Nella città d’Italia che accoglie il maggior numero di atenei pubblici e privati, coi loro rispettivi campus, negli ultimi anni Milano vede le sue università intente in operazioni, interessanti e lodevoli, di ripensamento, ristrutturazione e ampliamento. Si sta assistendo in città a un fenomeno da sempre presente che vede però, proprio negli ultimi anni, una crescita ancora più rapida del numero di studenti, giovani provenienti da tutto il mondo, che sta già modificando (e migliorando) sempre di più la vita sociale meneghina e che è destinata a trasformarne anche le attività lavorative, culturali e ricreative. Non è un caso che la città sia diventata centro di interesse di investitori privati internazionali che stanno realizzando proprio qui molte nuove residenze studentesche di nuova concezione, pensate per giovani di tutte le nazionalità e disponibilità economiche. In tale contesto, fortunatamente, gli atenei milanesi stanno facendo crescere i propri campus urbani mettendo al centro aspetti come la sostenibilità, la presenza di verde, l’apertura verso la città e l’inclusione sociale. Si persegue qui l’idea di università pensate sempre di più come quartieri senza barriere, luoghi della città con strade pedonali e spazi aperti il più possibile a tutti, incoraggiando le persone, non solo gli universitari, a viverli e percorrerli, come avviene nei celebri campus rurali statunitensi o anglosassoni, che sono da sempre la fonte di ispirazione, qui sperimentati però all’interno dei densi quartieri di una città storica. Idee che hanno bisogno di anni per trasformarsi in realtà, ma che per fortuna lo diventano, come dimostra l’intervento illustrato in queste pagine che rappresenta l’ultima estensione, in ordine di tempo, del campus della Bocconi, una delle grandi istituzioni della città e tra le più prestigiose università commerciali al mondo, che proprio con questa realizzazione ha scelto di trasformare sempre più i suoi spazi, esistenti e nuovi, in luoghi urbani aperti alla città.

Fondata nel 1902 dalla famiglia Bocconi, imprenditori tessili che “inventarono” anche la nota “Rinascente” di piazza Duomo, l’ateneo si è da sempre collocato nell’area sud di Milano, espandendosi negli anni, dalla circonvallazione interna dei bastioni fino a raggiungere con questo ampliamento la circonvallazione esterna, avendo la lungimiranza di affidare da sempre la progettazione dei suoi edifici a architetti di riconosciuto talento, come Giuseppe Pagano, autore delle celebre sede storica di via Sarfatti nel 1937, Giovanni Muzio (studentato e biblioteca, 1956), Ferdinando Reggioni (rettorato, 1962), Ignazio Gardella (edificio ellittico, 2001), le Grafton: Yvonne Farrell e Shelley McNamara (edificio di via Roentgen, 2008, vedi Arketipo n. 28), fino ad arrivare oggi a questo ultimo intervento, anch’esso realizzato da vincitori del premio Pritzker, Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa con il loro studio SANAA. Il complesso progettato da SANAA, che rappresenta anche il loro primo intervento in Italia, frutto della vittoria in un concorso internazionale a inviti svoltosi nel 2012, premiato dalla giuria proprio perché incarnava quei principi di cui si è detto dianzi: “…ha la capacità di ridefinire il concetto di campus come elemento integrante del tessuto urbano, con un insieme di edifici unitario, organico, non invasivo e contemporaneamente aperto - fisicamente e visivamente - al contesto”, è da tempo atteso anche per la curiosità di osservare come la loro architettura, nota per i suoi caratteri di riduzione, essenzialità e trasparenza, si sarebbe confrontata con le normative italiane. Il risultato oggi costruito, con i suoi sei edifici e il parco urbano, è per noi talmente ricco di aspetti interessanti, dal punto di vista architettonico e tecnico, da non poterlo esporre nello spazio tradizionalmente dedicato a un solo articolo. Per questo motivo, abbiamo scelto di presentarne oggi i caratteri d’insieme più urbani e gli spazi dedicati all’istruzione, per riparlarne poi nel 2022 in un secondo articolo in cui approfondiremo gli altri edifici nonché gli aspetti più propriamente legati alla sostenibilità ambientale.

