Commercio – Le spedizioni del settore lapideo interessano 167 mercati di tutti i continenti, ma il ristagno europeo e statunitense ne limita il potenziale sviluppo

Non si scopre oggi che l'esportazione lapidea italiana sta attraversando una lunga fase involutiva, con difficoltà abbastanza generalizzate. L'importanza decisiva del mercato internazionale per il comparto lapideo, però, suffraga la necessità di altre verifiche, per quanto possibile non limitate al periodo breve: alcune tendenze strutturali, infatti, si leggono meglio in confronti e valutazioni di lungo termine.

Nel 2007, le spedizioni italiane, comprensive dei sottoprodotti, sono state di 4,47 milioni di tonnellate, con una flessione del 7,3% rispetto all'anno precedente, ma anche del 4,9% nei confronti del 2001. In valore, il consuntivo del 2007 è stato pari a 1.917 milioni di euro, con diminuzioni dello 0,4% nei riguardi del 2006 e dell'8,3% rispetto al 2001.
Ciò significa che la situazione si presenta non facile anche nel raffronto pluriennale e che i problemi maggiori, ancor prima che nell'ambito quantitativo, si sono manifestati nel valore medio per unità di prodotto.

È ben vero che l'andamento dell'export lapideo italiano è piuttosto differenziato per grandi aggregati di destinazione, dove le maggiori sofferenze hanno colpito i mercati trainanti dell'Unione Europea e dell'America settentrionale e, nel periodo lungo, anche quelli del Medio Oriente. La congiuntura positiva dell'Estremo Oriente o dell'Africa, però, non è tale da correggere la diagnosi in maniera decisiva, perché le relative incidenze ponderali sono notevolmente minoritarie, senza considerare che le vendite nel Continente Nero siano caratterizzate da una presenza assai rilevante di sottoprodotti, che fanno volume ma contribuiscono poco al flusso valutario.

Sta di fatto che l'export nell'Unione e nel Nord America ha costituito nel 2007 il 49,7% del volume totale, contro il 57,3 del 2006 e il 51 del 2001; per quanto riguarda il valore, si è attestato al 62,8%, a fronte del 66,8 del 2006 e del 63,4 del 2001. In altri termini, rimontare le conseguenze critiche della congiuntura europea o di quella statunitense è difficile per chiunque, tanto più per l'Italia lapidea, oberata da un ampio differenziale negativo nel costo del lavoro, in quello dell'energia e persino del denaro. Si discute spesso di carenze promozionali, che indubbiamente sussistono, ma le strozzature di fondo riguardano quelle di competitività economica e gestionale.

Non mancano singolari successi su mercati nuovi: l'export lapideo italiano in Lituania ha raggiunto un milione di euro, con una crescita del 58%, mentre quello nel Bhutan è pervenuto al mezzo milione, con un balzo del 600 per cento. Non sono però queste statistiche a cambiare la sostanza delle cose, pur dovendosi sottolineare che le spedizioni di marmi e pietre dall'Italia hanno interessato anche nel 2007 ben 167 paesi di tutti i continenti, a testimonianza di un costante apprezzamento per le qualità e la professionalità che le distinguono.

L'export italiano, in buona sostanza, non ha sprint, ma potrebbe ritrovarlo a fronte di adeguati interventi. Non c'è un problema di mercato, perché il consumo lapideo mondiale, a prescindere da fluttuazioni congiunturali sostanzialmente fisiologiche, è in costante ascesa da tempo: c'è, invece, un problema politico, tanto più importante perché l'esportazione lapidea esprime l'uno per cento di quella complessiva e permette di valorizzare tipiche produzioni di nicchia.