Manresa è una cittadina catalana sita a nord di Barcellona, ricca di edifici medievali in pietra ben conservati, per la maggior parte in stile romanico o gotico catalano, che rendono il passeggiare nel suo centro storico un piacevole viaggio in quell’epoca. Buona parte di questi edifici sono stati nel tempo restaurati e recuperati e oggi ospitano funzioni pubbliche per la città: musei, archivi, scuole, servizi per i cittadini. Il progetto per il nuovo Museo del Barocco, inaugurato da pochi mesi, è parte di tali edifici ed è anche frutto di una singolare coincidenza che riguarda il suo progettista. L’architetto David Closes, autore dell’opera, realizzò tra il 2003 e il 2011, nel limitrofo borgo di Santpedor, un intervento di recupero sull’ex convento dedicato all’eremita Sant Francesc, trasformandolo in un auditorium. Il progetto, che ha avuto una sua notorietà e una buona accoglienza da parte della critica, realizzava il nuovo auditorium dentro la chiesa dell’ex convento, anche perché era l’unico elemento rimasto dell’antico complesso, essendo andate distrutte tutte le altre parti dell’edificio risalente al XVIII secolo: le ali conventuali e il chiostro erano scomparsi. Cinque anni dopo, la città di Manresa gli commissionò l’incarico per il progetto che vediamo in queste pagine, che da un certo punto di vista rappresenta la situazione esattamente inversa rispetto al caso precedente. L’intervento prevedeva infatti di realizzare i nuovi spazi museali all’interno dell’antico collegio di Sant’Ignazio, anche in questo caso un convento con impianto a chiostro, di cui però era stata distrutta nel 1936 durante la guerra civile spagnola proprio la chiesa barocca che ne era componente essenziale. Si è quindi trattato in entrambi i casi di recuperare complessi conventuali che erano stati amputati di una loro metà: a Santpedor si doveva convivere con il fantasma delle ali e del chiostro scomparsi, a Manresa con quello della chiesa distrutta.

Il collegio di Sant’Ignazio, il secondo fondato dai gesuiti in Catalogna, nacque come istituzione intorno agli anni ’90 del XVI secolo ed ebbe la sua prima sede nell’antico ospedale di Santa Llúcia, adiacente a dove venne poi costruito per fasi, a partire dal 1750, l’edificio a pianta quadrangolare articolato attorno a un grande chiostro centrale, che è giunto fino a nostri giorni. Le ali costruite per prime sono state quelle poste sui fronti ovest ed est, realizzate per l’appunto tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, a cui poi seguirono durante il XIX secolo sia le ali poste a est e sud, sia i piani superiori aggiunti sui fronti ovest e nord. Gestito dai gesuiti fino al 1892, il complesso aveva sempre avuto una funzione didattica, in particolare come scuola di istruzione secondaria specializzata in studi umanistici. Se si esclude l’evento drammatico di distruzione della chiesa a opera degli anticlericali già citato, il complesso era stato ben conservato nel corso dei secoli, caratterizzato da murature in pietra locale e uno stile architettonico sobrio. Tra gli elementi originali di maggior interesse, oltre al chiostro, vi sono un portale barocco in arenaria, sito su Carrer Viladordis a sud, che costituiva l’ingresso all’edificio iniziale del XVIII secolo, e una scala originaria dei primissimi tempi dell’edificio, che è tornata visibile proprio grazie all’intervento di David Closes. Sin dai primi momenti di ideazione, il progetto di recupero non si è voluto limitare solo a trasformare l’ex convento in un museo contemporaneo, cogliendo l’occasione del nuovo intervento per operare una rigenerazione a scala urbana che ha voluto mettere l’edificio in connessione, fisica e visiva, sia con i luoghi immediatamente contigui - la piazza di Sant’Ignazio, la chiesa di Santa Llúcia e l’orografia urbana disegnata sul tracciato di un antico torrente - ma anche con gli elementi significativi del patrimonio urbano e paesaggistico della città - la Basilica gotica di Santa Maria de la Seu (non lontana e ben visibile dal nuovo museo essendo posta in cima al promontorio cittadino del monte Puicardener, che è anche il nucleo primigenio di fondazione della città), la torre di difesa di Santa Caterina e la montagna di Montserrat (punto di riferimento essenziale per i catalani). Il fronte di accesso al nuovo museo si è spostato da sud, dove era quello dell’edificio preesistente, a ovest, ovvero, laddove era presente l’area lasciata libera dalla distruzione della chiesa. Con questa scelta, si è così avuto lo spazio necessario sia per realizzare una piazza pubblica antistante al museo, che lo mette in connessione con gli altri edifici già citati, sia un volume in grado di accogliere i nuovi spazi da realizzare.