La richiesta del concorso prevedeva l’espansione della Bocconi verso sud, all’interno di un quartiere fortemente eterogeneo di origine ottocentesca, con edifici che vanno da grandi condomini a ville isolate monofamiliari costruite in stile fiammingo o germanico immerse nel verde. Il lotto di progetto era precedentemente occupato in parte dalla Centrale del Latte, una delle aziende di proprietà comunale a cui la cittadinanza era da sempre molto legata e che aveva smesso la sua attività nel 2006. Vi è qui anche la sede del Pane Quotidiano, una delle realtà di assistenza più importanti della città. Soprattutto, per chi vive da sempre questa zona, essa è l’area del Parco Ravizza, storico polmone verde non recintato, fortemente vissuto dai cittadini, ma che da sempre fatica a rapportarsi con gli edifici circostanti perché compresso tra la trafficata circonvallazione, che lo separa dal confinante recente Parco delle Memorie Industriali nato dalla dismissione dell’ex-OM, ma anche dal recinto invalicabile della suddetta Centrale del Latte. La proposta di SANAA partì dall’idea, in primis, di connettere il nuovo intervento alla città, dando vita a un sistema del verde che espande il Parco Ravizza verso ovest facendolo confluire in un nuovo parco a uso pubblico che, a sua volta, si connette con gli altri spazi verdi del campus esistente e del quartiere. Attorno a tale parco, il progetto prevede la realizzazione di edifici permeabili, di altezze pari a quelli limitrofi, con varie destinazioni: aulari, uffici, studentato e centro ricreativo (piscina olimpica, campi da gioco, palestra), caratterizzati da spazi a piano terra, affacciati direttamente sulla strada, come caffetterie, bar e ristoranti, che insieme al parco sono aperti alla cittadinanza e che si arretrano, allargando e dilatando il marciapiede esistente facendo entrare la città nel campus. Gli edifici hanno una forma libera, caratterizzati da morbide curve ma, soprattutto, da un forte grado di essenzialità e trasparenza. L’idea è quella di annullare il più possibile la separazione tra interno ed esterno. Dalla strada, a ogni ora, la trasparenza è tale, grazie alla riduzione al minimo degli elementi costruttivi, che le attività svolte all’interno sono chiaramente percepibili. Per contro, per chi ha già avuto la fortuna di vivere gli spazi interni, la vista verso la città e il parco sono costanti in tutti i luoghi degli edifici, rendendo il quartiere sempre presente in ogni momento. È una sensazione forte che si vive sin dall’ingresso, con la scenografica aula trasparente circolare a doppia altezza dell’edificio “pod”, e che i milanesi hanno potuto cogliere molto bene sin da quando il campus era ancora in cantiere, quando gli edifici già si illuminavano suggestivamente di notte lasciando leggere interamente gli spazi interni.
