Libri – Un pamphlet polemico di John Silber contro il presunto "genio" nell'architettura

Forse non poteva essere altrimenti. Una voce che si alza contro le mode che hanno segnato l'architettura e la critica negli ultimi anni non poteva che venire dall'esterno.
Da un dilettante: docente di filosofia e diritto, rettore dell'Università di Boston ma appassionato dell'arte di progettare e costruire a tal punto da essere nominato membro
onorario dell'AIA, dopo aver collaborato per diversi anni nello studio del padre architetto e quindi aver contribuito all'ampliamento dell'ateneo che ha guidato per oltre
trent'anni. Da un suo intervento intitolato Architettura dell'assurdo, durante un convegno, prende le mosse la teoria esposta nell'omonimo libro, recentemente edito in
Italia per i tipi di Lindau.
Un pamphlet breve, conciso, essenziale - come dovrebbero giustamente essere i pamphlet polemici che si rispettano - in cui John Silber attacca il supposto "genio"
dell'architettura e la sua presunzione nel credersi un creatore artistico tout-court, e non più un professionista che rispetta i committenti e gli utenti ultimi degli edifici.
Silber, attento osservatore dell'architettura moderna e contemporanea, riteneva tra gli anni '50 e '60 che mai potesse esistere un'architettura assurda, cioè "disarmonica,
ridicola, fuori tono, irragionevole, fuori luogo, ridicola..." come stava accedendo in molti campi della cultura e dell'arte, dal teatro alla musica, alle arti figurative. Questo
perché credeva (ingenuamente) che un architetto avrebbe sempre e coerentemente rispettato le relazioni con la committenza e il pubblico, secondo un principio a
"triangolo equilatero" che l'etica e il rispetto reciproco avrebbero sempre mantenuto tale. Silber si rese conto ben presto di aver commesso un grosso errore...
L'assurdo si insinua nell'edificio in modo talvolta subdolo, talvolta deliberato e consapevole, talvolta nell'uso delle tecnologie e dei materiali in modo arbitrario e non
adeguato, talvolta nelle scelte stilistiche e concettuali dell'autore. Sotto l'impietosa lente d'ingrandimento di Silber passano i maestri da Ieoh Ming Pei a Sert, fino agli intoccabili Le Corbusier e Wright, rispettivamente per il Piano di Algeri stoppato dal sindaco dell'epoca che ritenne folle un progetto che prevedeva di "distruggere e
ricostruire completamente una città di 300000 abitanti", e per Casa Kaufmann dove le celebri terrazze a sbalzo vennero realizzate con tecnologie scadenti e si dovette
intervenire poco dopo il termine dei lavori. Due casi di estrema arroganza del creatore che scavalca il volere e il giudizio dei committenti.
In tempi più recenti l'obiettivo critico si è rivolto contro i principi dell'iconismo e dell'archi-scultura: Libeskind, Holl e soprattutto Gehry. Le scelte di questi architetti sono
farcite di quello che Silber definisce "teorichese", cioè la supposta base concettuale e teorica da cui traggono origine le forme stilistiche e che servono più che altro a
giustificare azzardi formali fuori luogo. La figura di Gehry, il presunto "genio" dell'architettura contemporanea, indispone in modo particolare l'autore. Dalla Walt Disney
Concert Hall al Pritzker Pavillion gli edifici di Gehry non passano l'esame, vuoi per le scelte dei materiali (le lastre di acciaio inossidabile della sala losangelina che sotto
l'infuocato sole californiano accecano tutto l'intorno, e per questo vengono rivestite con teloni) vuoi per gli esorbitanti e ingiustificati costi che raggiungono. Il top di questa
classifica viene toccato dallo Stata Center del MIT dove Gehry raggiunge il massimo del suo "sprezzo per gli interessi dei committenti e la cura per la propria concezione
scultorea dell'edificio va di pari passo con l'indifferenza verso i sordidi problemi di tempo e denaro", e si mostra altresì indifferente alle esigenze e ai metodi di lavoro di
professori, ricercatori e studenti che andranno ad usare l'edificio. Una sorta di dittatore che si pone al vertice di un altissimo triangolo isoscele, per continuare con la
metafora geometrica, irraggiungibile per committenti e fruitori, un pontefice (nell'accezione classica del termine) che proclama la sua verità assoluta e intoccabile.
Ma non tutta la colpa è dei soli "geni" dell'architettura. Anche la critica, la storiografia e certi committenti dovrebbero farsi un esame di coscienza e recitare un sentito
"mea culpa".

John Silber
Architetture dell'assurdo. Come il «genio» ha tradito un'arte al servizio della comunità
Lindau
euro 18,50