Il Pavillon des fleurs, una casa a torre in miniatura smaterializzata da esili elementi di sostegno verticali e attraversata da una doppia scala a elica, adornata per la sua salita e discesa da fiori, e trafitta da due scivoli contenenti piante e fiori, realizzata per la Biennale d’Architecture di Lione del 2017, e Haut Dehors (Parigi), una parete specchiante da cui si slanciano a sbalzo delle lunghe mensole di legno sulle quali si innestano dei vasi con piante verdi, sono due installazioni che sintetizzano i temi di ricerca di Nicolas Laisné e di Dimitri Roussel, che nel 2018 si divide dal socio per fondare lo studio DREAM. I temi di ricerca sono: intrecciare natura e architettura, ossia, come scrive Roussel nel proprio sito, «l’idea di porre l’ecologia al cuore del progetto»; realizzare un’architettura bioclimatica; utilizzare metodi di costruzione responsabili; erodere negli edifici i confini fra interno ed esterno. Altro tema di ricerca, icasticamente espresso in Haut Dehors, è il balcone aggettante dallo sbalzo mozzafiato su cui poggia un rigoglioso verde intensivo; esso caratterizza l’edificio per uffici Anis Mérida, oltre a Canopia (2016), Arboretum (2016) e l’Arbre Blanc (2019). È riconosciuto da Laisné e Roussel come “il tema” della loro architettura, tanto da coniare lo slogan “l’ultimo piano a tutti i piani”. Il concept di progetto è stato appresentato in sei assonometrie, che mostrano un’impostazione razional-fuzionalistica capace di tradursi in poesia, tanto da spingere Laisné ad affermare: «L’edificio presenta un’estetica motivata da nuovi modi di vivere e lavorare. Il funzionalismo può essere divertente». La prima assonometria presenta un parallelepipedo compatto rivestito da un curtain wall: è la raffigurazione del tipico edificio per uffici modernista, energivoro, per la quantità di energia necessaria per raffrescarlo in estate, soprattutto in un clima mediterraneo come quello di Nizza, e per riscaldarlo in inverno.

La seconda assonometria illustra l’evoluzione della tipologia per uffici tradizionale: qui gli architetti proiettano lo spazio architettonico oltre il limite della vetrata, realizzando balconi il cui aggetto è sapientemente calcolato per evitare che in estate la radiazione solare diretta, entrando negli uffici, provochi l’abbagliamento e il surriscaldamento degli spazi, consentendo invece durante l’autunno e l’inverno, quando il sole è più basso, di penetrare nelle viscere dell’edificio per riscaldare gli ambienti con un contributo termico gratuito. In questo modo i balconi sono adottati come efficace soluzione architettonica al posto di costosi sistemi meccanici di schermatura solare contribuendo, come strategie bioclimatiche passive, a migliorare le prestazioni dell’edificio e a ridurre i consumi energetici sia per il raffrescamento estivo che per riscaldamento nella stagione più fredda. La terza assonometria mette in scena la “mossa del cavallo” degli architetti: i balconi, che vengono frastagliati, sbalzano sul vuoto a dismisura, oltre la loro reale necessità di schermatura, per diventare zone buffer volte a evitare la classica cesura fra interno ed esterno e a graduare l’esperienza dei passaggi d’ambito introducendo uno spazio di intermediazione necessario per “far prendere fiato” alle persone e abituarle alla transizione da un luogo a un altro. A tal proposito Laisné e Roussel affermano: «progetto dopo progetto […] il balcone è divenuto un elemento a sé. Ci viene in mente una caratteristica propria all’architettura giapponese: ovvero la creazione di spazi intermedi che fanno sì che non vi sia una definizione netta fra dentro e fuori, ma una gradualità del campo semantico che definisce gli spazi del progetto». La zona buffer, in questo caso, è stata anche pensata come un insieme di ampie stanze all’aperto, ma al coperto, immaginate come estensione degli uffici, quindi aree di lavoro e per riunioni informali, e luoghi dove socializzare con i colleghi.

