015
Photos: Aitor Ortiz, Filippo Poli, José Ramon Oller

Arketipo 176, New Brutalism, settembre 2024