Il muro divisorio tra il convento e la chiesa, che da elemento interno era diventato suo malgrado facciata, era la manifestazione visiva della distruzione, la sua memoria, portando drammaticamente le tracce e i segni degli archi e dei contrafforti vandalizzati. Spostando gli accessi a ovest, Closes sceglie di fare diventare il muro la facciata principale del nuovo museo, facendo entrare i visitatori attraverso la memoria dell’edificio che non c’è più. Su tale facciata, si collocano su tutta l’altezza dell’edificio i nuovi volumi scultorei, che oltre a ospitare gli spazi di accoglienza, l’atrio e gli accessi alle gallerie espositive, hanno anche lo scopo di sottolineare la nuova funzione pubblica dell’edificio e la sua contemporaneità. Tali aspetti, sono resi evidenti sia dalle forme di tali volumi che dall’uso di materiali come il calcestruzzo, l’acciaio, il vetro e le reti metalliche. La facciata “ferita” diventa protagonista, enfatizzando la sua matericità e sottolineandone le linee attraverso telai in alluminio, linee orizzontali e verticali appositamente disegnate per tale scopo e poste davanti a essa.
Il collegamento tra edificio e città si realizza anche attraverso un nuovo passaggio pubblico coperto, che è stato realizzato forando il piano terra del convento in corrispondenza dei nuovi volumi, consentendo un accesso al chiostro, direttamente dalla piazza. Complessivamente, l’intervento ha voluto razionalizzare, rinfrescare e ripensare gli spazi dell’edificio, per adeguarlo alla nuova funzione, che prevedeva di accogliere nelle lunghe gallerie del collegio preesistente, a primo piano, il Museo del Barocco della Catalogna, a secondo piano il museo storico della città e a terzo piano il museo dedicato alle opere dello scenografo teatrale Mestres Cabanes, originario proprio di Manresa. Si può accedere a tali spazi espositivi entrando nei nuovi volumi, sia direttamente dalla piazza, sia dal chiostro, attraverso una scenografica rampa metallica di color arancione. Il percorso disegnato dai nuovi volumi culmina, nel suo punto più alto, all’ultimo piano, con una gradonata che si affaccia sulla città, diventando un ulteriore punto di connessione. In effetti, forse l’essenza del progetto è proprio quella di disegnare un percorso che stabilisce connessioni: permette di ammirare gli elementi chiave dell’antico collegio - il chiostro, le volte a botte, le impronte sul muro divisorio -, collega l’edificio alla città, ridona significato sia al luogo dell’intervento sia all’ex collegio gesuitico. Dal punto di vista costruttivo, sia nei nuovi elementi che nel consolidamento di quelli esistenti, David Closes ha scelto di mantenere chiaramente visibili le soluzioni strutturali e tecnologiche che ha utilizzato, in alcuni casi direttamente, in altri in modo più sottile, con una onestà costruttiva che sa mettere coraggiosamente in relazione critica diretta antico e contemporaneo con un dialogo che non lascia indifferenti. In tal senso, si nota una libertà intellettuale nel rapportarsi con l’antico, attraverso un’energia gioiosa nelle linee, nei volumi e nelle scelte progettuali, che ci dimostra ancora una volta come sia tuttora viva quella forza espressiva della scuola architettonica catalana che, avendo in Enric Miralles l’indimenticato maestro, irruppe con successo sulla scena internazionale alla fine del secolo scorso e oggi continua a realizzare interventi di qualità con bravi architetti della generazione successiva.

DIALOGO MATERICO TRA PASSATO E PRESENTE
Il progetto di recupero e riuso del nuovo museo è caratterizzato, sia architettonicamente che costruttivamente, dall’aver reso chiaramente visibili gli interventi contemporanei realizzati sull’edificio esistente. Si è scelto di rendere manifesti non solo gli elementi di nuova costruzione ma anche, negli elementi esistenti, quali sono stati restaurati e quali sono stati oggetto anche di un consolidamento e, in questo ultimo caso, l’intervento di rinforzo strutturale è stato realizzato in modo da rimanere chiaramente visibile anche per i visitatori. Questa voluta sincerità progettuale e costruttiva permette di instaurare un dialogo tra gli elementi realizzati per fasi nei secoli precedenti e quelli realizzati oggi, dialogo che è sottolineato in particolare dalla scelta dei materiali e dei colori che sono stati utilizzati. L’edificio esistente è prevalentemente costruito in pietra locale di colore chiaro, con anche elementi con le tipiche volte alla catalana in laterizio lasciate a vista in molti ambienti. Su di esso il progetto ha previsto un restauro molto fedele all’originale che ha puntato a pulire le superfici, soprattutto il muro divisorio tra il collegio e la chiesa demolita, che è stato così enfatizzato e valorizzato. Gli elementi di nuova costruzione, invece, sono caratterizzati da materiali e forme tipici della contemporaneità, con parti “decostruite”, differenti tra loro, che guidano il visitatore in modo naturale lungo i nuovi percorsi disegnati per il museo. La struttura portante è in calcestruzzo armato gettato in opera e in tubolari d’acciaio lasciati di color naturale all’esterno e dipinti di bianco all’interno. Sia gli elementi di calcestruzzo che quelli d’acciaio hanno giaciture con inclinazioni variabili, diagonali, come ad esempio i pilastri d’acciaio incernierati a terra che si inclinano e si incrociano tra loro tra il piano strada e quello ammezzato. Tali giaciture libere, differenti dai piani ortogonali tipici dell’ex collegio, sottolineano ulteriormente il dialogo tra passato e presente. L’assenza di colore scelta per la nuova facciata è confermata sia dall’uso di grandi superfici vetrate di colore neutro sia dagli elementi metallici, alluminio e acciaio inox, lasciati di color naturale. La tessitura di elementi tubolari in alluminio satinato che sono stati posti davanti al muro rimasto della chiesa demolita, grazie alle loro linee e alle ombre che proiettano su di esso, invitano a una affascinante lettura originale dei resti di tale memoria storica.