L’esercizio sulle zone buffer, composte da chiusure verticali (le classi di elementi tecnici pareti perimetrali verticali e infissi) e partizioni orizzontali esterne (le classi di elementi tecnici balconi, logge e passerelle), è un tema di ricerca oggi in voga e viene praticato da quegli architetti il cui obiettivo è trasformare questo spazio in un dispositivo bioclimatico, oltre che utilizzarlo come soluzione di involucro permeabile. La ricerca sulle zone buffer rimanda allo studio PLUS - Les grands ensembles de logements (2004) di Lacaton & Vassal, i cui risultati teorici trovano successiva applicazione in alcune loro realizzazioni (per esempio la Transformation de la Tour Bois le Prêtre - Paris 17, 2011), dove la coppia di architetti francesi, dopo essersi interrogata su come intervenire sugli edifici di edilizia economico-popolare esistenti privi di qualità estetico-formali, i cui appartamenti sono spesso sottodimensionati e di classe energetica infima, propone di evitare la loro demolizione e ricostruzione, per i costi esorbitanti e per l’eccessiva impronta ecologica delle due operazioni, a favore di una rifunzionalizzazione attraverso l’addizione in facciata di balconi e giardini d’inverno, dove i primi garantiscono un affaccio verso l’esterno e, al contempo, di proiettare ombra sugli appartamenti al livello inferiore, mentre i secondi, oltre ad ampliare la superficie del singolo alloggio con spazi accessori multifunzionali, diventano dei dispositivi bioclimatici capaci di favorire d’estate la ventilazione naturale trasversale, mentre d’inverno si trasformano in accumulatori di calore, generato per effetto serra, e che viene rilasciato negli ambienti interni. La quarta e la quinta assonometria esplicitano le mosse necessarie a garantire uno spazio per uffici completamente sgombro (eccezion fatta per i bagni, collocati in pianta in posizione baricentrica, e per le quattro file di pilastri in cemento armato disposti secondo un ritmo A-B-A), quindi flessibile perché partizionabile a piacere in funzione delle necessità, capace di assicurare così il massimo della superficie commerciale utile: gli ascensori vengono spostati all’esterno (sono stati posizionati nella metà dei lati corti) e insieme a loro le scale (che occupano tutti i fronti a eccezione di quello est), le quali funzionano sia come elementi distributivi verticali sia come scale di emergenza.

La scelta di liberare la pianta da quanto non strettamente necessario e di spostare gli elementi di risalita all’esterno è simile a quella adottata da Franchini, Rogers e Piano nel Centre George Pompidou, tant’è vero che gli architetti affermano: «il nostro progetto Nice Méridia è una sorta di Beaubourg sommato all’Arbre Blanc»4. L’Arbre Blanc, una torre multifunzionale realizzata a Montpellier nel 2019 da Laisné e Roussel insieme a Sou Fujimoto (progetto pubblicato su «Arketipo» n. 132), è infatti caratterizzato da un profluvio di balconi che si distendono sul vuoto come rami di un albero. Se da un lato la soluzione alla Beaubourg massimizza la quantità di spazio commerciale e la flessibilità degli spazi interni, rischia dall’altro di rappresentare un limite, una riduzione del respiro verticale che potrebbe avere l’edificio in presenza di una corte/giardino pensile interno o di un sistema distributivo centrale in cui valorizzare sia la ventilazione naturale nei suoi moti convettivi, sia la distribuzione più omogena dell’illuminazione naturale nelle aree più interne, destinate anch’esse a uffici, che però sono più distanti dal contributo termico della radiazione solare diretta e presentano una minore interazione con il contesto esterno. La sesta assonometria mostra l’ultimo elemento che insieme ai balconi fortemente aggettanti connota la zona buffer e quindi l’interno complesso: una ridda di alberi, disposti come tanti pixel ai diversi livelli dell’edificio, punteggia la facciata e in qualche modo la smaterializza attraverso la sua naturalizzazione. L’uso del verde non si limita qui a soddisfare un’esigenza decorativa o modaiola, né può essere interpretato come un semplice escamotage di mimesi con l’ambiente circostante, né tanto meno una strategia commerciale per incrementare il valore immobiliare degli uffici dando loro un’identità green. Su due lati dell’edificio il verde diventa “materiale da costruzione”, dispositivo tecnologico di mitigazione ambientale e di miglioramento della qualità indoor. I grandi vasi posizionati sugli aggetti ospitano un’ampia selezione di essenze arboree tipiche del contesto climatico della Costa Azzurra, che hanno da sempre caratterizzato gli spazi dell’abitare mediterraneo, connotando la qualità estetica e fruitiva di patii, cortili, giardini, chiostri, come un tempo avveniva nell’atrium delle domus, nel peristylium e nell’hortus. Nell’ANIS Office Building lo sviluppo verticale del verde subisce un’accelerazione, assumendo un ruolo guida nella composizione architettonica e nella modularità strutturale: le superfici dei balconi vengono svuotate, la struttura portante ritmata in doppie altezze ed espansa, sagomata ed estrusa per dare spazio ai rami e alle fronde, in un intreccio poetico e funzionale di grande armonia. Sempre nella sesta assonometria si vedono rappresentati gli altri elementi integrati nel progetto definitivo: i pannelli fotovoltaici, due collettori d’acqua piovana, una porzione della quale viene raccolta in un bacino ubicato alla quota del piano interrato, dove si trovano i garage. (M.Z.)

