Commercio – Il paese asiatico sta investendo ingenti risorse per sviluppare il settore estrattivo, guardando a un futuro senza oro nero

Con 2,2 milioni di kmq, che ne fanno quasi un continente ed un paese pari a sette volte l'Italia, il Regno Saudita vanta un quarto delle riserve mondiali di petrolio, diventando un protagonista dell'economia internazionale. Basta pensare che, nel 2007, il suo prodotto interno lordo ha raggiunto 359 milioni di dollari, con una crescita media del 16% nel corso dell'ultimo quinquennio; e che il suo tasso d'inflazione è molto circoscritto, essendo pervenuto al massimo proprio nel 2007, con meno di due punti percentuali.

Lo sviluppo del settore lapideo
In queste condizioni, non sorprende che il consumo lapideo vi abbia fatto importanti progressi. Oggi, il mercato interno saudita vale sette milioni e mezzo di metri quadrati annui in marmi e pietre, per un valore nell'ordine di 115 milioni di dollari, e trova un forte supporto nello sviluppo accelerato dell'edilizia, che nel triennio compreso dal 2006 al 2008 ha programmato la costruzione di 800mila unità residenziali, due terzi delle quali a Riyadh.

Il governo saudita, sapendo che le riserve petrolifere non sono eterne, ha fatto svolgere già da tempo un esauriente programma di ricerche alternative. L'iniziativa, unica nel suo genere per ampiezza dell'impatto sul territorio, è stata realizzata con tecnologia francese ed ha permesso di portare alla vista importanti riserve di materiali lapidei, ed in taluni casi di avviare utilmente la loro coltivazione.

I fattori competitivi
Le produzioni locali di grezzi e lavorati sono in costante espansione, grazie ad alcuni fattori trainanti che integrano il ruolo prioritario della domanda. Tra di essi, sono da citare il basso costo di concessione, pari a 2700 dollari per kmq da versare “una tantum” all'inizio dell'attività estrattiva; la competitività del salario medio, che è di 235 dollari al mese; e da ultimo, le forniture di energia a prezzi particolarmente competitivi.

Le aziende operanti nel settore lapideo sono soltanto 130, alcune delle quali a ciclo completo, ma gli investimenti procedono alacremente, sia nelle cave, con l'apporto prioritario di tecnologie italiane quali le tagliatrici a catena e le macchine a filo, sia nei laboratori. Qui operano, fra l'altro, 110 telai da granito dislocati soprattutto nei comprensori industriali di Jeddah e Riyadh, e dove il “know-how” italiano è ugualmente preferito.

Tecnologie d'importazione: il ruolo del made in Italy
La domanda ha assunto dimensioni tali da poter essere soddisfatta solo in via minoritaria dalle produzioni locali. Ne è conseguito un ampio sviluppo degli acquisti dall'estero, in specie di prodotti finiti, in cui sono privilegiate le forniture provenienti da Giordania, India, Iran, Siria e Turchia, ed ora anche dall'Oman, che ha conquistato il 15% del mercato. L'Europa è svantaggiata dai prezzi più alti, ma nelle commesse di alto livello, in cui la qualità è fondamentale, l'Italia è sempre sulla cresta dell'onda e non teme confronti.

Gli ultimi dati evidenziano acquisti sauditi di lapidei italiani per oltre due milioni di metri quadrati, in flessione di circa un quinto, ma con un discreto aumento del prezzo medio.
Buone opportunità per il “made in Italy” sussistono anche nell'ambito delle tecnologie, in particolare delle macchine per l'industria lapidea, dove l'import saudita si è portato intorno ai dieci milioni di euro, anche in questo caso con buone crescite della quotazione media per un unità di prodotto.
L'importazione è libera, fatta eccezione per il “made in Israel”, che non può essere introdotto in Arabia Saudita. Oggi esiste, caso mai, qualche problema monetario in più, perché il Real è agganciato al biglietto verde, cosa che costituisce un ulteriore punto a favore dei paesi che fatturano in dollari.