Come abbiamo già avuto modo di ricordare, Beirut è una città in continuo divenire e trasformazione, costruzione e ricostruzione e il progetto presentato in queste pagine ne rappresenta un ulteriore episodio. All’interno dei profondi interventi avviati da Solidere nel centro storico, subito dopo la fine della guerra civile, la realizzazione della nuova Marina, ma soprattutto di una nuova ampia porzione di lungomare pubblico chiamata Zaitunay Bay, è un progetto urbano che ha avuto e sta avendo inevitabilmente delle conseguenze significative sulla natura stessa di Beirut. Realizzare una “nuova” porzione di città è sempre un’operazione complessa. Di conseguenza, sin dall’inizio, il programma aveva previsto un ampio insieme di funzioni pubbliche e private, al fine di rendere più ampio l’interesse verso questa nuova realtà e cercare di accelerarne una familiarità d’uso negli abitanti, visto che non vi era una storicità consolidata: aree pubbliche, residenze, yacht club, ristoranti, negozi e opere d’arte all’aperto. Come è avvenuto per la gran parte degli altri progetti avviati da Solidere a Downtown, anche in questo caso la progettazione è stata affidata a un importante architetto di fama internazionale, associato a uno o più professionisti libanesi. L’ambiziosa operazione di trasformazione ha avuto un iter abbastanza lungo, tredici anni per arrivare all’apertura di tutti gli spazi ed edifici, con un elemento non ancora completato che, apparentemente minuto, è in realtà assai significativo per l’essenza stessa del progetto. Per rispondere a un programma così sfidante e verso cui c’era sin da subito una grande aspettativa, Steven Holl, qui insieme allo studio L.E.FT e in associazione a Nabil Gholam, ha pensato ad un disegno urbano caratterizzato da spazi continui, ispirati dai naturali movimenti del mare, costituiti da strati piani fortemente orizzontali e sovrapposti, con l’obiettivo di dare un carattere dinamico a questa nuova porzione di città. Il progetto prevede infatti l’estensione, l’allargamento, della celebre Corniche di Beirut, la passeggiata sulla costa fiancheggiata da palme che abbraccia gran parte del litorale della città e che nacque, come primo tratto e fondamento, con l’apertura della celebre Avenue des Français, costruita durante il periodo del Mandato francese di Libano e Siria, allargando e ripensando ad uso pedonale la precedente Rue Minet El Hosn, estendendo il centro storico verso il mare e dando così vita al primo lungomare di Beirut. Ottenuta in parte modellando la costa originaria riempiendola con macerie provenienti dal centro storico, con i suoi ampi camminamenti, la Corniche divenne rapidamente, ed è tuttora, uno degli spazi pubblici più frequentati.

Le viste verso la città, il Mediterraneo e il Monte Libano, nonché la costruzione repentina di hotel, spesso con nomi “esotici” a testimoniare la presenza straniera, come ad esempio Le Vendôme o il Normandy, oppure inneggianti al “mitico” passato dei luoghi, come il Phoenicia, entrati in breve tempo nell’immaginario e nella quotidianità della città, contribuirono sin da subito al suo successo. Durante la guerra, il viale cadde in disuso poiché fu occupato da una estesa discarica che venne chiamata proprio Normandy, dal nome dell’albergo nel frattempo scomparso e che era qui presente. I resti della discarica non sono ancora del tutto scomparsi nelle zone ancora da ricostruire. Al termine del conflitto civile, attraverso un progetto realizzato da Gustafson Porter, venne ripristinata la passeggiata con il nuovo nome di Shoreline Walk, riprendendo le linee storiche della costa della città, che in parte erano state danneggiate o coperte durante la guerra, aggiungendovi anche nuove piazze ed incorporandovi un elemento di acqua lineare, a richiamare la diga marina che un tempo delimitava l’Avenue des Français. Nel contesto di tali interventi già avviati, quest’area, situata nella baia di Saint Georges e su cui è presente tuttora anche l’omonimo albergo, era rimasta nello stato antecedente, con il precedente porto turistico ed una piccola spiaggia, il cui uso era poco pratico soprattutto a causa del dislivello naturale rispetto alla quota della Corniche. Chiamato a ridisegnare il nuovo porto turistico, la nuova Marina, Steven Holl immaginò quindi di allargare la Corniche e il litorale esistente realizzando una nuova “spiaggia urbana” caratterizzata dal susseguirsi di strati piani che, progressivamente, uniscono i differenti livelli presenti nel sito, attraverso la successione fluida di piattaforme sovrapposte, spazi pubblici, che rendono facilmente e naturalmente fruibile anche questo tratto di lungomare. Il concept pensato da Steven Holl prende forma e si ispira al movimento, ai “flussi laminari del mare”, evidenti soprattutto nell’edificio residenziale; strati e livelli sovrapposti che nascono dall’acqua e si sviluppano attraverso vettori biforcuti. Come nell’antica spiaggia preesistente, lo sciabordio del mare ha ispirato edifici e spazi caratterizzati da successioni di strati orizzontali con increspature e pieghe. Un’organizzazione per strati, che ospitano luoghi e funzioni, in cui scale, rampe e piattaforme che si susseguono a vari livelli si integrano insieme a realizzare percorsi che ampliano gli spazi pubblici della Corniche, dentro e sopra il molo della città, connettendola armonicamente al mare.

