Recuperi – Una vecchia torre è il punto di partenza per valorizzare l'eredità urbana di Braunschweig, in Germania

Nella prosperosa Braunschweig del XV secolo, un tessuto civico di case di facciata chiudeva un'antica “Kemenate”; all'epoca la città tedesca ne censiva altre 149 a punteggiare l'esteso urbano, mentre oggi, solo tre di queste antiche torri medioevali di spesse mura lapidee usate prevalentemente con funzione residenziale o di deposito, appaiono nell'inventario della Soprintendenza ai Beni Culturali. La Kemenate di Giacobbe si ergeva provata dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale dietro il volume dell'omonima Chiesa e dietro la rigida schiera delle “Vorderhäuser”. Le sue poderose mura realizzate in colite a blocchi, memori di un passato glorioso, erte fino a pochi anni fa in un sinistro e desolante vuoto sempre ben percettibile nelle città tedesche, sono divenute contenitore di cultura ad opera dello studio OM Architekten e del committente Joachim Prüsse, in collaborazione con la Comunità S.Martino e la Comunità Ebraica.

Tra passato e presente
Il rapporto fra antico e contemporaneo è stato risolto da un materiale: l'acciaio corten che riveste come cuoio la superficie della “Vorderhaus” e che, sulla base di un muro sopravvissuto al tempo, ripercorre la sagoma originaria del 1250. Lastre di corten si aggregano sotto l'egida dello scultore Jörg Plickat, che fissa alla facciata le lastre di diverse dimensioni con l'ausilio di 20.000 chiodi. La storica distribuzione delle finestre della casa è stata tradotta in elemento astratto dall'artista, in una geometrica combinazione di elementi opachi di acciaio corten ed elementi trasparenti di vetro

La dialettica di pietra e acciaio differenzia il nuovo dal vecchio. La lamiera di 1mm di spessore si appoggia ad un tavolato di OSB con guaina bituminosa, e si accoppia con stratificazioni di montanti, pannelli coibenti e strati ventilati. Si rinuncia alla gronda con una copertura di particolare pendenza che lascia scivolare l'acqua. Le finestre sono riquadri nella pelle preossidata oppure si spingono a tagliare copertura e facciate, creando dagli angoli di vetro inusuali prospettive sul centro storico.
Sul lato opposto, il rudere, dalle mura di 1 metro di spessore in colite a spacco della Kemenate, è stato ripristinato; all'interno, ha ricevuto una leggera mano di calce assumendo una velatura bianca esattamente come le tavole del pavimento e le capriate del tetto; l'esterno si mantiene veritiero, ma alla texture lapidea si sovrappone la copertura che per la linearità cela la gronda e la raccolta delle acque piovane con un manto di corten.

Nuovi spazi
Il tema del nuovo che si integra in un'armonica contrapposizione all'esistente ricorre sia all'interno che all'esterno: alla trifora tardoromana si sovrappone un serramento lievemente aggettante rispetto al piano di facciata, che lascia intatta la fisionomia dell'apertura. Il foyer è un volume di vetro con infissi che dividono lo spazio in partiture lineari, richiamandosi alla geometria di facciata.
All'interno i materiali si incontrano: una parete in acciaio corten, una in pietra e, a delimitare lo spazio foyer, anche il vetro.

Nella Kemenate la destinazione si distingue tra espositiva e celebrativa, mentre l'ultimo piano dell'edificio è una galleria con biblioteca e sala lettura per cui sono state disegnate eleganti e razionali librerie. Nella Vorderhaus, il piano terra è usato per i servizi igienici e di supporto al catering, mentre i due piani superiori sono residenziali o destinati ad ospitare borsisti. Lo spazio dialoga con la luce, che dalla scatola di vetro del foyer interposta fra i due volumi si relaziona con gli spazi bui delle sale espositive. Tra i materiali spiccano l'acciaio corten e i muri di pietra. Il resto è diafana trasparenza: nel foyer, la scala e le pareti sono di vetro ad eccezione del muro di fondo e del solaio di copertura, supportato da sottili pilastri di sezione tonda che si confondono nell'interno con i montanti della scala. Elementi opachi interni come i controsoffitti, le travi, il pavimento in legno riflettono luce diffusa con il loro candore. Il linguaggio dei materiali è rimasto inalterato nel tempo, e segna un dialogo tra contemporaneo e vissuto.