STRATEGIE BIOCLIMATICHE, SALUTE E COMFORT
Very good è stato il risultato della certificazione BREEAM1 ottenuto dall’ANIS Office Building. Molte sono infatti le strategie progettuali e le soluzioni tecnologiche adottate rispondenti ai principi e ai requisiti strategici che definiscono un approccio integrato per la progettazione, la costruzione, la gestione dell’organismo edilizio, e che influiscono sull’impatto ambientale, sociale ed economico nell’intero ciclo di vita dell’edificio. I principali dispositivi tecnologici che rendono questo edificio per uffici un esempio di alta efficienza sono: l’integrazione architettonica in copertura del sistema fotovoltaico per la produzione di energia elettrica; il sistema a pompe di calore (condensanti ad aria), ventilconvettori e griglie di ventilazione integrate nel pavimento galleggiante, che assicurano sia il riscaldamento che il raffrescamento di tutti i locali, predisposti per il futuro collegamento all’impianto geotermico distrettuale; la ventilazione naturale trasversale e la ventilazione meccanica degli ambienti mediante l’installazione di unità di trattamento aria con recupero di calore a doppio flusso; l’uso di infissi ad alta efficienza; la raccolta dell’acqua piovana, stoccata in bacini posti in copertura e al piano interrato, utilizzata per il sistema di irrigazione a goccia del verde pensile; l’accessibilità ai trasporti pubblici e a sistemi di mobilità soft. Ma ciò che contraddistingue l’ANIS Office Building è il superamento degli standard normativi sull’efficienza energetica (EPBD2 - NZEB3), puntando al raggiungimento di una elevata qualità ambientale degli spazi interni IEQ (Indoor Environmental Quality), grazie anche alla consulenza di Oteis e all’uso di software come Radiance, per la simulazione dei livelli di illuminazione interna, e Virtual Environment 2016 per l’analisi del comportamento termo-igrometrico dell’edificio in regime dinamico. La sfida progettuale dell’ANIS Office Building si è basata sulla percezione sensoriale degli ambienti interni/esterni capace di innescare reazioni positive sullo stato fisico e mentale degli utenti (salute e comfort). Seguendo un approccio eco-sistemico, fortemente interdisciplinare, le scelte adottate durante il processo progettuale e costruttivo hanno inciso sui quattro fattori determinanti: qualità dell’aria interna, comfort termico, qualità visiva (luce naturale e artificiale) e comfort acustico. Le soluzioni tecnologiche che caratterizzano l’involucro edilizio come le ampie superfici vetrate, l’uso predominante del bianco e di una palette dai toni molto tenui che aumenta la riflessione della luce naturale negli spazi interni, i profondi aggetti che creano ombra e raffrescamento passivo nelle aree di relax, l’integrazione del verde nei terrazzi ai diversi piani che favorisce anche una evapotraspirazione, la ventilazione naturale trasversale per una buona qualità dell’aria, gli alti livelli di daylight negli uffici. La vista dell’esterno e la relazione con il contesto sono tali da stimolare una percezione confortevole dello spazio lavorativo capace di ridurre i livelli di stress e di generare risposte adattive del corpo e interazioni positive. Analizzando più da vicino la risposta microclimatica e termofisica dell’organismo edilizio, si potrebbe azzardare una considerazione sulla vera chiave bio-climantica del progetto e sull’efficacia del suo involucro adattivo: non troviamo certo una facciata cinetica di ultima generazione, nessuna soluzione high-tech. Scopriamo il segreto della centralità e dell’integrazione architettonica degli elementi naturali – luce, aria, verde – valorizzati in tutta la loro potenza espressiva e prestazionale, orientati sia a una nuova qualità dell’abitare sia a una relazione sana con l’utente, attenta al suo benessere. (A.T.)

Scheda progetto
Località: Nice, France Zac Nice Méridia (plot 2.1a)
Committente: Pitch Promotion
Costo: 13 milioni euro excl. VAT
Area: 6,771 mq
Periodo di costruzione: marzo 2017 - novembre 2019
Programma: office, retail
Progetto: ANIS Office Building
Architects: DREAM (Dimitri Roussel) + Nicolas Laisné Architectes
Equipe: Marie-Aglaé Boukouvalas, Stella Buisan, Leticia Martinez Velasco, Martina Bonardo, Cécile Bleaux
Project manager: Marie-Aglaé Boukouvalas
Landscape designer: Tangram Paysage
Structure engineering: Grontmij
Environmental engineering: Le Sommer Environnement
BET TCE: OTEIS
BIM manager: Monokrom (BIM level 2)
Environmental approach: BREEAM very good certification, Smart Grid ready and CRQE label
Prizes: Pyramide d’argent 2018
Photos: Cyrille Weiner

Arketipo 145, Flessibilità, marzo 2021