Un lungo arco urbano, che ricostruisce il litorale attraverso la forza geometrica del planare e dell’orizzontale, pavimentato in pietra locale e legno in corrispondenza del molo, interrotto da elementi naturali di verde, giardini rocciosi e acqua. Infatti, riprendendo quanto avviene anche nel Shoreline Walk, la curva dell’arco è articolata in cinque sezioni con cinque diverse vasche “di riflessione” collegate tra loro. L’estensione della Corniche avviene sui tetti praticabili dei ristoranti e degli spazi commerciali, che quindi risultano nascosti dalla città storica, aprendosi invece sul nuovo paesaggio verde e con aree ombreggiate che caratterizza la passeggiata inferiore lungo la rinnovata Marina. Questa nuova promenade ha il suo punto terminale nell’edificio principale dell’intervento, il complesso residenziale a forma di “Y” che rappresenta, col suo tetto verde inclinato e praticabile, il culmine scenografico di una passeggiata che si piega a salire gradualmente, alzando la quota della Corniche ad ammirare l’orizzonte e diventando, potenzialmente e auspicabilmente, terrazza belvedere pubblica per l’osservazione del paesaggio. Come accennavo in precedenza, il completamento delle rampe che permetteranno di accedere facilmente al tetto - oggi vi sono ancora solo i pilastri che attendono di sorreggere i futuri camminamenti previsti a progetto -, darà ancora più forza alla passeggiata lungomare e costituisce un elemento essenziale per la concretizzazione dell’idea complessiva. L’edificio residenziale, con la sua caratteristica forma biforcuta che consente di avere ampie superfici di facciata punteggiate da logge a beneficio degli appartamenti, vede la concretizzazione dei principi di piegatura e stratificazione di cui si è parlato, a beneficio dei molti punti di vista panoramici inquadrabili da questo luogo privilegiato della città: Mediterraneo, Monte Libano, centro storico e porto. Esso è rivestito di lamiere d’alluminio a grandi fori, a rendere più impalpabile, diafano ed etereo il suo involucro, riprendendo la vibrazione della luce tipica dei paesaggi marini. Ospita al suo interno 43 appartamenti di alta gamma, per la residenza in affitto di breve e medio periodo, gestiti all’interno di una formula di yacht club che consente di avere a disposizione molti servizi comuni tra cui palestra, piscina esterna, biblioteca, sala giochi, bar e ristorante privati, eccetera. Una forma di “residenza” che risponde ad esigenze diversificate, come avviene sempre più spesso nelle città internazionali, che qui è stata declinata con appartamenti di tagli variabili (da una e tre camere da letto), ricche di dotazioni impiantistiche e domotiche e con finiture che pescano dal repertorio dei materiali locali come il basalto, i marmi bianchi e il legno.

UNA COSTRUZIONE "A ROVESCIO" PER GLI INTERRATI SOTT'ACQUA
La fase realizzativa di un complesso così ampio in riva al mare comporta, in particolare per quanto riguarda le fondazioni e gli spazi interrati, delle difficoltà tecniche che sono state risolte in modi diversi per l'edificio della Marina e i ristoranti di Zaitunay Bay. L'edificio residenziale prevede la costruzione di tre piani interrati destinati principalmente a parcheggi ma anche agli spazi del centro benessere. L'area su cui sorge presenta un terreno con scarsa resistenza meccanica ed è, come complicazione ulteriore, aderente verso il lato mare ai cassoni di calcestruzzo della banchina realizzati dai francesi negli anni '90, che non permettono l'inserimento dei tradizionali tiranti di stabilizzazione rivolti usualmente verso l'esterno, nel terreno. La spinta idraulica dovuta alla presenza del mare implica la necessità di sostenere adeguatamente i lati dello scavo durante la sua esecuzione (con anche un sistema di interruzione temporanea dell'acqua) con l'adozione di un sistema di puntellamento rivolto quindi, in parte, verso il lato interno, a causa della presenza dei cassoni. La soluzione tecnica scelta ha previsto la realizzazione di un muro a diaframma permanente, di 80 cm di spessore, che è stato dapprima utilizzato come sistema di puntellamento durante lo scavo ed è poi rimasto come muro strutturale perimetrale dell'edificio. Non potendo eseguire ancoraggi sul lato verso i cassoni, e per garantire anche la stabilità degli stessi, si è scelto di costruire al contrario, con una tecnica dall'alto verso il basso, per sostenere progressivamente il muro a diaframma. Durante la sua costruzione, quindi, il muro è stato sostenuto e puntellato dalle lastre dei solai a pietra del primo e secondo piano interrato, rimanendo a sbalzo per la parte superiore del piano terra. Solai e pilastri sono stati costruiti dall'alto verso il basso man mano che lo scavo del sito procedeva. Sono stati utilizzati anche dei pilastri in acciaio inizialmente temporanei, posizionati a formare delle fondazioni palificate, collegati ai solai per sostenere il carico già durante la fase di scavo, e che sono poi stati rinforzati, incamiciandoli con del calcestruzzo armato, rendendoli permanenti, a raggiungere la sezione finale prevista dal progetto strutturale. In modo differente, le fondazioni del lungo edificio dei ristoranti su Zaitunay Bay, monopiano e a forma di mezzaluna, non potevano essere realizzate in pali prefabbricati a causa delle grandi rocce che si trovano nel terreno sottostante. Per questo motivo, si è adottata la tecnica dei Geopiers (900 elementi di lunghezza variabile da 3 a 17 m), ovvero un sistema di colonne interrate di ghiaia compattata, che migliorano la capacità portante del terreno permettendo di costruirvi direttamente sopra, contribuendo anche a raggiungere buona parte del carico necessario alla struttura dell'edificio.

