internazionalizzazione – La rassegna ha raccolto la testimonianza di 60 professionisti che hanno trasferito all’estero una parte importante della loro attività.

C'erano una volta le Archistar, una ristretta élite di progettisti che in virtù di una loro riconosciuta (o presunta) eccezionalità venivano chiamati in tutto il mondo a "lasciare un segno" del loro stile…

Potrebbe cominciare così il racconto dell'iniziativa promossa da Design Context durante il recente Salone del Mobile di Milano, presso la location di Palazzo Cusani, ospiti dell'evento Oikos - Colore e materia per l'architettura. Da martedì 7 a domenica 13 aprile la rassegna ha raccolto la testimonianza di 60 professionisti che hanno provato a raccontare una realtà differente, fatta di tanti studi grandi e piccoli che, un po' per scelta, un po' per necessità, hanno trasferito all'estero una parte significativa della loro attività.
L'hashtag associato all'iniziativa, #archistardust, esprime proprio la volontà di spostare l'attenzione dai "soliti noti" verso una "polvere di stelle" formata da esperienze eterogenee e trasversali a generazioni e percorsi differenti.

C'è chi ha iniziato direttamente a lavorare all'estero, dopo aver terminato là i propri studi o aver lavorato per qualche grande studio, come Marco Vanucci che ammette di "non aver idea di come si progetta in Italia".
C'è chi viceversa ha scelto il nostro Paese per una parte del proprio percorso: universitario (nonostante la scarsa attrattività delle nostre facoltà) o professionale, come Setsu Ito, che dopo essere venuto a ricercare i "maestri" (per lui Mendini e Mangiarotti) ha scelto di essere anche italiano perché "è meglio essere straniero sempre…".
C'è chi ha sviluppato strutture organizzative complesse per esportare il progetto made in Italy come Progetto CMR di Massimo Roj con 13 sedi operative nel mondo o ancora, come Claudio Zappia, che dopo una laurea alla Facoltà di Architettura di Reggio Calabria e otto anni di esperienza fatta negli studi Archea di Firenze e Paesaggi e Paesaggi di Roma, decide di entrare a far parte della squadra di Aecom, ritenuto lo studio di architettura più grande con circa 250 sedi e oltre 13.000 architetti impiegati.

#Archistardust, senza facili generalizzazioni, ha avuto il merito di provare a mappare la complessa galassia di opportunità, occasioni e difficoltà di lavorare in altri Paesi...e il valore aggiunto, se c'è, di essere italiani.

www.designcontext.net