Itinerari – Schedatura delle principali architetture realizzate nel corso del Novecento in Campania, con l’eccezione della città di Napoli

La vicenda dell'architettura in Campania nel corso del Novecento racconta una storia piuttosto varia e alterna, con qualche punta di eccellenza e periodi di profonda crisi. Pur non essendo mai assurta ad un ruolo realmente centrale nel panorama italiano, infatti, a momenti particolarmente bui se ne sono alternati altri di grande fermento e di notevole interesse anche a livello nazionale. Si pensi soprattutto all'esperienza liberty dei primi decenni del secolo, alle architetture di regime degli anni Trenta, al fervore degli anni Sessanta. Va subito detto che, per ovvie ragioni, la città di Napoli ha catalizzato molte delle opere di maggiore interesse. Episodi architettonici come i palazzi liberty di Via dei Mille, l'edificio della Posta centrale di Vaccaro, la Stazione centrale, o vicende complesse come la realizzazione della Mostra d'Oltremare e del Centro Direzionale hanno segnato nel bene e nel male i momenti cruciali dell'evoluzione dell'architettura in Campania. Tali esperienze esulano però dalla schedatura seguente, poiché sono già state oggetto di un approfondimento a cura di Pasquale Belfiore e collaboratori, uscito sul numero 22 di questa rivista.

La presente schedatura dà conto, dunque, delle principali architetture realizzate nel corso del Novecento in Campania - con l'eccezione della città di Napoli - e privilegia, per scelta di metodo, gli edifici pubblici rispetto alle case private, sia per l'ovvio motivo di limitare il campo, altrimenti troppo vasto, sia per il criterio della visitabilità, in modo da costituire un itinerario facilmente percorribile da parte di chi voglia toccare con mano quanto di buono si è realizzato in Campania nel corso del XX secolo.
Si tratta, in ogni caso, di una storia fatta, nei centri minori così come nel capoluogo, di episodi, di frammenti, di eccezioni in un panorama di generale mediocrità. E' stato così nei primi anni del secolo, quando al vieto e consunto ripetersi di architetture storicistiche ed eclettiche si opponevano frammenti di modernità che provavano, talvolta riuscendovi, ad adeguarsi al più aggiornato dibattito in corso in Europa in quegli anni. Allo stesso modo, a partire dal secondo dopoguerra, sono dei frammenti di qualità quelli che si stagliano al di sopra di un clima generale di bieca speculazione senza criterio, che finirà in pochi anni col deturpare e divorare ampi spazi di territorio.
Negli ultimi decenni del secolo la situazione non è molto cambiata. Nel panorama dell'architettura italiana, già ampiamente periferica rispetto a quella mondiale, la Campania non ha assunto di certo un ruolo centrale. Ancora una volta sono degli episodi occasionali, spesso firmati da accademici dalla buona matita, a caratterizzare l'esperienza del costruire in regione ed a segnare, dunque, la cadenza del nostro itinerario. Episodi che non hanno consentito di costituire un vero e proprio movimento, né una classe professionale realmente degna di questo nome, anche e soprattutto a causa dell'immobilismo dell'urbanistica, dell'inerzia delle istituzioni e dell'annosa scarsità di investimenti privati. E così, nonostante il passare dei decenni, la Campania ha continuato a produrre buoni architetti, formati nelle aule della storica Università Federico II così come nella nuova II Università, ma pochissime buone architetture. Con l'inevitabile risultato di una costante e crescente emigrazione professionale, cui cercano di sottrarsi un manipolo di architetti giovani, bravi e ostinati che, facendo fronte alle difficoltà, cercano di realizzare delle architetture di qualità.
Gettando uno sguardo agli ultimi anni, un laboratorio interessante che dà un po' di speranza per il futuro è quello di Salerno, dove si sono messi in campo una serie di interessanti progetti. Ma alcuni di questi sono stati affidati, senza lo svolgimento di un concorso di progettazione, alle solite archistar, confermando l'atteggiamento provinciale di molte amministrazioni italiane. Se ed in che modo questo fermento possa alimentare un più ampio movimento che coinvolga anche le classi professionali locali con nuove e interessanti occasioni professionali sarà la storia dei prossimi anni a dircelo.

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