Alcuni fabbricati sono più vicini all’edificato storico, verso nord, e sono caratterizzati da un impianto a corte. Altri, il centro ricreativo e lo studentato, sono disposti in modo più libero all’interno del parco. Tutte le soluzioni tecnologiche sono state scelte e per essere minimali, ridotte e non ostacolare la vista. Una semplicità che, in realtà, è stata tutt’altro che semplice da ottenere, frutto di un meticoloso, radicale e “combattivo” lavoro di riduzione, di esperienza maturata negli anni, di lettura critica delle normative e di un cliente e un gruppo di lavoro che hanno saputo perseguire gli obiettivi che fecero vincere questa proposta. Parlare coi progettisti che vi hanno lavorato in questi anni consente di cogliere i molti aspetti tecnici, alle volte minimi e inaspettati, inevitabilmente invisibili per un visitatore, che una volta rivelati permettono di comprendere come si è giunti alle sensazioni che trasmettono questi spazi costruiti. Il progetto si avvale di alcuni elementi che, in modo ricorrente, diventano l’alfabeto ripetuto sui diversi edifici dando uniformità, “pulizia” e riconoscibilità al campus: le facciate rivestite in rete stirata che conferiscono un carattere unitario ai volumi, le aule ad anfiteatro curve che mettono al centro il confronto tra studenti e docenti, la pianta ad anello con profondità variabile: espediente che permette di gestire in modo originale e organizzare al meglio gli spazi necessari a ospitare le diverse funzioni previste. Il risultato di tali soluzioni sono degli spazi che occorre visitare per comprenderli fino in fondo. Luoghi immersi nella luce naturale che si dilatano e comprimono di continuo portando le persone a muoversi liberamente tra i vari ambienti ed edifici non perdendo mai l’orientamento poiché i riferimenti urbani esterni sono sempre visibili.

STRUTTURE E IMPIANTI OTTIMIZZATI PER RIDURRE MATERIALE E INGOMBRI
In generale, come già detto, le tecnologie scelte per facciate, strutture e impianti, sono state improntate a confermare, con una radicale coerenza, un’idea di semplicità visiva e trasparenza, riducendo gli elementi e le differenze al minimo. In tale logica, le strutture portanti dei diversi edifici sono state ottimizzate per tipologie, ma anche per dimensioni, al fine di ridurre le differenze e contribuire a dare un’immagine coerente a tutto il complesso, semplificando anche il cantiere e contenendo i costi. Ritrovando una scelta frequente nei progetti di SANAA, gli impalcati sono delle piastre multidirezionali in calcestruzzo armato, che consentono di non avere travi portanti e una disposizione libera, senza “maglia” delle colonne in pianta. In questo caso si è scelta una tecnologia con alleggerimenti in polipropilene, che consentono di non avere “capitelli” a vista, perché integrati e nascosti nel getto del solaio. In questo modo si sono ottenute solette di peso più contenuto, con grandi luci e portata, limitando gli spessori a 35 centimetri, che è lo spessore più frequente calcolato come necessario negli edifici dedicati alle aule (negli uffici invece lo spessore è pari a 30 centimetri). La scelta di concentrare tutta la distribuzione impiantistica solo a pavimento ha permesso di mantenere gli intradossi degli impalcati di calcestruzzo a vista, portando gli architetti a disegnare puntualmente anche i diversi moduli di casseratura. Seguendo la logica dell’ottimizzazione, le colonne portanti di tutti gli edifici sono “miste”, realizzate in tubolari d’acciaio riempiti con calcestruzzo ad alta resistenza, con il vantaggio di contenere sia il diametro che gli spessori del profilo metallico. In tal modo le colonne hanno, nella maggior parte dei casi, uno spessore d’acciaio pari a soli 12 millimetri. Si è scelto di realizzare colonne con lunghezza pari a due interpiani, lunghe 10.370 millimetri, quindi facilmente trasportabili, con base, corona di connessione per l’impalcato del piano intermedio e testa, riducendo in questo modo il numero di nodi da realizzare in opera e le conseguenti possibili imprecisioni di posa. I giunti tra le colonne sono stati testati e studiati accuratamente e avvengono in corrispondenza dello spessore di impalcato. Il tubolare inferiore si interrompe all’interno del getto di piano ed è dotato di una flangia a corona circolare con tirafondi fuoriuscenti dal solaio per il collegamento e il posizionamento del tubolare superiore. A livello impiantistico, per ridurre i percorsi dei canali, la scelta “radicale” è stata quella di prevedere singole UTA dedicate per ogni aula, poste direttamente dietro la parete della lavagna. Approfondiremo però le numerose strategie impiantistiche utilizzate nel campus, anche ai fini “green”, nella futura seconda parte di questo articolo.