INTERVENTI PUNTUALI E DUREVOLI
La trasformazione dell’ex collegio nel nuovo museo ha visto una serie di interventi, diffusi su varie parti del complesso. Oltre alla realizzazione dei nuovi volumi posti sul fronte ovest, nell’edificio esistente si è intervenuto sulle gallerie del chiostro a tutti i livelli - in particolare realizzandovi anche i bagni posti al piano primo - si è recuperata e resa fruibile la scala nord-ovest (parte del primissimo edificio realizzato nel XVIII secolo) e si è costruita una nuova scala nell’ala sud. Le soluzioni costruttive e i materiali sono state scelte, in particolare in esterno, per garantire durabilità, bassa manutenzione e un buon invecchiamento: acciaio inox, calcestruzzo e alluminio anodizzato nei nuovi volumi, malte di calce, laterizi e calcestruzzo prefabbricato sui muri esistenti. Dal punto di visto ergotecnico, la fase più complessa è stata la costruzione dei nuovi volumi che, da un punto di vista strutturale, si era scelto di collegare in parte all’edificio esistente. In una prima fase, la facciata residua della chiesa è stata messa in sicurezza statica. Successivamente, si è proceduto a forare la porzione di essa che sarebbe stata a contatto coi nuovi volumi. In seguito, in corrispondenza del foro appena realizzato, sono state inserite e cementate nelle strutture e negli impalcati esistenti delle nuove travi in acciaio, con funzione di rinforzo e futuro punto di connessione con le strutture portanti delle nuove parti del museo. A quel punto, è iniziata la costruzione dei nuovi volumi, con strutture in elevazione miste, acciaio e calcestruzzo. Gli elementi d’acciaio, come detto, sono tubolari mentre le parti in calcestruzzo sono superfici piegate piene autoportanti in mutua relazione con gli elementi lineari in acciaio e le nuove travi metalliche poste sui bordi dei solai dell’ex collegio.
Le facciate vetrate dei nuovi volumi sono state quasi interamente rivestite con lamiere stirate di alluminio anodizzato con funzione di schermatura solare di tali superfici, essendo esse esposte prevalentemente a ovest e sud. La loro presenza è parte della strategia di controllo climatico: riducono il calore incidente estivo, consentono i guadagni solari invernali, permettono la ventilazione trasversale quando sono aperte le parti vetrate apribili poste sui fronti contrapposti. Unico elemento di colore acceso presente nel nuo-vo progetto è la rampa arancione in acciaio che parte dal portico sul lato ovest del chiostro e che, salendo, attraversa il muro esistente percorrendo un tratto tra due muri originari in pietra per arrivare nel nuovo atrio a tutta altezza. Con le sue geometrie e il suo colore, rappresenta una nota di contemporaneità gioiosa affacciata sull’antico chiostro, segnale evidente del nuovo intervento.

Scheda progetto
Client: Manresa City Council
Architect: David Closes i Núñez
Design: 2015-2022
Construction: 2016-2023
Area: 2,660 mq (new accesses)
Cost: 6,6 million Euro
Architect: David Closes i Núñez
Architects: Sònia Cantacorps, Ramon Nieto
Construction engineer: David Jiménez, Pere Foradada
Structures consultants: Manel Fernàndez (Bernuz- Fernàndez arquitectes), Carles Jaén (Best Costales- Jaen)
Industrial engineer: Toni Vila
Draftswomen: Maria Vilaseca, Anna Vilaplana
Builders: Artífex Infraestructuras, Constructora D’Aro, Construcciones Fertres, Constructora del Cardoner, UTE Natur System, Solvetia, Rècop Restauracions Arquitectòniques, Constructora de Calaf
Photos: Adrià Goula, José Hevia

Arketipo 175, Reuse, Giungo 2024