SUPERFICI PIEGATE COME FLESSE DAL MARE
Il progetto, sia negli edifici che nei suoi spazi pubblici, è caratterizzato dalla presenza di piani inclinati, sovrapposti, disassati e sfaccettati che, come un filo rosso, avvolgono ogni episodio di questo intervento a scala urbana, ispirati dai "moti laminari dell'acqua sulla spiaggia". Tale stratificazione la si ritrova quindi, come materia costruita, in molti degli elementi costruttivi, realizzati in colori e materiali differenti. In generale, tutti i materiali esterni sono stati scelti anche per il loro elevato grado di durabilità nell'impiego in un clima aggressivo come è quello marino e, i materiali degli spazi pubblici, anche per il loro buon grado di manutenibilità e resistenza in luoghi ad alta frequentazione. L'edificio della Marina appare come un elemento monomaterico realizzato in pannelli di lamiera d'alluminio color naturale di forte spessore, piegati sui bordi ad assumere una resistenza meccanica che gli permette di non avere altre sottostrutture per sostenerli e farli resistere al forte vento proveniente dal mare. Tale proprietà, frutto della combinazione tra spessore, dimensioni dei pannelli e della larghezza del bordo di piegatura, è stata essenziale per garantire l'elevato livello di trasparenza ricercato nel rivestimento esterno, che si sarebbe in gran parte perso, nella sua "poeticità", se vi fossero stati altri elementi di supporto retrostanti a "sporcarne" la pulizia visiva. Infatti, grazie a una macroforatura in cui i diametri e il passo dei fori è frutto di vari tentativi e versioni, tali pannelli sono, come si voleva, elementi diafani nei parapetti e un po' più opachi, ma comunque vibranti, sulle facciate, a trasmettere quei "flussi laminari" alla base del concept progettuale. In corrispondenza delle logge, i setti portanti in calcestruzzo, rivestiti anch'essi in lamiera forata, sono stati dipinti in accesi toni di rosso, giallo e blu: nota di colore viva ma discreta che si coglie solo avvicinandosi alle facciate e con l'illuminazione serale. Parapetti e involucri sono piegati, in modo sincopato, sia in pianta che in sezione, a ogni piano e ogni appartamento in modo differente, a restituire quei movimenti e quelle diverse viste ricercate sin dalle prime fasi di studio. Essi si disassano anche a sottolineare l'andamento inclinato della copertura, piegata anch'essa per essere il punto terminale del percorso che porterà le persone dal molo fino al tetto in cui ritroviamo ancora superfici variamente piegate, in pavimentazioni di materiali alternati, in pietra o a verde. Le pieghe sono protagoniste anche nell'atrio a tutta altezza e nel grande lucernario di copertura che lo illumina dall'alto, con le rampe di scale variamente inclinate, insieme a parapetti e superfici scultoree in stucco alla veneziana, che sembrano inseguirsi tra loro in un movimento reso ancora più evidente dal contrasto tra il bianco luminoso e il nero di pavimenti e soffitti.

 

Scheda progetto
Architects: Steven Holl Architects: Steven Holl (design architect), Tim Bade (associate in charge, design phase) with Masao Akiyoshi, Edward Lalonde, JongSeo Lee, Brett Snyder L.E.FT (project architects): Ana Conchan, Daniel Colvard, Makram el Kadi, Fumio Hirakawa, Ziad Jamaleddine, Karie Titus
Associate Architect: Nabil Gholam Architects (associate design architect): Nabil Gholam, Nathalie Hadechian, Georges Hakim, Georges Nasrallah
Periodo: 2001-2014
Total floor area: 22.000 mq + 8.000 mq (retail, restaurants and terraces)
Neighbourhood: Port, Downtown
Client: Beirut Waterfront Development (Solidere + Stow)
Structural Engineer: Rafik El-Khoury & Partners
Project Management: IDEA, High Point Rendel
MEP Engineer: Kamal J. Sioufi et Associés
Signage Consultant: Alexandre Medawar
Technical Controller: SOCOTEC
Landscape Consultant: Vladimir Djurovic Landscape Architects
Yacht Club Interior Architect: Nabil Dada, Dada & Associates
Photos: Joe Kesrouani, Iwan Baan, Clement Tannouri

Arketipo 146, Residenze, aprile 2021