FACCIATE OTTIMIZZATE PER LA TRASPARENZA
Nel metodo di lavoro di SANAA lo studio delle piante, e di conseguenza delle facciate, passa attraverso molte opzioni, alternative e varianti, per giungere a quella apparente “semplicità” visiva che in realtà è frutto di molta ricerca e studi. Dal punto di vista tecnologico le facciate, in larga parte trasparenti, sono realizzate con profili di alluminio estruso disegnati appositamente. Anche in questo caso è stato fatto uno sforzo di ottimizzazione per avere un numero contenuto di elementi, grazie a un disegno della sezione dei profili che permette facilmente l’adattamento ai diversi raggi di curvatura. Lo studio di un particolare pressore a scomparsa consente di lasciare a vista verso l’esterno solo un giunto in silicone da 30 millimetri, enfatizzando la “pulizia” visiva minimale delle facciate. A favorire il più possibile la trasparenza, in tutti i piani terra i vetri sono essenzialmente curvi ed extrachiari. Ai piani superiori sia nelle facciate verso le corti che in quelle più esterne, prevale un maggior uso di vetri piani ma i pannelli di rivestimento opachi in alluminio che si trovano tra una fascia vetrata e l’altra sono curvi, rinforzando visivamente così il senso di curvatura dato dalla forma delle corti. Le facciate sui perimetri esterni sono caratterizzate da un ballatoio che dal basso appare in continuità strutturale, cemento/cemento tra interno ed esterno che in realtà nasconde la presenza del necessario taglio termico strutturale (rettilineo), reso invisibile grazie a uno studio accurato delle larghezze dei diversi traversi curvi delle vetrate. A schermare e dare uniformità visiva alle facciate vi è la già citata rete stirata di alluminio. Tale “velo” diafano è stato reso ancora più minimale grazie alle piegature ondulate, otto diversi disegni a una o due onde, tutti larghi per uniformità visiva 143 centimetri, che si susseguono in modo libero lungo le facciate, aumentando la resistenza meccanica dei moduli e permettendo di avere campiture maggiori e un passo più ampio per le sottostrutture. I moduli sono pezzi unici, alti fino a 6 metri, ancorati solo alle solette, testati in galleria del vento e in laboratori di illuminotecnica per ottimizzarne le dimensioni e il livello di trasparenza. Le facciate verso le corti hanno un disegno essenziale, con sovrapposizione di fasce di alluminio alternate a fasce trasparenti, schermate da un frangisole in sottile lama di alluminio. La posizione e la dimensione degli sbalzi di tali lame è variabile, come anche l’altezza delle fasce vetrate, che si riduce man mano salendo verso i piani superiori. Tali variazioni sono frutto di uno studio sulla radiazione incidente durante l’anno in tutte le diverse giaciture delle facciate delle corti, che ha portato a ottimizzare il disegno mediando di volta in volta tra schermatura solare e presenza di luce naturale all’interno degli ambienti.

Scheda progetto
Progettista: SANAA / Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa
Team: Yoshitaka Tanase, Francesca Singer, Nicolò Bertino, Lucy Styles, Enrico Armellin
Architetto locale: Costa Zanibelli Associati
Executive architect: Progetto CMR Engineering Integrated Services
Masterplan: FOA - Federico Oliva Associati
Structural concept: SAPS
Structural engineer: Studio Ingegneria Pereira
Construction engineer: BMS Progetti
Scientific support: ABC Department, Politecnico di Milano
MEP engineer: Advanced Engineering
Fire engineer: Silvestre Mistretta
Safety: Soluzioni
Sustainability and LEED: ICMQ
Committente: Università Commerciale Luigi Bocconi
General contractors: Grassi & Crespi, Impresa Percassi
Facades: Gualini, Schueco
Reti stirate in alluminio: Metalltech
Photos: Iwan Baan, Philippe Ruault

Arketipo 152, Istruzione, Novembre 2021